Alcuni ricercatori e studiosi hanno individuato le alterazioni neurometaboliche che vanno ad interferire con la comunicazione tra le cellule nervose, favorendo quindi la SMA, l’atrofia muscolare spinale, una malattia neurodegenerativa che porta purtroppo a gravi conseguenze. «Un risultato importante – le parole riportate da nursetimes da parte dell’ideatore del progetto Alessandro Usiello, Direttore del Laboratorio di Neuroscienze Traslazionali del CEINGE e professore di Biochimica Clinica dell’Università Vanvitelli – che da un lato fa pensare alla possibilità di stabilire nuovi biomarcatori per predire l’esordio della malattia, dall’altro suggerisce l’importanza della nutrizione per compensare i deficit metabolici causati dalla riduzione della proteina SMN».
Il gene responsabile della SMA ha effetti sul metabolismo degli aminoacidi di cervello e fegato fin dai primi giorni della nascita, ed inoltre, incide sull’espressione degli enzimi che permettono la sintesi dei neurotrasmettitori, quelle molecole segnale usate nella comunicazione tra le cellule nervose. «Abbiamo studiato – ha proseguito Usiello – il profilo metabolomico, epatico e cerebrale, di modelli animali SMA nelle diverse fasi della malattia. I risultati hanno svelato che nella SMA è presente una notevole alterazione metabolica di numerosi amminoacidi, accompagnati da una severa riduzione dei livelli del neurotrasmettitore noradrenalina, implicato anche nella regolazione dell’eccitazione delle cellule nervose, del loro metabolismo energetico e delle risposte infiammatorie».
SMA, L’ULTIMO STUDIO SULLE ALTERAZIONI FRA CELLULE NERVOSE: IL COMMENTO DI ERRICO
Francesco Errico, ricercatore del CEINGE e professore di Biochimica generale presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, aggiunge: «I risultati ottenuti nei modelli murini SMA sono coerenti con quanto abbiamo riscontrato nel liquido cerebrospinale dei pazienti pediatrici SMA 1 dell’ospedale Bambino Gesù, nei quali si evidenziano alterazioni nel metabolismo di diversi amminoacidi, nonché un aumento dei livelli di noradrenalina dopo il trattamento col Nusinersen, noto aumentare i livelli di SMN».
Lo studio è stato realizzato dai gruppi d ricerca di Pino Pignataro, professore di Farmacologia dell’Università Federico II, di Manolo Carta, professore di Fisiologia dell’Università di Cagliari, e di Anna Maria D’Ursi, professore di Chimica Farmaceutica dell’Università di Salerno, e il lavoro è stato in parte finanziato dai Fondi PNRR project MNESYS–A Multiscale integrated approach to the study of the nervous system in health and disease.