In un mondo in continua trasformazione, le competenze non cognitive, note come soft e life skills – ad esempio la capacità di lavorare in team, il pensiero critico, l’empatia e la gestione del tempo – stanno emergendo come fattori cruciali per il successo personale e professionale. Tuttavia, i sistemi educativi tradizionali continuano a privilegiare le competenze tecniche e accademiche, relegando queste abilità a un ruolo secondario.
In questo contesto, l’Italia ha compiuto un importante passo avanti: il Senato ha recentemente approvato una legge che introduce ufficialmente le soft skills nei percorsi di istruzione e formazione professionale. Questa iniziativa, che partirà con una sperimentazione triennale, coinvolgerà inizialmente le scuole secondarie di primo e secondo grado. L’obiettivo è integrare competenze come la gestione delle emozioni, il problem solving, la comunicazione efficace e l’empatia nei metodi didattici tradizionali.
La sperimentazione si articolerà in tre fasi:
1) Formazione dei docenti. Nel primo anno, gli insegnanti parteciperanno a un piano formativo focalizzato sulle metodologie per potenziare queste competenze e integrarle nei curricula.
2) Integrazione interdisciplinare. Nei successivi due anni, le soft skills saranno introdotte nei vari percorsi didattici, rispettando l’autonomia delle scuole.
3) Monitoraggio e valutazione. Una commissione indipendente analizzerà i risultati dell’iniziativa per valutarne l’efficacia.
La legge si fonda su due pilastri fondamentali: la rilevanza delle soft skills per la crescita personale degli studenti e dall’altro la possibilità di incrementarle in quanto malleabili o addirittura “insegnabili”.
Perché le soft skills contano?
La rilevanza di queste competenze è supportata da un’ampia letteratura scientifica. Tra i contributi più significativi spiccano quelli del premio Nobel per l’Economia James Heckman, che ha evidenziato come le soft skills siano strettamente legate al rendimento scolastico, al successo professionale e alla riduzione di comportamenti a rischio.
Ulteriori conferme arrivano dai dati del secondo round della Survey on Social and Emotional Skills (SSES), pubblicati dall’OECD nell’aprile 2024. Questa indagine ha coinvolto oltre 70.000 studenti di 10 e 15 anni in sei Paesi e dieci regioni del mondo, tra cui l’Italia. Grazie alla Fondazione per la Scuola, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e la collaborazione degli Uffici Scolastici Regionali del Piemonte e dell’Emilia-Romagna, sono stati raccolti dati su 6.000 studenti provenienti da 110 scuole di Torino, Bologna, Modena e Reggio Emilia.
I risultati confermano che le competenze socio-emotive – come la resilienza, la curiosità e l’autodisciplina – sono significativamente correlate ai risultati accademici in Lettura, Matematica e Arte.
Nota: Il grafico riporta i coefficienti standardizzati stimati sulla base di una regressione OLS con il risultato scolastico (un modello per ogni disciplina) come variabile dipendente. Tutti i coefficienti sono statisticamente significativi (p < 0.05) e nel modello sono inclusi dei controlli per il genere, il contesto socio economico, lo status migratorio degli studenti e gli effetti fissi di scuola.
Rappresentazione grafica degli autori su stime OECD-SSES 2023.
Allo stesso tempo le competenze socio-emotive risultano associate a comportamenti che promuovono la salute e il benessere, come dormire a sufficienza, fare esercizio fisico, mangiare in modo sano ed evitare fumo e alcol. A tal fine, l’OECD ha elaborato un indice sintetico che misura i comportamenti salutari degli studenti e anche rispetto a questo indice si può desumere una relazione positiva con le soft skills. In particolare, l’ottimismo mostra la relazione più forte con i comportamenti salutari tra gli adolescenti, seguono l’energia, la motivazione al successo, la perseveranza e il senso di responsabilità.
Figura 2 – Relazione tra competenze socio-emotive e indice di comportamenti salutari
Nota: Il grafico riporta i coefficienti standardizzati stimati sulla base di una regressione OLS con l’indice di comportamenti salutari elaborato dall’OECD come variabile dipendente. Tutti i coefficienti sono statisticamente significativi (p < 0.05) e nel modello sono inclusi dei controlli per il genere, il contesto socioeconomico e lo status migratorio degli studenti.
Rappresentazione grafica degli autori su stime OECD-SSES 2023.
Ulteriori evidenze si registrano anche rispetto al benessere psicologico degli studenti e anche su questo aspetto l’OECD ha elaborato un indice che consente di sintetizzare e misurare il benessere psicologico degli studenti. Tale indice si basa sulle risposte ricevute rispetto alla frequenza con la quale gli studenti si sono sentiti, nelle due settimane precedenti all’indagine: “allegri e di buon umore”, “calmi e rilassati”, “attivi e pieni di energia”, “freschi e riposati” al risveglio, e se la loro “vita quotidiana è stata piena di cose che li interessano”. Livelli più alti di tutte le competenze socio-emotive sono associati a un maggiore benessere psicologico tra gli studenti con una maggiore correlazione evidenziata rispetto all’ottimismo, all’energia ed alla resistenza allo stress, seguite dal controllo emotivo e dalla fiducia.
