Sissy Trovato Mazza non è stata uccisa. Ne è convinto il pm Elisabetta Spigarelli, a capo delle indagini per istigazione al suicidio. Dopo aver cercato di fare luce sulla morte dell’agente di polizia penitenziaria, ha concluso che non ci sarebbero indizi sulla pista dell’omicidio, quindi ha chiesto l’archiviazione del caso. Dunque non verrà approfondito ulteriormente dalla Procura di Venezia. Ci sarebbero invece nuovi elementi a supporto della tesi del suicidio, che non ha mai convinto parenti e amici della giovane poliziotta calabrese. La sua famiglia non si è fatta trovare impreparata, infatti sta già elaborando alcuni elementi da presentare al giudice per presentare opposizione alla richiesta di archiviazione, secondo quanto riportato da Fanpage. Il collegio difensivo si è avvalso in questi mesi della consulenza di vari esperti, tra cui la genetista Anna Barbaro, il perito informatico Angelo La Marca e il generale Luciano Garofano. «Ci riuniremo in questi giorni per fare il punto sulla situazione e stabiliremo la nostra linea. Non ci arrendiamo», ha dichiarato l’avvocato Girolamo Albanese a Fanpage.



SISSY TROVATO MAZZA: CHIESTA ARCHIVIAZIONE, MA FAMIGLIA SI OPPORRÀ

Sissy Trovato Mazza lavorava nel carcere della Giudecca. Il 1° novembre 2016 nell’ospedale civile di Venezia rimase gravemente ferita da un colpo di pistola che veniva alla sua arma di ordinanza. Oltre due anni dopo, il 12 gennaio 2019, è morta. L’autopsia effettuata dopo la lunga ospedalizzazione non è riuscita a dare grandi indicazioni sull’accaduto. Le indagini della Procura si sono concentrate soprattutto sulla pistola, una Beretta calibro 9. Non c’erano tracce di sangue all’interno della canna, particolare che poteva far credere che la giovane non si fosse sparata da vicino a bruciapelo. Ma per gli inquirenti solo nel 70 per cento dei casi si trovano tracce di sangue nella canna, quindi il caso della donna rientrerebbe nel restante 30 per cento. Un altro esame importante è stato quello delle celle telefoniche del suo cellulare, utile per capire se si trovava nell’armadietto del carcere e per verificare gli spostamenti dell’ex fidanzata, che però si trovava a casa. Infine, il computer: le indagini hanno stabilito che non è mai stato toccato da nessuno.

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