Il 22 gennaio, due giorni dopo l’euforico insediamento di Obama, decine di migliaia di manifestanti sono arrivate a Washington per l’annuale marcia di protesta contro la sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade che 36 anni fa diede inizio alla liberalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti.
Alcuni si aspettavano che Barack Obama avrebbe approfittato di questa ricorrenza per sottolineare la propria posizione in favore dell’aborto, annullando l’ordinanza del 1984 del presidente Reagan, cosiddetta Mexico City Policy, che negava i fondi federali a sostegno della promozione delle pratiche abortive all’estero.
Questa ordinanza era già stata cancellata dall’Amministrazione Clinton. Invece, Obama ha rilasciato una dichiarazione invitando a ridurre il ricorso all’aborto, pur sostenendo il diritto di scelta della donna. «Essendo questo un argomento delicato e spesso fonte di divisioni, al di là di quali siano le nostre opinioni, siamo uniti nella nostra decisione di prevenire le maternità indesiderate, di ridurre la necessità di ricorrere all’aborto e di sostenere le donne e le famiglie nelle loro scelte. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo lavorare per trovare un base comune per allargare le possibilità di una contraccezione accessibile, di una accurata informazione sanitaria e di servizi preventivi».
In una lettera a Obama, il presidente della Conferenza episcopale americana, il Cardinale Francis George di Chicago, ha richiesto la continuazione di una politica che rispetti i valori degli altri popoli: «La Mexico City Policy, emanata per la prima volta nel 1984, è stata erroneamente attaccata come una restrizione all’aiuto all’estero per la pianificazione familiare. In realtà non ha assolutamente ridotto tali aiuti, ma ha assicurato che i fondi per la pianificazione familiare non fossero dirottati a organizzazioni impegnate nella promozione e nell’effettuazione degli aborti, invece di cercare di ridurli. Se si cancella una chiara linea di distinzione tra pianificazione familiare e aborto, l’idea di utilizzare la pianificazione per ridurre gli aborti non ha più senso e l’aborto tende a sostituire la contraccezione come mezzo per ridurre le dimensioni delle famiglie. Uno spostamento in favore della promozione dell’aborto nei paesi in via di sviluppo aumenterebbe anche la sfiducia negli Stati Uniti in questi paesi, i cui valori e la cui cultura spesso rifiutano l’aborto, e questo in un momento nel quale noi abbiamo bisogno del loro rispetto e della loro fiducia».
Come un esempio di successo della Mexico City Policy, il direttore di Live Aid, Bob Geldoff, ha attribuito a George W. Bush la stabilizzazione dell’AIDS in Africa. «PEPFAR (The President’s Emergency Plan for AIDS Relief), che rappresenta la risposta quasi personale di Bush al Global Fund (una istituzione indipendente nata per la lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria), si è dimostrato un meccanismo altamente efficace nella lotta contro l’AIDS. Funziona. È scomodo dire queste verità taciute, ma molto di questo programma sta funzionando… Generalmente, nell’Africa rurale le donne non hanno alcun potere e non possono neppure rifiutare favori sessuali. Ho visto scritto con il gesso su queste capanne: sesso sicuro, fedeltà. Sta dando alle donne un’arma che loro possono usare».
Senza fanfare, venerdì sera dopo le 7, Obama ha emanato l’ordine esecutivo che ripristina i fondi per il sostegno dell’aborto a livello mondiale. In un comunicato ha dichiarato: «Negli ultimi otto anni si sono messi a repentaglio gli sforzi per promuovere una sicura ed efficace pianificazione familiare volontaria nei paesi in via di sviluppo. Per queste ragioni, riteniamo giusto abolire questa politica e ristabilire gli sforzi per proteggere le donne e dar loro potere e per promuovere uno sviluppo economico globale».
Douglas Johnson, direttore legislativo del National Right to Life Committee, lo ha definito «il primo di una serie già anticipata di attacchi contro le esistenti politiche in favore della vita, mano a mano che la nuova Amministrazione spinge l’attuazione dell’agenda abortista di Obama», puntualizzando che così si trasferisce denaro «dai gruppi che non sostengono l’aborto nelle mani delle organizzazioni più aggressive nel promuovere l’aborto nei paesi in vi a di sviluppo».
L’unico aspetto sorprendente nell’azione di Obama è stato l’aver riaffermato una politica in favore dell’aborto nei primi tre giorni dal suo insediamento. La sua risposta ai Repubblicani che si dichiaravano insoddisfatti del pacchetto di misure economiche è stata molto netta: «Io ho vinto».