Figura 3 – Relazione tra competenze socio-emotive e indice di benessere psicologico
Nota: Il grafico riporta i coefficienti standardizzati stimati sulla base di una regressione OLS con la variabile dipendente rappresentata dall’indice di benessere psicologico (calcolato mediante l’approccio Five Well-Being Index (WHO-5) proposto dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità). Tutti i coefficienti sono statisticamente significativi (p < 0.05) e nel modello sono inclusi dei controlli per il genere, il contesto socio economico e lo status migratorio degli studenti.
Rappresentazione grafica degli autori su stime OECD-SSES 2023.
Le soft skills non sono più solo una questione accademica: stanno diventando un elemento cruciale anche nel mercato del lavoro che è influenzato dai rapidi cambiamenti tecnologici e organizzativi, Negli ultimi anni, le aziende hanno riconosciuto che, per mantenere la competitività, non basta affidarsi a solide competenze tecniche. Serve molto di più: la capacità di adattarsi rapidamente, lavorare in team, risolvere problemi complessi e affrontare le sfide con creatività ed empatia. Secondo uno studio condotto da Unioncamere-Excelsior nel 2020, gli imprenditori considerano le soft skills altrettanto importanti, se non più rilevanti, rispetto alle competenze tecniche. Tra le abilità più richieste emergono flessibilità, capacità di lavoro di gruppo e problem solving. Questa tendenza sottolinea l’urgenza di un’educazione che prepari i giovani non solo ad apprendere, ma anche a connettersi, collaborare e innovare.
Migliorare le soft skills tra malleabilità e “insegnabilità”
Le ricerche recenti confermano che le competenze sociali ed emotive non solo sono modificabili, ma possono essere potenziate attraverso interventi scolastici mirati. A queste competenze vengono attribuite due caratteristiche chiave: la malleabilità e l'”insegnabilità”. La prima indica la capacità di tali abilità di svilupparsi e adattarsi, ad esempio attraverso relazioni personali nei contesti familiari e scolastici. È il caso della capacità di creare legami affettivi sani, che si dimostra altamente malleabile grazie alle interazioni sociali.
Dal punto di vista delle politiche educative, l'”insegnabilità”, pur essendo un concetto più dibattuto, è di maggiore interesse. Essa implica che queste competenze possano essere migliorate tramite azioni didattiche strutturate. Studi condotti su programmi di apprendimento socio-emotivo hanno mostrato che è possibile insegnare soft skills in contesti scolastici, indipendentemente dall’età degli studenti o dal contesto nazionale. Tuttavia, l’impatto di questi interventi varia in base alla loro tipologia e al contesto in cui vengono applicati.
Non tutte le soft skills, però, sono ugualmente suscettibili all’insegnamento. Una meta-analisi pubblicata dall’OECD nel 2023 ha esaminato oltre 70 studi scientifici, rilevando effetti significativi per 12 delle 23 competenze analizzate. Tra le più “insegnabili” figurano empatia, metacognizione, cooperazione, autocontrollo, assertività, resistenza allo stress, controllo emotivo, problem-solving sociale ed efficacia personale. Questi risultati suggeriscono che, pur non essendo tutte le soft skills facilmente sviluppabili tramite interventi didattici, esistono competenze chiave su cui investire per ottenere risultati concreti.
L’esigenza di un sistema statistico di valutazione per l’integrazione e il miglioramento delle soft skills
La rilevanza e l'”insegnabilità” delle soft skills rappresentano un pilastro per progetti e sperimentazioni volti al loro sviluppo. Tuttavia, migliorare efficacemente queste competenze richiede un sistema di valutazione strutturato, in grado di perseguire due obiettivi principali: da un lato, fornire una rappresentazione dinamica e statica dei livelli di competenza; dall’altro, misurare in modo causale l’efficacia degli interventi educativi progettati per potenziarle.
Negli ultimi anni sono state avviate diverse iniziative, in particolare, per valutare le competenze della popolazione studentesca, molte delle quali si sono distinte per il rigore metodologico, ma sono rimaste limitate a contesti territoriali e temporali specifici. Tra queste, spicca la sopracitata sperimentazione condotta dalla Fondazione per la Scuola, che ha implementato l’indagine SSES dell’OECD a Torino e in Emilia-Romagna, e i progetti svolti in Trentino da team multidisciplinari.
Una ricerca del 2020, curata da Giorgio Vittadini e Giuseppe Folloni, ha valutato le soft skills di un campione di studenti delle scuole superiori trentine, mettendole in relazione con le competenze cognitive rilevate dall’INVALSI. I risultati hanno evidenziato che le soft skills agiscono quasi come un moltiplicatore dei risultati cognitivi, rivelandosi quindi un elemento centrale del processo di apprendimento.
Nonostante i progressi compiuti, la creazione di un sistema integrato di valutazione delle soft skills a livello nazionale rimane una sfida aperta. È necessaria una fase di sperimentazione ulteriore per sviluppare strumenti di rilevazione e misurazione che possano integrarsi con il sistema di valutazione nazionale dell’INVALSI, attualmente focalizzato sulle competenze cognitive come italiano e matematica. Un simile approccio consentirebbe di riconoscere le soft skills come parte integrante del bagaglio di competenze degli studenti e della popolazione adulta, elevandole a un ruolo cruciale nella formazione del capitale umano del Paese.
Investire nella valutazione e nel potenziamento delle soft skills non è solo una priorità educativa, ma anche una responsabilità sociale. Queste competenze sono essenziali per costruire una società più inclusiva, resiliente e capace di affrontare le sfide del cambiamento. Valorizzarle significa porre le basi per un futuro in cui educazione e progresso sociale possano procedere di pari passo.
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