DOPO IL CONVENTO BRUCIATO DI ALEPPO (DA BOMBA RUSSA) LA CATTEDRALE ATTACCATA A DAMASCO: NUOVI TIMORI DEI CRISTIANI IN SIRIA
Mentre la Siria viene in poche parole “spartita” tra le diverse reggenze che hanno sostenuto i ribelli jihadisti nella presa di Damasco in meno di 10 giorni, sono i civili innocenti – e tra essi la comunità di cristiani siriani – a temere maggiormente le conseguenze di una nuova polveriera nell’area dove spadroneggiava la duplice dittatura della famiglia Assad negli ultimi 50 anni. Ci aveva dunque visto lungo (come spesso capita tra l’altro in materia diplomatica, ndr) il Segretario di Stato Vaticano Card. Parolin nella preoccupazione espressa per il futuro della Siria: esecuzioni sommarie per le strade, ritorsioni contro il sistema (dittatoriale) di potere precedente e ora anche il saccheggio e il dileggio della Cattedrale di San Giorgio a Damasco.
La Cattedrale di San Giorgio è uno degli edifici più sacri per i cristiani in Siria, dal 1959 tra l’altro sede della Chiesa siro-ortodossa all’interno del quartiere di Bab Tuma: secondo le fonti raccolte dai media locali e dalle agenzie internazionali, i militanti di HTS (la formazione jihadista dei ribelli che hanno rovesciato Assad, governati dal leader ex Al Qaeda e Al Nusra, Muhammad Al-Jawlani) hanno saccheggiato il tesoro della chiesa, prendendo le offerte della cassetta e interrompendo la liturgia della Santa Messa quotidiana. Non solo, gli stessi jihadisti hanno poi ordinato al prete di tornarsene a casa cacciandolo dalla sua parrocchia. Se si uniscono i fili di questi ultimi giorni, dal convento dei francescani bruciato appena fuori Aleppo per una bomba russa contro i ribelli, alle situazioni di terrore in alcune aree della Siria dove milizie fino a poco tempo fa in capo all’ISIS hanno sequestrato case e mezzi a cristiani (e non solo), lo scenario che si apre davanti è tutt’altro che una serena transizione democratica post-regime.
AL JAWLANI PROMETTE PROTEZIONE AI CRISTIANI MA VESCOVI (E IL VATICANO) RESTANO PREOCCUPATI. PRIMO APPELLO DEL PAPA
C’è chi parla di una Siria passata “dalla brace alla brace” e riteniamo possa essere uno dei sunti più adatti alla situazione attuale: se infatti la popolazione ha giustamente salutato la caduta di Assad, fuggito in Russia dall’alleato Putin, come la liberazione dal giogo della dittatura sciita filo-iraniana degli ultimi 50 anni, ecco che i successori jihadisti sunniti non sembrano promettere molto meglio per medio-lungo termine. Al momento le promesse per i cristiani sono incoraggianti, con già diversi incontri tra i capi HTS e i vescovi rimasti in Siria, con garanzie ribadite sulla libertà di culto e il mantenimento di attività, chiese e scuole in funzione (esattamente come avveniva sotto Assad).
Ancora ieri il vescovo di Aleppo, Mons. Audo, dopo l’incontro con i gruppi islamisti ha raccontato che al tavolo si sono mostrati «rispettosi delle nostre tradizioni», così come altri vescovi raccontano di un Al-Jawlani dedito a garantire il pieno rispetto die cristiani tanto a Homs, quanto ad Aleppo fino a Damasco. Un conto però sono le promesse politiche generali, un altro è lo scenario che per le strade ogni giorno si instaurerà mentre la Siria viene “spartita” tra ribelli, filo-turchi. curdi e gruppi non ostili agli USA (e dunque a Israele, che intanto si è già instaurato sul Golan). La speranza resta per un futuro di rinascita del Paese che nell’epoca pre-guerra civile contava 2 milioni di cristiani (il 12% della popolazione) e oggi, scarsi, ne rimangono appena 500mila: il timore di ritorsioni islamiste resta e la diaspora verso Giordania e Libano degli anni del Califfato al potere potrebbe ben presto ripetersi. Come ha raccontato oggi al “Sussidiario.net” in esclusiva la preside ad Aleppo Carolina Yazji, la fuga verso il Libano è dovuta proprio alla mancanza di fiducia nei ribelli di Al Jawlani: «Finora chi ha preso il potere ha mostrato la sua faccia tranquilla, parlando con i vescovi, rassicurando i cristiani», ma è solo il tempo a dire se questo sarà il vero volto o se non si celerà il lato sanguinario jihadista del nuovo “rais” della Siria.
Il Vaticano con il Card. Parolin si è fatto garante affinché tutto venga rispettato nelle promesse fatte dai ribelli sunniti, ma l’appello lanciato oggi da Papa Francesco durante l’Udienza Generale fa ben comprendere come il clima sulla Siria sia tutto fuorché una tranquilla transizione tra regime e democrazia: Bergoglio si augura per la Siria che si possa raggiungere una «soluzione politica che promuova la stabilità e l’unità del Paese», dopo tanti anni di guerra. L’affidamento alla Vergine Maria affinché protegga il popolo siriano, non solo i cristiani, è l’appello di pace più concreto possibile che giunge dalla Santa Sede: il timore però resta, come racconta bene al “Corriere del Ticino” il sacerdote preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi, Wasim Salman. Secondo l’esperto, la fuga di Assad se non sarà accompagnata da un occhio attento della comunità internazionale sulla Siria rischia di far prevalere «il modello politico talebano». Povertà, divisioni e persecuzioni potrebbero non placarsi e il regime di Assad considerato il “male minore” per i cristiani rischia ora di essere sostituito da un altrettanto sanguinario, se non peggio.