Dopo un 2022 che lasciava sperare in una possibile ripresa, ma che pure aveva confermato un momento non facile, con consumi pro-capite a 31,9 litri, ben lontani quindi dai valori del 2012 quando toccarono quota 34,4 litri per persona, nel 2023 il mercato delle bevande analcoliche in Italia si sta caratterizzando per una decisa frenata dei consumi: nel primo quadrimestre 2023 le vendite di bevande gassate nella Distribuzione Moderna hanno infatti segnato una flessione a volume dell’1,3%.
La cattiva notizia arriva dallo studio “Il mercato dei soft drinks in Italia: scenari evolutivi 2023-2025 tra incertezze e rischio sugar tax”, realizzato da Nomisma per Assobibe, l’Associazione italiana industrie bevande analcoliche, che punta il dito contro due fenomeni: la congiuntura economica non favorevole e l’elevata inflazione. La ricerca mette, infatti, in luce che la crescita dei prezzi al consumo, pur attenuatasi negli ultimi mesi, è rimasta elevata (+5,3% a settembre 2023 su base annua) riducendo di conseguenza il potere di acquisto delle famiglie. I dati parlano chiaro: a causa del carovita, il 92% degli italiani ha modificato le proprie abitudini di spesa alimentare, mentre la metà sta concentrando gli acquisti sui prodotti considerati indispensabili. E tra le categorie alimentari per le quali le famiglie hanno iniziato a ridurre la spesa figurano ai primi posti anche i soft drinks.
Il settore, insomma, vive una fase difficile. E da qui si dovrà partire per affrontare l’ultima parte dell’anno, su cui gravano ancora diverse incognite. La lista comprende l’incertezza dello scenario macroeconomico, l’inflazione ancora elevata, il significativo aumento dei costi, la frenata dei consumi da parte delle famiglie. E da qui, le caute previsioni di Nomisma, che, nella prospettiva più incoraggiante, per il 2023 stima un calo del mercato dei soft drinks pari al 2,3% rispetto al 2022, con prospettive di lieve ripresa nel 2024-2025 a fronte di una congiuntura economica meno incerta e più favorevole e di una ripresa del turismo. In caso, invece, di un inasprimento del conflitto in Ucraina, che potrebbe portare a una recessione economica e a una nuova accelerata dell’inflazione, la contrazione del mercato sarebbe destinata ad accentuarsi ulteriormente a causa di una flessione dei consumi che nel 2023 raggiungerebbe il -5,4%.
E non è finita qui, perché guardando oltre la prospettiva del 2023, il settore si trova a dover affrontare un altro nodo gordiano: la bozza di Legge di bilancio 2024 rinvia, infatti, di soli 6 mesi l’entrata in vigore della cosiddetta Sugar Tax, varata nel 2019 e reiteratamente rinviata. Una tassa che tutto il settore auspicava fosse congelata, nuovamente, per l’intero anno. E questo perché la sua introduzione promette di avere effetti importanti sui consumi, che potrebbero subire un’ulteriore flessione vista l’elevata sensibilità dei consumatori italiani al fattore prezzo. Nomisma ha stimato che con l’introduzione dell’imposta, nel biennio 2024-2025 il comparto brassicolo potrebbe arrivare a segnare un calo compreso tra il 12,4% e il 15,6%. Ma non solo. Togliendo liquidità alle imprese – aggiunge sempre Nomisma -, la nuova imposta contribuirebbe a ridurre la propensione delle imprese produttrici a investire, drenando risorse per 46 milioni di euro nel solo biennio 2024-25. E ancora, si prevede anche un impatto sui fornitori di materie prime: la riduzione della domanda di bevande analcoliche sul mercato nazionale porterebbe, infatti, a un calo dei volumi prodotti e, dunque, a un minore impiego e acquisto di materie prime funzionali al ciclo produttivo stimato nell’ordine dei 400 milioni di euro di acquisti nel 2024-25.
Infine, la Sugar Tax avrebbe riflessi anche sull’Iva legata alle vendite di soft drinks sul mercato italiano: secondo lo studio, se venisse introdotta, nel biennio 2024-25 comporterebbe una riduzione del gettito legato pari a 275 milioni di euro rispetto ai valori previsti in uno scenario senza imposta sullo zucchero.
Dunque, il rinvio rappresenta una buona notizia solo a metà. “Fa prendere fiato – afferma Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe -, ma non evita ulteriori difficoltà a imprese e cittadini, alle prese con un’inflazione che riduce il potere d’acquisto delle famiglie. Oggi come ieri rimane l’urgenza di una cancellazione definitiva, per contribuire ad allentare lo stato di incertezza che grava sul comparto delle bibite analcoliche, e a cascata su tutta la filiera, bloccando investimenti, innovazione e crescita economica”.
Un provvedimento necessario, tanto più che “questa imposta – conclude Pierini -non ha ragion d’essere visto il calo costante di vendite di bevande zuccherate in Italia e il taglio del 40% dello zucchero immesso in consumo negli ultimi anni attraverso protocolli siglati con il ministero della Salute. Inoltre, va ricordato che la tassa si applica alle sole bibite analcoliche, anche quando prive di zucchero, con stime di gettito sbagliate e irrealistiche su un comparto già penalizzato dall’aliquota Iva al 22% rispetto alla media Ue del 16%”.
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