Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dl n. 18 del 17 marzo 2020 – recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19 – non posso non constatare la difficile applicazione e generale reticenza nei confronti del lavoro agile nonostante l’evidente utilità al fine del contenimento e della gestione della criticità che stiamo vivendo.



Come ho avuto modo di notare in un precedente articolo, lo smart working è il candidato ideale per rappresentare il trend del lavoro del futuro. Il decreto mira a essere la Cura per la nostra Italia e lo smart working non può limitarsi a quella parte di lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità ai quali va accordata, fino al 30 aprile 2020, una precedenza insieme ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa. Bene la tutela delle categorie più vulnerabili, a conferma di quanto già contenuto nella Legge 81/2017, ma non si può, a mio avviso, continuare a considerare quello che sarà il lavoro del futuro come “una gentile concessione dell’azienda”.



Il passaggio al lavoro agile sarà graduale soprattutto per le piccole realtà amministrative non abituate a erogare prestazioni in tale modalità. Allo stato, sono già stati adottati provvedimenti con cui si è limitata la presenza del personale negli uffici ai soli casi in cui la presenza fisica sia strettamente indispensabile; forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale tale da assolvere alle mansioni di ciascun ufficio; accesso consentito al pubblico, nei casi in cui non si tratti di un’attività gestibile telematicamente, solo previo appuntamento e con l’adozione delle dovute cautele.



A tutto questo, che va sicuramente bene, va ad aggiungersi altro, nel segno di una direzione più marcata. Il ministro della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, è chiara nell’affermare che tutte le pubbliche amministrazioni dovranno recepire lo smart working che, al contempo, consente di poter garantire l’erogazione dei servizi essenziali e indifferibili senza tuttavia recare pregiudizio alla salute e incolumità dei dipendenti e dell’intera cittadinanza.

Nell’attuale situazione emergenziale il lavoro agile diventa lo strumento ordinario e vengono meno le soglie minime e massime per il ricorso a tale modalità. Le riunioni in via telematica devono diventare la norma e per i servizi alla cittadinanza deve essere garantito il massimo accesso per via informatica, escludendo la presenza di utenti privati.

Nel decreto vi è anche un importante via libera all’acquisto di beni e servizi informatici e di connettività – mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, selezionando l’affidatario tra almeno quattro operatori economici – sia per le amministrazioni pubbliche che per le autorità amministrative indipendenti fino al 31 dicembre 2020, previa coerenza con la programmazione delle amministrazioni e con le disponibilità economiche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione e in questo caso il datore di lavoro non sarà responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici del lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Laddove, poi, non dovesse essere fattibile ricorrere al lavoro agile nella forma semplificata, le amministrazioni saranno chiamate all’utilizzo degli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva.

Esaurite tali alternative, le amministrazioni potranno motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio e tale periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge; da intendersi esclusa e, quindi, da non corrispondersi l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.

Fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni. L’invito è all’erogazione di servizi e prestazioni in modalità di lavoro agile per cui, vista la situazione, si agirà parzialmente in deroga al disposto previsto a livello di contrattazione nazionale e aziendale, oltre che individuale; viene meno l’obbligo di stipulare un accordo individuale per l’adesione alla modalità di lavoro agile, potendo così lo stesso datore di lavoro disporre tale modalità ai fini di garanzia della salute dei propri lavoratori, nell’adempimento del suo generale obbligo di tutela della salute e sicurezza del lavoratore.

Si rende necessario, in questo clima, auspicare in un generale senso di responsabilità e coesione che, a ragion del vero, neppure le parti sociali hanno fatto mancare presentando lo smart working come forma privilegiata per chi non è coinvolto direttamente nelle linee produttive.

Al palo, dunque, vecchi retaggi e grande consapevolezza che possa condurci, finalmente, ad abilitare questa trasformazione in digitale.