La quarta ondata pandemica, le ulteriori restrizioni operative nei prossimi giorni, la recente estensione dello stato di emergenza al prossimo 31 marzo (superando così un biennio dal primo provvedimento emergenziale del 9 marzo 2020) rendono ormai strutturale l’esigenza di consolidare su larga scala lo smart working che, peraltro, il Governo continua a “raccomandare” come efficace strumento di affronto alla pandemia in corso.
D’altra parte, come numerosi studi e sondaggi stanno confermando, il lavoro agile è ormai entrato stabilmente nelle “prassi di vita” di molti lavoratori che mostrano di gradire tale modalità di lavoro (opportunamente alternata da imprescindibili giornate di lavoro in presenza) anche in un futuro di normalità che ci si auspica possa presto ritornare.
In questo contesto, e in una prospettiva post emergenziale, si colloca il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile sottoscritto lo scorso 7 dicembre dalle Parti sociali.
Si tratta di un accordo che traccia le linee guida per il settore privato con l’intento espresso di fornire risposte concrete ai cambiamenti prodotti nel mondo del lavoro dalla digital transformation, favorire lo sviluppo di un moderno sistema di relazioni industriali, e valorizzare la contrattazione collettiva.
Il Protocollo – che si compone di 16 articoli – prevede una cornice di regole che riconosce i punti cardine fissati dalla legge 81/2017 (in primis l’accordo individuale tra azienda e lavoratore), dedicando tuttavia ampio spazio alle esigenze emerse con forza nell’ultimo anno: la formazione dei lavoratori, la necessità di garantirne la sicurezza, l’opportunità che il welfare aziendale supporti il lavoro agile, anche con aiuti economici.
Secondo le linee guida espresse nel Protocollo, l’adesione al lavoro agile continua ad avvenire su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso previsto. L’eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare.
L’accordo individuale di lavoro agile sottoscritto tra le parti si adegua ai contenuti dell’eventuale contrattazione collettiva di riferimento e comunque deve essere coerente con la disciplina di legge e con le linee di indirizzo definite nel Protocollo.
L’accordo individuale deve in particolare prevedere: la durata dell’accordo, che può essere a termine o a tempo indeterminato; l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali; i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali; le regole dell’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali anche a riguardo del potere direttivo del datore di lavoro e delle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi; gli strumenti di lavoro; i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione; le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali; l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile e le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Il Protocollo pone in secondo piano la tradizionale concezione di orario di lavoro – e quindi di lavoro straordinario nei periodi di smart working – e definisce la possibilità di articolare la giornata di lavoro agile in fasce orarie. Segnatamente, la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal datore di lavoro.
Permane l’obbligo di individuare, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non deve fornire alcuna prestazione lavorativa e di adottare specifiche misure che la garantiscano; i dispositivi possono essere disconnessi dal dipendente anche in caso di assenza per malattia, infortunio, permesso retribuito, ecc.
Ove ne ricorrano i presupposti, il lavoratore “agile” può fruire dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge quali, ad esempio, i permessi per particolari motivi personali o familiari ex L. 104/1992.
Il lavoratore è libero di individuare il luogo ove svolgere la prestazione in modalità agile, purché esso abbia caratteristiche tali da consentire condizioni di sicurezza e riservatezza. Il Protocollo evidenzia come la contrattazione collettiva possa individuare i luoghi inidonei per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.
Lo smart worker ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo, anche con riferimento ai premi di risultato, e alle stesse opportunità nei percorsi di carriera e delle iniziative formative, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste per i colleghi che svolgono le medesime mansioni all’interno dei locali aziendali.
Il Protocollo promuove altresì la parità tra i generi, anche per favorire l’effettiva condivisione delle responsabilità genitoriali e accrescere la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro. Le parti sociali, inoltre, si impegnano a facilitare l’accesso al lavoro agile per i lavoratori in condizioni di fragilità e di disabilità.
L’accordo sottolinea l’importanza della formazione continua, ancor più rilevante per i lavoratori agili in considerazione dei rapidi ritmi di cambiamento delle tecnologie digitali. È, dunque, prevista l’attuazione di percorsi formativi, riservati anche ai responsabili aziendali a ogni livello, per garantire che i lavoratori posseggano le competenze necessarie per svolgere al meglio le proprie mansioni.
Inoltre, i lavoratori agili dovranno continuare a essere inseriti anche nei percorsi professionali e di sviluppo rivolti alla generalità dei dipendenti: a questo proposito, e anche per evitare l’isolamento del dipendente, l’azienda può chiedere la presenza fisica dello smart worker ai corsi di formazione.
Al fine di valutare gli impatti futuri degli accordi di smart working l’accordo prevede la creazione di un Osservatorio bilaterale tra Governo e parti sociali con l’obiettivo di monitorare i risultati raggiunti, lo sviluppo della contrattazione in materia, e l’attuazione delle linee di indirizzo contenute nel Protocollo; ciò, nell’intento di valorizzare le buone prassi e garantire una costante revisione dell’accordo a fronte del costante progresso tecnologico.
È auspicabile – e sta già accadendo – che le aziende adeguino rapidamente i contratti collettivi e individuali tenendo conto delle indicazioni del Protocollo, che peraltro mantengono un’impostazione smart, definendo gli aspetti essenziali del lavoro agile e rimandando i dettagli agli accordi individuali.
Il Protocollo segna quindi un apprezzabile passo in avanti per lo sviluppo delle relazioni di lavoro ponendo alcune regole necessarie all’integrazione della Legge 81/2017 che conteneva disposizioni “minimali” sul lavoro agile, peraltro fino al 2019 attuato in modo del tutto sporadico e residuale da pochissime aziende.
C’è da sperare che la ratio sottesa al lavoro agile, molto più focalizzata sui risultati e sugli obiettivi che non sui meri tempi di lavoro, possa ulteriormente svilupparsi in una prospettiva di più matura condivisione e responsabilità nei rapporti tra i lavoratori e le aziende.
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