È tempo di capire se Ursula von del Leyen è una raffinata volpe delle terre tedesche o un’anatra bollita alla Bruxelles. La vicenda Fitto, da sola, ha scatenato diversi mugugni, ma si innesta in un grande guazzabuglio che vede coinvolti la candidata socialista Ribera, accusata di inettitudine per la strage di Valencia, e la crisi del governo tedesco con le imminenti elezioni. Ursula sta aprendo la sua maggioranza al voto dei conservatori (Ecr), che le darebbero sostegno in cambio di Fitto vice presidente esecutivo; spaventata dalle fibrillazioni della sua maggioranza elettorale, vuole più voti per stare serena. Voti in più che la metterebbero al riparo da franchi tiratori.
Quella di Fitto però è una nomina che umilia e minaccia i socialisti in Italia, dando al Pd il ruolo di partito che la sostiene nel governo europeo assieme a Forza Italia. In più, la furibonda lite in Spagna tra socialisti e popolari sulle responsabilità per le vittime di Valencia avvelena i pozzi a Bruxelles, mettendo in crisi un rapporto tra le forze principali che dovrebbero sostenere Ursula.
Infine le dimissioni di Scholz, con le conseguenti elezioni in febbraio, fanno balenare una sola certezza: la leadership della futura coalizione tra Cdu e Spd, con contorni vari, spetterebbe ai primi. Che si troverebbero così a capo del governo tedesco ed a capo della commissione europea. Con i socialisti tedeschi ridotti a stampella invisibile della Cdu.
In questo scenario è perciò abbastanza chiaro quanto la nuova maggioranza rischi di non nascere. Se si chiede ai socialisti di ingoiare tutti assieme questi bocconi, senza nessun vantaggio politico, non è escluso che salti il banco. E, forse, è questo il loro vero obiettivo. “Von der Leyen faccia la maggioranza con Orbán, Bardella e AfD e spieghi ai cittadini europei che è la curatrice fallimentare dell’Ue”, hanno dichiarato ieri alcuni europarlamentari socialisti. Sono esternazioni ultimative. La vittoria di Trump, la sconfitta alle elezioni locali nei maggiori Paesi europei, unita alla perdita della leadership in Germania, mista all’impossibilità del Pd di appoggiare un ministro del governo a cui fa opposizione, sono nodi talmente complessi che si fa a fatica a credere che siano tutte fibrillazioni tattiche volte a guadagnare qualche posto in più o qualche delega di maggior peso. È come se i socialisti europei avessero percepito la loro assoluta irrilevanza e la loro ingenuità nel dare supporto ad Ursula senza ricevere in cambio nulla di spendibile sul piano della pubblica opinione.
Questo quadro rischia di essere talmente complesso ed inatteso da mettere tutto in discussione, al punto di credere che gli annunciati voti della Meloni per von der Leyen siano un fatto politicamente rilevante, ma non così essenziale alla crisi. Che emerge, invece, proprio dalla somma di tutte le debolezze che la nuova Commissione mostra come sintomi dell’agonia dei socialisti. Uno scatto di orgoglio, o di terrore, potrebbe sovvertire il tutto, ma presupporrebbe una dose di cinismo e di voglia di caos che non appartengono alla cultura recente dei progressisti europei che, anzi, della difesa delle istituzioni di Bruxelles sono divenuti campioni.
Perciò non resta che attendere quello che farà von der Leyen, sin qui seduta in panchina e richiamata a gran voce da tutti i capogruppo per far chiarezza, se ci riuscirà. Di certo è la sua sfida politica più complessa e difficile ed emergerà la sua vera indole, la sua reale capacità di guidare una fase così intricata. Che sia volpe o sia anatra, sia ben chiaro, la attende un sentiero stretto e pieno di insidie. Non è tempo per animali di piccola taglia.
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