Secondo l’Osservatorio delle Malattie Rare l’incidenza della SLA è di circa 1-3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno. E solo in Italia si stimano almeno 3.500 malati e 1.000 nuovi casi ogni anno. Dati allarmanti ma destinati ad arrestarsi grazie alla ricerca. Una speranza si sta riaccendendo infatti grazie al primo studio al mondo tutto italiano che avrebbe individuato un possibile modo per rallentare la progressione della malattia.



Sarebbe un microbiota intestinale che riuscirebbe ad assolvere questa funzione secondo le ricerche preliminari, i cui risultati certi potrebbero arrivare nel 2024. Il microbiota infatti sarebbe in grado di regolare la reazione del sistema immunitario all’infiammazione progressiva alla base della Sclerosi laterale amiotrofica. Il citato studio, come leggiamo sul Corriere, è denominato FETRALS (acronimo di Fecal Microbiota Transplantation in Amyotrophic Lateral Sclerosis), ed è stato presentato di recente al Congresso europeo di Microbiologia clinica e malattie infettive a Copenhagen.



Ricerca SLA : in un batterio intestinale la chiave per un futuro risvolto positivo

La SLA è una malattia neurodegenerativa di cui non sono ancora ben note le cause. A tratti si è cercato di individuarle in fattori genetici, ma nella maggior parte dei casi è stato considerato ‘sporadico’ senza capire da dove provenga esattamente. La patologia comporta una progressiva paralisi, con scarse possibilità di sopravvivenza. In media il decesso è stimato tra i 2 e i 5 anni dalla diagnosi, con poche eccezioni di vita per periodi più prolungati.

Parole ricche di speranza quelle della Dottoressa Guarnaccia, tra i ricercatori dell’importante studio: “Ci auguriamo che il nostro lavoro apra la strada ad una un’innovativa possibilità di trattamento per una condizione, come la SLA, che ha un’enorme ‘unmet need’ terapeutico. La nostra speranza è che il trapianto di microbiota possa aumentare in maniera significativa il numero di T-reg, così da modificare l’attività delle cellule immunitarie che circondano i motoneuroni in senso anti-infiammatorio e neuroprotettivo, per rallentare la progressione della SLA”. Secondo poi il Prof. Masucci “le nuove informazioni provenienti da questa ricerca potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici volti ad alterare o ad interferire con l’infiammazione.” Tutti i risultati saranno pronti entro il 2024.