Gli islamisti e la Russia vogliono instaurare in Africa un impero anti-occidentale e anti-liberale o i popoli si stanno ribellando al neocolonialismo? Per il filosofo marxista Slavoj Zizek sono vere entrambe le cose. Il problema è che ciò costringe l’Occidente a mettere in discussione un principio a lei caro, cioè la democrazia. Ne parla sulle colonne del giornale tedesco Welt, spiegando che effettivamente la Francia finora esercitava il suo dominio neocoloniale sulle sue ex colonie africane, continuando ad esercitare un’influenza economica, politica e militare nella cosiddetta Françafrique, obbligando ad esempio i Paesi africani a privilegiare gli interessi e le imprese francesi nell’assegnazione di contratti pubblici e nelle gare d’appalto.
Ma le insurrezioni “anticoloniali” in corso nell’Africa centrale sono per Slavoj Zizek persino peggiori del neocolonialismo francese, perché la prospettiva è quella di Stati con un governo militare autoritario, “regressione economica verso nuovi abissi di povertà di cui beneficia solo la nuova élite corrotta, fondamentalismo ideologico combinato con la lotta contro le influenze ‘coloniali’ come i diritti degli omosessuali“. Il filosofo si chiede come si sia ritrovata gran parte dell’Africa a dover scegliere tra due il neocolonialismo occidentale e il finto anticolonialismo autoritario, arrivando ad una terribile verità. “Bisogna avere il coraggio di rifiutare la semplice spiegazione della mancanza di mobilitazione popolare, di una vera democrazia sostenuta dall’impegno popolare“. Il problema per Zizek è che l’autentico impegno emancipatorio popolare è un evento raro che si disperde rapidamente.
“MAGGIORANZA NON VUOLE DECIDERE DAVVERO”
Il primo mito da sfatare è quello della meritocrazia. A tal proposito Slavoj Zizek cita la sociologa britannica Jo Littler, spiegando che la meritocrazia, “pur promettendo opportunità, in realtà crea nuove forme di divisione sociale, poiché classe, razza e genere continuano a giocare un ruolo molto più importante“. E ricorda l’economista americano Robert Frank, secondo cui il lavoro duro è importante, ma nei gruppi di persone con prestazioni eccellenti, il caso (la fortuna) gioca un ruolo enorme nel successo del singolo. Il filosofo marxista spiega che, quindi, l’alternativa alla meritocrazia è fidarsi della maggioranza delle persone comuni senza particolari meriti: “Per quanto possano essere manipolati e incastrati nell’ideologia quotidiana, per quanto possano essere accecati dal fondamentalismo religioso o etnico, alla lunga il loro spontaneo senso di giustizia prevarrà“.
Una fiducia assoluta negli esseri umani che però è inapplicabile. La maggioranza, peraltro, se ne frega di tutto ciò, perché “la sua principale preoccupazione è che la vita quotidiana relativamente stabile continui indisturbata“. Da qui la conclusione di Slavoj Zizek, secondo cui “la maggioranza non vuole una vera democrazia in cui decidere davvero: vuole l’apparenza di una democrazia in cui è libera di votare, ma un’autorità superiore di cui si fida le presenta una scelta e le dice come votare“.
“DOBBIAMO RIVOLTARCI CONTRO NEOCOLONIALISMO”
Quando la guida non è chiara, le persone vanno in confusione ma, anziché rendersi conto che quello è il momento di massima espressione della democrazia, perché è il momento in cui dovrebbero realmente decidere, parlano di crisi della democrazia e di minaccia alla stabilità del sistema. “Quando la cosiddetta maggioranza silenziosa inizia a preoccuparsi, quando si sente vittimizzata ed esplode in una vera e propria rabbia, le cose di solito peggiorano notevolmente“. A quel punto reclamano il diritto a decidere. Succederà nell’Africa centrale? Slavoj Zizek non è ottimista: “I nostri sforzi (europei) per educare gli africani non lo faranno certo accadere. Quello che possiamo fare ora è rivoltarci contro il nostro neocolonialismo, che alimenta il falso anticolonialismo fondamentalista“. Tra le tante cose che devono accadere, secondo il filosofo, c’è l’addio ad uno dei grandi tabù: va riabilitata la pianificazione. Zizek parla di “una pianificazione obbligatoria su larga scala, non solo un vago ‘coordinamento’ o ‘cooperazione’. Non c’è altro modo per affrontare le crisi che minacciano la nostra sopravvivenza“.