Le “soft skills” molto probabilmente diranno poco ai “più”, ma rappresentano forse la portata più interessante nelle abilità scolastiche e negli obiettivi sviluppati sul futuro dei nostri studenti nel loro ingresso nel mondo del lavoro. In un momento come quello della pandemia globale, le “competenze non cognitive” – un altro “modalità” per parlare sempre di soft skills – sono ancor più fondamentali: risolvere problemi, affrontare problemi in gruppo, gestire lo stress sono solo alcune di queste competenze e vanno sempre più osservate e potenziate in ambito scolastico, lavorativo e sociale. Ne abbiamo parlato nell’incontro di giovedì scorso sul Sussidiario.net dal titolo “Non cognitive skills: la ‘materia oscura’ che muove lo sviluppo”, alla presenza tra gli altri della viceministro dell’Istruzione Anna Ascani: il tavolo di confronto in video collegamento ha visto la collaborazione di Fondazione per la Sussidiarietà, Accenture e Nestlè Italia. Per Giorgio Vittadini – presidente Fondazione Sussidiarietà e responsabile di uno studio che collega le soft skills agli interventi educativi – «finora si pensava che per conoscere fossero importanti solo le nozioni, quello che invece abbiamo dimostrato anche per l’Italia è che sono fondamentali la stabilità emotiva, la capacità di avere relazioni con gli altri, la possibilità di imparare dall’esperienza, l’ottimismo e la speranza». Secondo il professore di Statistica all’Università Bicocca di Milano, i programmi stessi educativi possono migliorare se si tiene conto di tutte queste qualità.



SOFT SKILLS, IL FUTURO DEL LAVORO

Lo sviluppo di competenze non cognitive ha immediate ricadute sui programmi scolastici: lo ha dimostrato una ricerca della Provincia Autonoma di Trento, ogni “punto in più” su stabilità emotiva e capacità di avere relazioni con gli altri corrisponde a ben 12 punti in più nei punteggi Invalsi. «Leggere un libro produce un aumento di 3 punti Invalsi», e così via. La didattica per competenze è il vero punto di partenza per il cambiamento anche nell’ambito della scuola verso un futuro più integrato e sviluppato: la vice Ministro Ascani ha spiegato – sempre nell’incontro organizzato dal Sussidiario.net – «la distinzione tra competenze cognitive e non cognitive è un qualcosa di non attuale. Le competenze sono competenze di cittadinanza: bisogna partire al rovescio, ovvero dalla formazione dei docenti a queste nuove “realtà” può far raggiungere la convinzione che le competenze sono un unicum e non vanno mai scisse». Risulta evidente anche da diverse altre ricerche degli ultimi anni come le competenze non cognitive, se instradate da programmi scolastici specifici e aggiornati, sono un trampolino di lancio eccezionale per i giovani nel mondo del lavoro. Secondo Marco Travaglia (ad Nestlè Italia e Malta), in un futuro che vedrà sempre più il lavoro da remoto come componente fondamentale dell’esperienza lavorativa, bisognerà lavorare molto sulle “soft skills” come le relazioni tra colleghi nei momenti in cui si starà in ufficio: «le attività di relazione andranno concentrate nei momenti di lavoro in ufficio, favorendo quelle stesse attività di gruppo che stimolino la capacità di collaborare, di strategia, di affrontare il cambiamento». Le competenze “non cognitive” vengono illustrate anche dall’intervento di Fabio Benasso (Presidente e Amministratore Delegato Accenture Italia): «queste competenze chiedono un collante umano perché facilità il lavoro nelle aziende. L’ascolto, la capacità di problem solving sono elementi centrali perché permettono le aziende ad essere più resilienti e abituarsi a scenari che vengono stravolte di colpo come abbiamo imparato in questi mesi».



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