Oggi il mondo ha perso il gusto ad un reale rinnovamento, perché questo implica un dono di sé all’altro, ed una messa in discussione dell’Ego, e di ciò che si “possiede”. Quali sono le conseguenze nella nostra società di un tale atteggiamento caratterizzato da chiusura, difficoltà di relazione e scarsa lungimiranza? Ne discutiamo con Claudio Risé, psicanalista e scrittore, che ha appena pubblicato il libro La crisi del dono. La nascita e il no alla vita (San Paolo Ed., 2009, www.claudio-rise.it), un’opera che tratta i temi della nascita e della necessaria rinascita e trasformazione nel corso della vita dell’uomo, condizioni che portano ad un autentico rinnovamento e sviluppo nel mondo stesso.
Prof. Risé, la prima domanda sorge spontanea: esiste una relazione tra l’importante crisi economica che stiamo vivendo e il carattere di una società, come la nostra, che nel suo nuovo libro lei ha definito “società del possesso”? Quali sono le vie di uscita da questa stagnazione?
La società del possesso produce fatalmente crisi, proprio perché in essa importanti risorse, prodotte dalla genialità umana, dallo sviluppo economico, dalla ricerca scientifica e tecnologica, vengono continuamente sequestrate dalle categorie più avide, che finiscono col distruggerli in un folle gioco alla moltiplicazione dei guadagni e dei patrimoni individuali. L’attuale crisi è nata dalla distruzione di enormi ricchezze, ad opera dall’alleanza tra l’avidità di risparmiatori convinti di poter aumentare a dismisura i propri patrimoni sia immobiliari che mobiliari, e fasce di finanza spregiudicata che lo lasciava credere possibile, per amministrarne le risorse.
Questa distruzione di energie nuove ha riprodotto, in campo finanziario ed economico, quella distruzione di vita nuova in nome della difesa e incremento degli interessi e possessi individuali, che io pongo nel mio libro alla base dell’attuale “crisi del dono”, e delle pratiche e legislazioni abortiste. Da tutto ciò si esce tutelando lo sviluppo della nuova vita (nuove idee, visioni, saperi e tecniche), rispetto alla sua riduzione materialistica in possessi e guadagni immediati.
Nelle sue pagine è tracciato un itinerario che esamina le immagini riguardanti la nascita, accolta o rifiutata, presenti nell’inconscio, nel mito, e nella tradizione ebraico cristiana. Si tratta di un’impostazione piuttosto inusuale, soprattutto per quei lettori interessati a comprendere con immediatezza e concretezza i fenomeni della società in cui viviamo. Questo studio cosa ci spiega dell’oggi? E cosa ci insegna?
L’inconscio collettivo, espresso (come ha mostrato Carl Gustav Jung e la sua scuola) nei miti e nei cicli leggendari delle varie culture, come anche nella storia delle religioni, mostra gli aspetti invarianti, archetipici, della psiche umana. Per questo, come osservava la frase di Pasolini che riporto in esergo, non c’è niente di più concreto e attuale del mito: parlando di mille anni fa, svela con sorprendente precisione l’animo dell’uomo di oggi. D’altra parte, l’inconscio collettivo registra anche (e anche questo Jung l’ha visto) i mutamenti manifestatisi nello psichismo umano dopo l’avvenimento cristiano, e la modifica da esso consentita e richiesta nei rapporti personali, nel sentimento di amore per l’altro, e di offerta di sé.
Il rinnovamento antropologico portato dal cristianesimo ha al proprio centro una nascita ed un dono, quello di Dio fatto uomo, destinato a provocare il rinnovamento del mondo, e di ogni singolo uomo, nella sua vita personale. Da allora in poi ogni uomo, ed ogni società, può scegliere tra il rinnovamento e la trasformazione di sé (la rinascita che Gesù indica a Nicodemo), o la difesa dell’esistente. Questa seconda soluzione, l’osservazione clinica lo mostra bene, innesca in realtà un processo regressivo, e di distruzione di vita.