Prima un software, poi un’app per riuscire a comprendere il linguaggio dei neonati: il pianto. Sia per quelli con malattie, da ricoverare in ospedale, sia per coloro che sono in perfette condizioni di salute e che magari vogliono esprimere solo un bisogno fisiologico. Ci sta lavorando un team di medici e ricercatori del Centro Nina per la formazione neonatale, Università di Pisa con l’Istituto di Scienza e tecnologie dell’informazione del Cnr. Hanno realizzato un sistema di intelligenza artificiale che potrà “tradurre” il linguaggio dei bebè. In un database è stato caricato il pianto di 20 bambini di mamme italiane, seguiti in terapia intensiva e nel nido. L’IA ha lavorato in autonomia, captando la loro voce e isolandola dai rumori ambientali.



Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, questo sistema parte da un ragionamento: considerare il pianto dei neonati come segnale volontario e non accidentale del neonato, che così dice la sua. Invece, solitamente si ritiene che le espressioni vocali dei neonati siano casuali. Invece, l’obiettivo è realizzare un traduttore automatico da trasferire poi su un’app. In questo modo, le mamme capirebbero il significato del pianto dei loro neonati, non dovendosi affidare solo all’intuito.



INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER IL PIANTO DEI BAMBINI

Il pianto dei bambini, dunque, potrebbe essere una fonte ricca di informazioni, del resto è la loro lingua. Infatti, il pianto italiano è differente da quello francese, così come dall’inglese, per diversi aspetti. Dall’intonazione al ritmo e alla durata. Peraltro, nell’ultimo trimestre di gestazione il neonato apprende ascoltando la mamma. Il prossimo step sarà quello di raccogliere i gemiti dei piccoli londinesi. I risultati di questo lavoro sono stati appena pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Neural computing & application. Attualmente gli algoritmi di intelligenza artificiale assistono i pediatri moderni nella diagnosi precoce di malattie segnalando le anomalie del pianto. La maggior parte riguardano sordità, asfissia, ipotiroidismo, infezioni, insufficienza respiratoria. Il problema è l’ampia variabilità del pianto, che tali sistemi non riescono a coprire. Infatti, la costruzione di un database è complessa e dispendiosa non solo in termini di tempo richiesti al personale, ma anche di investimenti. Dunque, solo gli ospedali che hanno un’ampia disponibilità economica possono permettersi una banca dati, ma limitata.

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