Mi sento spesso dire: “Siamo un’azienda produttiva, da noi lo smart working non si può fare”. Eppure io nelle aule in cui affronto i temi di change management, soprattutto con aziende impiegatizie, per spiegare cosa sia il modello smart, racconto aneddoti relativi a progetti svolti nelle aziende che si occupano di produzione. L’errore come già anticipato qui, è pensare che lo smart working sia sinonimo del lavoro a distanza. È un passaggio culturale molto difficile, capita a volte dopo mesi di percorso formativo, che ancora la sovrapposizione smart working-lavoro a distanza, non sia ancora risolta. Ci vorrà tempo, ma se riusciamo a superare questo errore culturale, ecco che il vero smart working è incredibilmente utile nelle aziende produttive.



Accade che chi lavora sulle macchine sia portato a fare un lavoro ripetitivo e consuetudinario. Gli operai con il tempo diventano molto esperti delle macchine che utilizzano e succede che si accorgano di difetti, malfunzionamenti, nuove possibili strade, metodi alternativi interessanti e tante altre informazioni che spesso tengono per sé, scambiano con qualche collega o con il capo turno. Naturalmente stiamo generalizzando, a ogni modo in molte realtà produttive non ci sono momenti di condivisione di informazioni preziose tra chi lavora sulle macchine.



Abbiamo già parlato dell’importanza dell’intenzionalità e della scelta nel mondo smart, ed anche di quanto sia vitale lavorare su autonomia e condivisione. Un’azienda produttiva smart mette nelle condizioni i propri operai di conoscere e condividere il patrimonio informativo in proprio possesso. Succede che chi lavora alla macchina A, per qualche settimana lavora alla macchina B. Al suo ritorno alla macchina A, il lavoratore avrà tante informazioni utili per preparare al meglio il prodotto destinato alla macchina B, inoltre avrà una visione più integrata della propria attività e sarà maggiormente ingaggiato. Questo sistema è possibile utilizzarlo anche nelle aziende impiegatizie per lavorare sulla fiducia tra i team, tema sempre molto caldo nelle organizzazioni. C’è molto di più, nelle aziende produttive smart, oltre a un processo di allineamento per tutta la popolazione produttiva, c’è una trasparenza totale delle informazioni dall’alto verso il basso e viceversa.



Quando l’apice fissa la strategia in merito al recupero dei materiali di scarto, tutta l’organizzazione ne è a conoscenza. Quello che può succedere è che la soluzione e il processo migliore per raggiungere l’obiettivo sulla riduzione dei materiali di scarto arrivi proprio da chi su quei macchinari ci lavora ogni giorno. Questo livello di condivisione, trasparenza e partecipazione è il miglior esempio di smart working che mi venga in mente.

Ogni livello dell’organizzazione comunica intenzionalmente e scegliendo di coinvolgersi a vicenda. Ridurre lo smart working al lavoro a distanza significa sminuire l’enorme rivoluzione culturale in cui siamo immersi, tra incomprensioni e sovrapposizioni di significato. Il benessere delle persone può passare dall’opportunità di poter lavorare a distanza, ma è molto più significativo poter lavorare sulla fiducia, sulla possibilità di scegliere e di essere intenzionali nella propria attività, abbandonando la ripetitività abitudinaria degli automatismi che non ci fanno essere consapevoli e vivi nel lavoro.

La possibilità di incidere nella vita lavorativa, di poter condividere idee e spunti, di poter esplorare nuove vie sono il fulcro del lavoro agile, indifferentemente che lo smart worker lavori in un ufficio o su una macchina. Il lavoro agile cerca di allontanarsi il più possibile dal lavoro mostrato da Charlie Chaplin in Tempi moderni, per andare verso un mondo del lavoro in produzione in cui il lavoratore sia coinvolto dalla propria organizzazione, in cui sia possibile crescere attraverso lo scambio di informazioni e il confronto quotidiano su obiettivi e strategie ed essere un luogo in cui poter incidere attivamente nei processi aziendali.

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