Nel 1990 uscì nelle sale Sogni di Akira Kurosawa. Il Maestro aveva allora ottanta anni, ma girò altri due film, Rapsodia di Agosto (1991) e Madadayo – il Compleanno (1993) e si spense nel 1998. Aveva il “vizio” di scriverli, girarli e anche montarli. Non vinse mai l’Oscar, ma gli fu data una statuetta Onoraria nel 1990. Il che la dice tutta su Hollywood. Vinse a Venezia il Leone d’Oro nel 1951 con Rashomon e nel 1954 il Leone d’Argento con i Sette Samurai. A Cannes fu impalmato d’oro nel 1980 con Kagemusha – L’Ombra del Guerriero. Ma come non ricordare Ran (1985) e il bellissimo e umano Dersu Uzalua (1985) osannato da noi in Italia con il David di Donatello? I Sette Samurai è rimasto nella storia del cinema, tanto che molte pellicole hanno preso spunto da essa.



Ma torniamo a Sogni. Partiamo dal fatto che il produttore è Steven Spielberg, Martin Scorsese interpreta Van Gogh in uno degli episodi e George Lucas mette la sua mano per gli effetti speciali. Tre personaggi mica da poco che hanno voluto onorare il Maestro con la loro partecipazione. Ci aggiungiamo anche Chopin, ma di lui parleremo in coda.



I film di Kurosawa non sono certo di intrattenimento oppure spaghetti kung-fu, hanno sempre l’impronta del regista, che li ha pensati, scritti e realizzati partendo dal suo io, dalla sua spiritualità, dalla cultura e storia giapponese. Mai finti, pieni di suggestioni ma che lasciano pensare.

Sogni non fu accettato dalla critica in maniera benevola: un vecchio di ottant’anni che racconta in prima persona la sua vita a episodi, attraverso appunto dei sogni che gli ricordano la propria esistenza, scanditi dalle stagioni e dai colori, con elementi di drammaticità ma anche di positività. Poteva essere il suo testamento, ma per fortuna ha diretto, come dicevo, altri due film prima di volare in cielo. Se i tre americanos, Lucas/Spielberg/Scorsese, si sono imbarcati nell’avventura ci sarà stato un motivo profondo e non venale, sapendo in partenza che di schei con questo film non ne avrebbero fatti.



Gli episodi sono otto, ripercorrono la sua vita da bambino e adulto tra favole, racconti fantastici, drammi, sempre partendo dall’appartenenza alla spiritualità e cultura della sua terra. Mi soffermo su uno in particolare, Corvi, dedicato a Vincent van Gogh. Un uomo, un giovane artista, sarebbe Kurosawa, sta contemplando in una sala di museo i più famosi quadri del maestro e a un certo punto si ritrova magicamente catapultato nella realtà di uno di essi, dove delle massaie in riva al fiume stanno lavando i panni. Chiede loro dove può trovare il pittore, le donne dicono che è passato da poco e di stare attento perché è appena uscito dal manicomio.

L’uomo cammina in un paesaggio di campagna dai bellissimi colori finché non trova il pittore in un campo di fieno tagliato e di covoni mentre in piedi e di spalle sta disegnando degli schizzi. Ha un cappellaccio grande di paglia, un fazzolettone dalla testa al mento che gli copre le orecchie, quando si gira scopriamo che Vincent van Gogh è interpretato da Martin Scorsese. Gli dice che la bellezza della natura lo trascende fino a mettergli davanti il quadro finito e poi… il vuoto assoluto. Guarda, osserva, disegna e afferma: Io lavoro da schiavo e mi guido come una locomotiva. Il sole mi costringe a dipingere, non posso perdere tempo a parlare con lei.

Qui entra in maniera vigorosa l’immagine di una locomotiva a vapore che sferraglia sostenuta dall’impetuosa musica di sottofondo.

Raccatta le sue cose e se ne va. Il nostro si inebetisce dal sole, si gira e non vede più van Gogh. Cammina e si ritrova dentro i quadri del pittore. E qui è entrato in campo George Lucas con la sua maestria negli effetti speciali, che visti oggi un po’ fanno sorridere, ma allora erano all’avanguardia.

Vari minuti di escursione nei vari e bellissimi quadri, finché lo rivediamo nella campagna reale dove scorge in lontananza il pittore nel viottolo di un campo di grano e mentre scompare all’orizzonte si alza in cielo uno stormo di corvi. Dall’immagine reale ci ritroviamo nel museo davanti al quadro Campo di grano con voli di corvi, l’inquadratura si allarga e il nostro pittore si toglie in segno di riverenza il suo cappellino da pescatore.

Questo episodio dura dieci minuti, con veramente poche battute parlate. Di sottofondo la musica di Chopin che esalta Kurosawa alla ricerca di van Gogh. Una musica azzeccatissima, il Preludio 28, op 15, conosciuta ai più come La Goccia che è impeto e forza di ricerca costante nel cammino del giovane artista.

Il flashback della locomotiva è un omaggio ai creatori del cinema, i fratelli Lumiere. Anche questa una genialata. Sicuramente l’episodio Corvi è un saluto ossequioso e di affezione a van Gogh al suo stare alla natura e alla realtà, ma è anche un omaggio alla settima arte, il cinema, come trasposizione della bellezza, della storia, della natura come Kurosawa ha fatto con le sue pellicole.

Un Maestro del cinema, tre geni diversi cinematografici, uno dei più grandi pittori di sempre ed uno dei compositori per pianoforte più straordinari.

Sogni – episodio Corvi. Buona visione