Il ministro Sacconi è indagato per il reato di “violenza privata” davanti al Tribunale dei ministri, in seguito a una denuncia dei radicali. L’atto dello scorso dicembre che il Ministro ha rivolto alle strutture sanitarie pubbliche e private impedendo di interrompere l’alimentazione di Eluana è considerato dai radicali un atto di violenza privata, perseguibile ai sensi del codice penale: “chiunque, con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.



Si può seriamente ritenere che un atto ministeriale, foss’anche illegittimo, rientri negli estremi del reato di violenza privata? L’accusa è stata portata davanti al tribunale dei ministri, cioè quel tribunale competente a giudicare i reati commessi dai membri del Governo nell’esercizio delle loro funzioni. Ma come può costituire violenza privata, un atto pubblico, commesso da un soggetto nell’esercizio delle sue funzioni, rivolto nei confronti di una struttura pubblica? Si tratta evidentemente di un’azione dimostrativa e simbolica, che mira ad alzare i toni del conflitto tra politica e magistratura. Un’azione molto probabilmente inefficace e certamente sproporzionata rispetto all’obiettivo.



Ammettiamo pure che l’atto di indirizzo del Ministro presenti elementi di dubbia legittimità. Come tutti gli atti illegittimi potrebbe essere annullato dagli organi giurisdizionali competenti: in questo caso si poteva immaginare un giudizio davanti al tribunale amministrativo o davanti alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni.

L’ordinamento ha le sue garanzie per tutti i casi di atti illegittimi.

Perché aprire un processo penale indirizzato contro la persona del Ministro? Evidentemente l’unico scopo è quello di attirare i riflettori della stampa e dei media. Se l’obiettivo fosse quello di far annullare l’atto di indirizzo sarebbe stato più appropriato e conveniente impugnare l’atto, non far indagare il Ministro. Ma il processo penale ha sempre un che di sensazionale, che permette di riaccendere i conflitti e rianimare le polemiche.



Il Ministro non ha molto da temere. I reati ministeriali non possono essere perseguiti se non previa autorizzazione parlamentare. Dunque la politica avrà il suo strumento per interrompere prontamente un procedimento penale fantasioso.

L’unico risultato di questa stravagante iniziativa sarà che di nuovo la vita di Eluana – come già fu per Piergiorgio Welby – sarà ridotta a simbolo e a pretesto per inasprire un conflitto politico e culturale. Poco importa che al centro della contesa ci sia il destino di una vita, presa a pretesto per l’ennesima operazione strumentale.