La pace poggia prevalentemente su due “pilastri”: l’impegno per la giustizia e la disponibilità al perdono. L’umanità ha bisogno della pace sempre, ma ancor più ne ha bisogno ora, dopo i tragici eventi che hanno scosso la sua fiducia e in presenza dei persistenti focolai di laceranti conflitti che tengono in apprensione il mondo.
Giustizia, in primo luogo, perché non ci può essere pace vera se non nel rispetto della dignità delle persone e dei popoli, dei diritti e dei doveri di ciascuno e nell’equa distribuzione di benefici ed oneri tra individui e collettività. Non si può dimenticare che situazioni di oppressione e di emarginazione sono spesso all’origine delle manifestazioni di violenza e di terrorismo. E poi anche perdono, perché la giustizia umana è esposta alla fragilità e ai limiti degli egoismi individuali e di gruppo. Solo il perdono risana le ferite dei cuori e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati.
Occorre umiltà e coraggio per incamminarsi in questo itinerario. Il contesto dell’odierno incontro, quello del dialogo interculturale, nel cuore dell’Anno europeo per il dialogo interculturale, ci offre l’opportunità di riaffermare che ogni uomo trova nel proprio Dio l’unione eminente della giustizia e della misericordia. Egli è sommamente fedele a se stesso e all’uomo, anche quando l’essere umano si allontana da Lui. Per questo le religioni sono al servizio della pace. Appartiene ad esse, e soprattutto ai loro leader, il compito di diffondere tra gli uomini del nostro tempo una rinnovata consapevolezza dell’urgenza di costruire la pace.
Il genere umano e la dignità umana, la personalità degli individui, devono essere considerate come il punto di partenza per il dialogo. Una cultura in quanto tale non puo’ condurre un dialogo con un’altra cultura. Solo le persone possono farlo. Iniziamo a costruire una tradizione di dialogo interculturale ascoltandoci a vicenda e facendo concreti tentativi per migliorare la conoscenza reciproca attraverso lo sviluppo di un intenso scambio di idee e attraverso un attivo dibattito.
Il raggiungimento di questo obiettivo implica necessariamente una società in grado di rispettare la dignità di ciascuna persona umana, una società che ha come meta indispensabile quella di fornire un’ educazione di qualità per tutti. Questo è valido oggi anche all’interno dell’emergenza causata dal Cambiamento climatico. L’uomo non ha un diritto assoluto sulla natura, ma un mandato di conservazione e sviluppo in una logica di universale destinazione dei beni della terra. Quella ecologica non è solo un’emergenza naturale, ma è un’emergenza antropologica, in cui conta il modo di rapportarsi dell’uomo con se stesso e soprattutto il modo di rapportarsi con Dio.
Anche il rapporto che l’uomo ha con il creato è quindi un argomento centrale del dibattito tra le nostre comunità religiose e tra le nostre culture. Il rispetto e la preservazione della nostra casa comune, anche per difendere le aspettative delle generazioni future passano attraverso una visione condivisa di ciò che siamo e di come in nome della ragione dobbiamo comportarci di fronte alle nuove sfide che il cambiamento climatico ci impone.