Perché tornare a parlare di smart working? Perché la realtà provoca e stimola e se, come me, ci si occupa di selezione o di consulenza di carriera, la cosa è più probabile, perché è un argomento in continuo cambiamento, trattato e citato da molti e soprattutto perché sempre più giovani vedono questa modalità come un requisito desiderato nei ruoli in cui è praticabile.



Lo stato dell’arte sullo smart working

Dopo la spinta dovuta alla pandemia, lo smart working si è consolidato in molte aziende italiane, pur con approcci diversi. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il 96% delle grandi imprese dichiara di voler mantenere il lavoro agile, mentre solo il 56% delle PMI ha implementato stabilmente questa modalità, con percentuali più basse nella Pubblica amministrazione (61%)​. Parallelamente, i dati della Fondazione per la Sostenibilità Digitale mostrano che tra il 74% e il 79% dei lavoratori italiani considera il lavoro agile un fattore chiave per migliorare il work-life balance, apprezzato soprattutto nei grandi centri urbani​.



Al tempo stesso, emerge la necessità di andare oltre la flessibilità oraria e spaziale, puntando su un’organizzazione realmente “smart” che permetta ai lavoratori di lavorare per obiettivi e di essere valorizzati per le proprie competenze, come evidenziato dal report del Politecnico. Le iniziative “mature” di smart working, caratterizzate da una gestione del personale basata su autonomia e responsabilizzazione, non solo aumentano il benessere ma rendono le aziende più competitive e capaci di attrarre talenti​.

Il pensiero delle aziende: vantaggi e ostacoli

Le aziende riconoscono i vantaggi dello smart working, come il miglioramento della produttività e la riduzione dei costi sugli spazi fisici. Tuttavia, molte realtà, specialmente PMI ed enti pubblici, si mostrano caute o esitanti nel passare a modelli flessibili permanenti. Uno degli ostacoli principali è la gestione del personale da remoto, che richiede un cambio di mentalità nella leadership. Molti manager trovano difficile rinunciare a un controllo diretto in favore di un approccio basato sulla fiducia e sui risultati.



La recente indagine AlmaLaurea 2024 mostra che lo smart working è particolarmente attrattivo per i giovani neolaureati, con il 24,9% dei laureati di secondo livello e il 15,7% dei laureati di primo livello attualmente coinvolti in attività da remoto. Sebbene i numeri siano leggermente diminuiti rispetto ai picchi pandemici, rimane evidente la richiesta di flessibilità, soprattutto per chi cerca posizioni in settori creativi, tecnologici e professionali​.

Il futuro dello smart working: innovazione e corresponsabilità

Guardando avanti, lo smart working non è un fenomeno con confini definiti e chiari. Come indicato nel report del Politecnico, nuove tendenze di flessibilità come la settimana lavorativa corta o il “Temporary Distant Working” (ossia la possibilità di lavorare completamente da remoto per periodi estesi, anche dall’estero) stanno prendendo piede, mostrando come l’innovazione tecnologica possa rivoluzionare il concetto stesso di lavoro​.

La non conclusione

Per quanto si possa parlare di conclusioni, l’argomento dello smart working è quello che probabilmente vedrà più cambiamenti nell’immediato futuro. Il mercato del lavoro e le tecnologie future saranno le linee guida di questo cambiamento e detteranno tempi e modalità di adozione del lavoro agile, adattandolo a nuove esigenze e nuove generazioni. Tutto questo richiederà cambiamento richiedendo a tutti, lavoratori e aziende, un atteggiamento di monitoraggio costante e di adattabilità, in cui si mescolano autonomia e responsabilità.

Una cosa però è certa: il futuro del lavoro appare fluido, e sebbene oggi si possa parlare di modelli e pratiche, è evidente che il cambiamento è l’unica costante di cui possiamo essere certi.

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