Studio: “Social incitano odio e razzismo”

Un recente studio ha rilevato che i social media, soprattutto Facebook, Instagram e X (prima noto come Twitter), sono fonte di contenuti che incitano all’odio e al razzismo. Si tratta di una questione che da tempo è al centro di parecchie discussioni, mentre ora con uno studio empirico è stata confermata, ma subito smentita dal gruppo Meta (mentre X tace alle richieste di spiegazioni) che ha lamentato la natura confermativa dei metodi applicati dai ricercatori.



A condurre lo studio sui social e sui contenuti che incitano odio e razzismo è stato un gruppo di ricercatori americani dell’Anti-Defamation League e del Tech Transparency Project, che per esaminare il funzionamento degli algoritmi hanno creato ex novo, su computer mai utilizzati in precedenza, sei account su Facebook, Instagram, X/Twitter e YouTube, quattro di sedicenti adulti e due di minorenni. Prima di procedere alla creazione degli account sui social, che sono stati poi usati per verificare la diffusione dei contenuti razzisti e che incitano l’odio, i ricercatori hanno utilizzato i browser per cercare una 50ina di contenuti, tra teorie della cospirazione, personaggi di spicco (tra cui Bill Gates e Soros) e pubblici, ma anche videogiochi, film e libri.



Le conclusioni dello studio sui social che incitano odio e razzismo

Insomma, dopo aver reso gli IP dei computer “umani” con alcune ricerche plausibili, i ricercatori si sono poi concentrati sui social, indagando la diffusione di contenuti che incitano l’odio e il razzismo. Anche sulle piattaforme sono stati cercati argomenti e personaggi in parte controversi e in parte “sicuri”, dividendo in ultima analisi gli account in due gruppi, uno che ha cercato di seguire i suggerimenti proposti dai siti, l’altro che li ha ignorati.

Nonostante il gruppo di controllo abbia evitato di cliccare, sui social, sui contenuti suggeriti che incitavano l’odio e il razzismo, su tutti e sei gli account sono continuati ad arrivare suggerimenti analoghi, anche se in quantità e con frequenza differente. La conclusione, dunque, è che nessuno dei maggiori social (escluso YouTube che ha ottenuto risultati sorprendentemente positivi) limita la diffusione dei contenuti dannosi, nonostante l’esempio di YouTube dimostri che sia possibile farlo. Natasha Zinda, creatrice di contenuti online e attivista, commentando lo studio, ha spiegato che la ragione per cui i social non limitano i contenuti che incitano l’odio e il razzismo potrebbe essere di natura prettamente economica, perché trattandosi di post che ottengono tantissime interazioni, non sarebbe economicamente vantaggioso per i gestori limitarli completamente o, addirittura, rimuoverli.



La risposta di Meta: “Lo studio era confermativo”

Insomma, i social non limiterebbero i contenuti che incitano l’odio e il razzismo. Interpellati in merito, X non ha fornito commenti, mentre Meta (che gestisce sia Instagram che Facebook), ha detto che le raccomandazioni ottenute dai ricercatori non sono rappresentative di ciò che le persone vedono sulle loro piattaforme, perché i sei account avevano attivamente cercato contenuti e personaggi controversi. Similmente, secondo Meta, un ruolo fondamentale è giocato dalle restanti ricerche effettuate con i browser dagli utenti, che nel caso dei ricercatori erano nuovamente ricerche in parte confermative delle loro aspettative.