Al Convegno della SIGO (Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia) a Roma di lunedì scorso l’intervento di Eugenia Roccella, Sottosegretario al Welfare con delega ai temi etici, ha offerto spunti interessanti e originali.

Oltre a ribadire le ben note posizioni sulla legge 194 – che non sarà modificata ma si cercherà di applicarla integralmente ed omogeneamente in Italia, anche formulando linee guida nazionali – Eugenia Roccella ha rovesciato l’ipotesi espressa dalla stragrande maggioranza dei relatori del convegno, e cioè che la prima prevenzione dell’aborto è la contraccezione. Ricordando la situazione di paesi europei come Francia, Gran Bretagna e Svezia, ad esempio, la Roccella ha spiegato che politiche di diffusione capillare di contraccezione e della “pillola del giorno dopo” non hanno portato a una diminuzione degli aborti, ma spesso a un loro aumento. Mentre in Italia si verifica l’anomalìa di una bassa diffusione di contraccezione, insieme a una bassa natalità e un’abortività fra le più basse in Europa. Segno che le nascite non vengono controllate dall’aborto, né dalla contraccezione, e che non è la contraccezione a far diminuire gli aborti, quanto piuttosto una certa stabilità e responsabilità nei rapporti interpersonali, dovuta alla sostanziale tenuta – nonostante tutto- della rete dei rapporti familiari nel nostro paese.



Interessante la proposta sugli obiettori di coscienza, spesso presentati nei media come un ostacolo all’applicazione della 194: Eugenia Roccella ha ricordato che non c’è correlazione fra obiezione di coscienza e “buon” funzionamento della legge. Regioni come Puglia, Emilia Romagna e Marche, ad esempio, hanno un elevato numero di aborti ma anche di obiettori. Sarebbe invece opportuno coinvolgere proprio gli obiettori nei percorsi preventivi e post-abortivi: rispettando naturalmente il diritto all’obiezione di coscienza, si potrebbero individuare spazi nella formazione, nei momenti educativi e anche nei periodi post-abortivi, in cui questi medici potrebbero intervenire nel pieno rispetto della legge, senza creare ostacoli alle donne che comunque decidessero di abortire, ma cercando di porre le condizioni perché non si arrivi a tale richiesta, e non vi si ricorra ripetutamente, come purtroppo avviene soprattutto fra le immigrate.



Un impegno in questo senso sarebbe anche un modo per dimostrare una volta per tutte che veramente chi obietta in Italia lo fa per coscienza, e non per convenienza.

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