Smog Torino, si riapre il processo che vede imputate sette persone tra cui gli ex sindaci Piero Fassino, Chiara Appendino e Sergio Chiamparino, accusati di non aver adottato misure idonee alla riduzione dei livelli di inquinamento ambientale, contribuendo così al decesso di più di mille cittadini, morti a causa di gravi problemi respiratori attribuiti proprio alle particelle pericolose immesse nell’aria. Viene così contestata la prima sentenza pronunciata dopo l’udienza predibattimentale dello scorso 4 luglio che aveva richiesto il proscioglimento stabilendo il “Non luogo a procedere” per gli amministratori poichè: “Il fatto non sussiste”.
Secondo quanto deciso dal giudice Roberto Ruscello infatti, gli elementi emersi durante l’inchiesta non erano stati sufficienti a stabilire una colpevolezza dei coinvolti e pronunciare una effettiva condanna. Questo però in base a quanto dichiarato dai magistrati che hanno chiesto il ricorso, costituirebbe una grave contraddizione, visto che nell’esame dei livelli di Pm10 che sistematicamente avrebbero sforato i limiti consentiti provocando un peggioramento della qualità dell’aria, è chiaro il coinvolgimento diretto degli amministratori il cui ruolo era proprio quello di riportare i valori alle soglie di sicurezza.
Pocura riapre processo smog Torino, ricorso contro la prima sentenza che aveva stabilito il proscioglimento dei sette imputati
Torino, si riapre il processo smog che vede come imputati diversi assessori comunali e regionali e gli ex sindaci Appendino, Fassino e Chiamparino. La Procura ha deciso di fare ricorso dopo la prima sentenza che aveva chiesto il proscioglimento per non luogo a procedere in quanto non poteva essere provata la responsabilità degli amministratori sulle morti per patologie respiratorie dovute all’inquinamento atmosferico sopra i limiti consentiti. Il primo procedimento era stato avviato in seguito ad un esposto di un cittadino, che successivamente ha fondato il comitato “Torino Respira“.
La richiesta di Roberto Mezzalama era stata quella di aprire un procedimento a carico dei rappresentanti istituzionali, in quanto colpevoli di non aver preso provvedimenti adatti al miglioramento della qualità dell’inquinamento nonostante i vari allarmi che erano stati lanciati dai rilievi effettuati. L’avvocato del comitato Marino Careglio ha dichiarato al Corriere della Sera che la ragione principale del ricorso è l’applicabilità delle norme che richiedono l’attenzione e una azione da parte dei sindaci, quando i valori di particelle immesse nell’aria superano quantità tali da essere “penalmente rilevanti“.