È arrivato proprio in questi giorni il via libera da parte del Consiglio UE al nuovissimo piano di riduzione dello smog per le città dei 27 stati membri che (qualcuno direbbe per l’ennesima volta) non tiene minimamente conto delle esigenze locali ed – in particolare, ma ci arriveremo – di quelle di un territorio complicato come la Pianura Padana imponendo limiti di fatto del tutto irrealizzabili neppure nel caso in cui (malauguratamente) si riuscisse a ridurre di più del 50% la circolazione su asfalto e – di conseguenza – le emissioni antropiche di smog.



Partendo dal principio, è interessante soffermarci un attimo sulla nuova direttiva anti-smog approvata dall’Unione Europea che pone (come sempre) il limite del 2030: entro quella data tutti e 27 gli stati membri dovranno contenere i livelli di pm10 – il cosiddetto particolato atmosferico – nell’aria sotto la soglia limite dei 20 microgrammi per metro cubo (ora fissato a 50), riducendoli poi progressivamente allo 0 assoluto entro il 2050; il tutto – ovviamente – con sanzioni che includeranno la possibilità per tutti i cittadini danneggiati dall’inquinamento di chiedere a governi ed enti risarcimenti (potenzialmente) milionari.



I nuovi obbiettivi impossibili sullo smog dell’UE: il caso di Milano e del lockdown

Fin qui potrebbe non esserci nulla da obbiettare: l’UE vuole ridurre lo smog e il modo per farlo è quello di rendere ancora più stringenti i limiti che già ora devono essere rispettati; non fosse che si tratta di valori che (almeno nella già citata Pianura Padana) sono del tutto irraggiungibili a causa – non del disinteresse di comuni e cittadini, come direbbero alcuni – della conformazione geografica unica di un territorio racchiuso da un muro di montagne che limitano la circolazione dell’aria, (per così dire) intrappolando lo smog ed alzando esponenzialmente quei valori.



Per capirlo meglio sono importanti alcuni dati, a partire dall’ottima riduzione del quantitativo di smog nell’aria che si è registrata – tra il 2002 e il 2023 – in quel di Milano con il pm10 che si è ridotto da 163 microgrammi ai 49 attuali; unitamente all’esempio unico che ci fornisce la pandemia da covid e i lockdown: in quel periodo – ricorda Libero citando il Cern – il traffico si ridusse del 60%, portando ad una positiva riduzione del pm10 atmosferico del 20%.

In altre parole, pur in presenza di un blocco (quasi) totale degli spostamenti per i cittadini lo smog si era ridotto del 20% – prima ovviamente di tornare a crescere con l’allentamento delle limitazioni -, mentre ora la richiesta dell’UE è di ridurre quello stesso dato (per Milano, dato che ci sono città messe peggio, come Torino che in alcune aree raggiunge valori tra il 50 e il 100) di quasi il 60%: valori – appunto – irraggiungibili.