Temi etici, come aborto e ricerca sulle staminali, e lotta alla povertà sono stati al centro dell’incontro tra Benedetto XVI e Barack Obama, che ha incontrato il Pontefice venerdì a Roma dopo il G8. I punti di disaccordo sono ben noti, essendo il presidente Usa su posizioni pro-choice; d’altra parte la gerarchia apprezza molto la disponibilità al dialogo del presidente, che si è impegnato a diminuire il numero degli aborti negli Stati Uniti. Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso, commenta la storica visita del presidente americano, giunta al termine di una settimana densa di avvenimenti di grande portata.



Magister, venerdì l’atteso incontro tra Obama e Benedetto XVI, all’inizio della scorsa settimana la lettera a Berlusconi in occasione del G8, con l’invito a cercare soluzioni per aiutare i paesi poveri; e durante il summit l’incontro di sua santità con le first ladies, alle quali il pontefice ha chiesto di “non dimenticare l’Africa”. Basteranno i 20 mld di dollari in 3 anni stanziati dal vertice?



Certamente il Papa avrà apprezzato. In ogni caso non basteranno le erogazioni finanziarie dei paesi ricchi a risolvere il problema dello sviluppo. Rimane un dato essenziale: l’Africa è assolutamente prioritaria nella geopolitica della Santa sede. È l’unico continente in cui il cattolicesimo, e il cristianesimo in generale, sono in espansione. Si può ormai affermare che la metà della popolazione africana è cristiana e che di questa la gran parte è cattolica. Ecco spiegata la preoccupazione del Papa per l’Africa, in un momento in cui il continente è al centro dell’agenda del G8. E non è un caso che le prime battute tra Obama e il Papa siano state sul vertice.



Fuori programma il Papa ha regalato a Obama la Dignitas personae, documento dedicato ai temi di bioetica più controversi, oltre che una copia autografata della Caritas in veritate. Sembrano messaggi molto chiari…

 

I due testi non sono slegati tra loro. Nell’enciclica stessa vi sono passaggi di importanza cruciale che riguardano la questione antropologica sotto forma del nesso fortissimo che sussiste tra natalità e sviluppo economico. Sappiamo bene che la tesi della Chiesa, condivisa da economisti di valore, è opposta a quella maltusiana, secondo cui lo sviluppo economico è correlato ad una diminuzione della natalità.

Nell’intervista concessa ad Avvenire Obama cita “la lotta alla povertà, il benessere dell’infanzia, la pena di morte” e dice che “questa parte della tradizione cattolica” lo “ispira continuamente”. Ma qualcosa, per sua stessa ammissione, è cambiato negli Stati Uniti.

È vero, qualcosa è certamente cambiato nel mondo cattolico e nella stessa gerarchia americana: praticamente un terzo dell’episcopato, un’ottantina di vescovi circa su oltre duecento, negli ultimi tempi si sono pronunciati in modo molto netto sui temi del rispetto della vita e in modo altrettanto critico verso l’amministrazione. Ora, questo era impensabile fino a poco tempo fa. C’è però la comprensione che i temi etici non sono affatto slegati da quelli comunemente rubricati, in modo sbrigativo, sotto il termine “sociale”. Siamo all’inizio di una fase nuova.

C’è anche però una certa componente che guarda con ammirazione il nuovo corso della presidenza Obama. Cosa dobbiamo pensare?

Ai vertici della Chiesa vi sono accentuazioni diverse nei rapporti con l’amministrazione Obama. C’è quella critica che ho citato, e che comprende il presidente della Conferenza episcopale Usa, il cardinale George il quale, non va dimenticato, conosce bene il presidente perché è vescovo della diocesi di Chicago, ma non è l’unica. C’è anche una posizione molto più comprensiva, che definirei di tipo “europeo”, con una diversa sensibilità soprattutto nell’approccio al potere politico, verso il quale prevalgono logiche più complesse, che fanno appello alla mediazione più che al conflitto. E il cardinale che si è fatto portavoce di una lettura nettamente “amichevole” verso la presidenza Obama è stato il cardinale Georges Cottier, già teologo della Casa pontificia.

Per tornare agli eventi della settimana, l’enciclica è uscita alla vigilia del G8. Qual è la sua opinione di vaticanista?

Senz’altro è un documento di non facile lettura. Ma i passaggi sostanziali, rintracciati in un insieme forse eccessivamente lungo e non particolarmente perspicuo, sono molto efficaci e sono quelli in cui la mano del professor Ratzinger si nota di più. A partire dal titolo, che sottolinea il nesso indissolubile tra carità e verità. Sulla forte base teologica fioriscono gli altri elementi, alcuni dei quali sono di attualità indiscussa, come il richiamo al nesso virtuoso tra natalità e sviluppo e il principio di sussidiarietà. Si auspica perfino la presenza di un’“autorità politica mondiale” (n. 67, ndr.). Senza arrivare a questi livelli direi quasi utopici, rimane forte ed essenziale la richiesta di una governance basta su regole morali.

Secondo lei l’incontro tra Obama e Benedetto XVI inaugura un nuovo corso rispetto al rapporto tra Chiesa cattolica e amministrazione americana che abbiamo visto finora?

Direi che l’elemento continuità è molto più forte dell’elemento conflittuale che può esserci su alcuni punti critici. La continuità è data dal fatto che i vertici della Chiesa sono perfettamente consapevoli di aver a che fare con un potere politico di peso mondiale e allo stesso tempo con un paese in cui la democrazia, la libertà e l’aspirazione alla felicità hanno un primissimo piano e in cui c’è un rapporto fecondo tra religione e sfera politica. Sono fattori che un Papa come Joseph Ratzinger non può non mancare di apprezzare.

E i punti di disaccordo?

Benedetto XVI ne è perfettamente consapevole e lo è anche Obama. C’è al tempo stesso, però, la consapevolezza che una strada comune è possibile e soprattutto che vale la pena di tentarla. È un elemento non trascurabile, che soprattutto da parte della Santa sede è molto apprezzato. Obama stesso ha mandato segnali molto chiari.

A cosa pensa?

Tutte le volte che un presidente Usa negli ultimi decenni è venuto in Italia, si è fatto precedere da un’intervista ad un grande quotidiano italiano, generalmente scelto tra Repubblica, Correre della Sera, Sole 24 Ore e La Stampa. Questa volta ha rotto la regola, dando l’intervista ad Avvenire e Radio vaticana. Mandando un messaggio inequivocabile: l’incontro con il Papa era, ed è, una priorità.