Si chiama Sofia Kenin: anzi, a dirla tutta all’anagrafe è registrata come Sonja, ed è – abbastanza incredibilmente – la campionessa degli Australian Open 2020. Non che l’astro nascente del tennis mondiale non avesse i colpi, la qualità, l’atletismo, la mentalità. Ma nessuno, davvero nessuno, poteva aspettarsi che la ragazza americana nata col mito di Serena Williams potesse scalare la montagna di una finale Slam con la stessa disinvoltura della campionessa manifestata dalla Kenin. Sotto di un set contro la spagnola Muguruza, una che in carriera ha già vinto Roland Garros e Wimbledon, per intenderci, Kenin non si è fermata, anzi: è diventata un muro. Rimandando dall’altra parte della rete tutto l’umanamente immaginabile (e anche di più), Sofia ha fatto saltare gli schemi classici di Muguruza, mandata al tappeto prima mentalmente e poi tennisticamente.



SOFIA KENIN, CHI E’ L’AMMAZZA-STAR

Un tennis geometrico, grintoso, reattivo: Sofia Kenin non è la giocatrice che spacca le avversarie con i suoi colpi potenti. Non è per intenderci un’altra Osaka, non ha la forza devastante di Serena, forse neanche il tocco di Andreescu. Ha però una testa come forse in poche possono dire nel circuito femminile, ancora una volta scopertosi senza padrona, dominato da quella che è stata già ribattezzata “l’ammazza-star”, avendo fatto fuori prima della Muguruza anche la numero 1 del mondo Ashleigh Barty. Emozionanti le parole di Kenin dopo la vittoria, l’abbraccio col padre, esempio di genitore da esportare in un mondo del tennis troppo spesso invaso da padri e madri asfissianti, dannosi per il talento dei figli. Kenin ha parlato da campionessa, come la ragazza che a quella vittoria, per quanto incredibile e inattesa, non è arrivata certo per caso: “E’ il mio primo discorso e mi congratulo con Garbine, sono sicura che giocherà altre finale. Il mio sogno si è avverato oggi, sono grata di essere qui. Quindi il mio consiglio è che se ne avete uno, di sogni, provateci con tutte le vostre forze, e forse ce la farete”. Se lo dice lei…

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