Per la Corte di Strasburgo la presenza dei crocefissi nelle nostre aule costituirebbe «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione della «libertà di religione degli alunni». Ma Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, ha qualche dubbio.
Ostellino, il crocifisso in aula – ci ha detto ieri la Corte europea – non va d’accordo con la democrazia.
Non capisco proprio come l’esposizione di un crocifisso possa ledere il diritto al pluralismo religioso da parte dei genitori che educano i propri figli come meglio credono, o degli stessi bambini, che vedendo quel crocefisso ne sarebbero in qualche modo condizionati. È l’esposizione di un simbolo della religione che fa parte della storia del paese, esattamente come ne fa parte la tradizione risorgimentale.
Esporre il crocefisso accontenta alcuni ma scontenta altri, non crede?
Ma la nostra cultura liberale è debitrice del cristianesimo. Pensiamo a quanto il messaggio del Vangelo ha influito sulle nostre libertà e sulla concezione che ci siamo fatti della libertà stessa, della centralità e della sacralità della persona. Che per alcuni può essere a immagine di Dio, ma che in quanto tale è inviolabile ed è un valore per tutti: e per questo rimane sacra. C’è poco da fare: la visione culturale cristiana esprime valori laici.
La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo d’accordo quasi tutti. «Penso – ha detto Bersani – che un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno». E la Cei: «si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali».
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Ma certo. È una valutazione che condivido pienamente. Non vedo la ragione per la quale dovremmo rinunciare alle nostre radici religiose e laiche. Poi, per chi è credente e ha fede, il crocifisso è un simbolo che rimanda a Dio, per chi non lo è parla di un fatto storico determinante. Ma è un fatto storico che ha segnato profondamente nella nostra cultura e, ripeto, non vedo perché dovremmo negarla.
Quali principi ispiratori le sembra tradurre in pratica una sentenza come quella di ieri?
Vedo una laicità che si trasforma in ideologia esattamente come una religione può diventare integralista. Il laicismo, inteso come negazione di qualsiasi tradizione e cultura religiosa, è a sua volta una religione integralista.
Può spiegarsi meglio?
Penso che la neutralità dello stato sia apprezzabile, ma lo stato deve essere davvero neutrale. Uno stato che toglie il crocefisso non è più neutrale, ma prende una parte ben precisa. La neutralità dello stato, di fronte alla fede religiosa o alla simbologia religiosa, consiste proprio nello spirito di tolleranza dello stato stesso verso la libertà di coscienza individuale. È un limite che va tracciato in modo intelligente: se il chador impedisce l’identificazione allora è evidente che non può essere tollerato, ma se una ragazza porta un velo sulla testa, non si capisce perché debba essere proibito. Se lo stato dice “togliamo tutti i crocifissi dalle aule” non è più neutrale ma diventa di parte. Che poi si chiami laico anziché musulmano o altro è solo un questione terminologica che non tocca la sostanza delle cose: diventa stato religioso, cioè stato etico.
(Federico Ferraù)