Negli ultimi decenni il tema della comunicazione è stato tra i più “consumati” in ogni ambito della nostra vita. Basti pensare cosa rappresenta per una qualsiasi azienda il marketing, la pubblicità, la reputazione e ogni modo possibile per raccontare la propria storia. Oggi le organizzazioni investono moltissimo su campagne di comunicazione esterne e talvolta anche su quelle interne. L’occhio maggiore è diretto verso cosa viene comunicato fuori dalle mura dell’organizzazione, ma una profonda riflessione viene fatta anche per la comunicazione interna.
È facile intuire la vastità delle sfumature che questo tema può assumere in una struttura aziendale, specialmente oggi che tra il lavoro da remoto e le nuove tecnologie il modo di comunicare interno alle aziende è stato rivoluzionato. I figli dell’open space, luoghi nati per facilitare la trasmissione delle informazioni tramite la convivenza forzata, si sono trovati a un certo punto, in modo repentino, lontani dai compagni di scrivania con cui avevano trascorso intere giornate gomito a gomito. Lontani dall’ufficio abbiamo scoperto la facilità di concentrazione che pareva impossibile negli spazi aziendali affollati, ma contestualmente abbiamo scoperto la penuria della circolazione delle informazioni. Abbiamo scoperto che non è possibile lasciare alla casualità la trasmissione delle informazioni.
Come dico spesso in aula, ho lavorato per anni in un open space e non era raro scoprire di lavorare a progetti simili ad altri già elaborati da un collega che aveva la postazione a un metro da me. Questo ci porta a una riflessione importantissima e rivoluzionaria per chi è figlio di un lavoro tradizionale: scegliere le informazioni importanti e trasmetterle intenzionalmente attraverso i canali di comunicazione più idonei è una delle vere rivoluzioni dello smart working. Mi permetto di dire che questa rivoluzione è ancora in atto e non ancora assorbita dai lavoratori (compreso chi vi scrive).
Noi che nei corridoi incontravamo colleghi che ci ricordavano attività, lavori e progetti da ultimare; noi che davanti alle macchinette del caffè trovavamo le soluzioni e nuove idee per risolvere i problemi; noi che stando seduti alla nostra postazione captavamo informazioni preziose dal corridoio: noi, non siamo abituati ad avere totale consapevolezza delle informazioni da trasmettere e delle modalità più funzionali per farlo. Oggi con i team ibridi non è raro che chi è in presenza abbia maggiori informazioni di chi quel giorno si trova a distanza e in questo modo il rischio è di rallentare il lavoro e di disperdere conoscenze, vero patrimonio aziendale. È necessario dunque confrontarsi con i team per decidere quali informazioni trasferire e in che modo farlo per essere più efficaci; e ancora non è sufficiente, perché è necessario anche confrontarsi su quali debbano essere gli strumenti da utilizzare. Oggi le tecnologie a disposizione dei lavoratori per comunicare sono spesso fin troppe: mail, telefono fisso, cellulare, virtual meeting, meeting in presenza, telegram, whatsapp, chat di teams, canali teams, documenti condivisi, poi ci sono tools dedicati come Trello, Slack e molti altri.. servono davvero tutti?
Il rischio è di entrare in un vortice di ipertecnologia che abbaglia per la meraviglia delle possibilità a portata di click, ma che può risultare poco efficace. Il punto di partenza dovrebbe essere quello principale di ogni comunicazione: come posso mettere il mio interlocutore nella condizione migliore di ricevere il messaggio? Da qui costruire lo stile comunicativo aziendale, con strumenti funzionali e con un approccio culturale nuovo costituito da consapevolezza, scelta e intenzionalità, che in altri termini possiamo tradurre con smart. Pensare ogni nostra comunicazione partendo da chi dovrà riceverla, significa saper scegliere i contenuti importanti, le modalità di trasmissione più corrette, il momento giusto per agire la nostra comunicazione e, dunque, agire una comunicazione che sia il più efficace possibile.
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