Una recente intervista rilasciata dal ministro della Sanità americano, Vivek Murthy, ha evidenziato la sempre più diffusa solitudine tra i giovani in America. Una vera e propria epidemia, secondo l’esperto, che “può rivelarsi mortale come il fumo” aumentando il rischio di decessi prematuri “del 30%”. Il Giornale, quotidiano italiano, ha intervistato lo psichiatra Giancarlo Cerveri per capire se in Italia vi sia una situazione analoga.
La solitudine, afferma, sta prendendo sempre più piede anche in Italia, “sia per l’invecchiamento della popolazione, sia per il cambiamento dei nuclei familiari” avvertendo che “gli effetti sono drammatici“. In larga parte questa ancora ristretta, almeno nel Bel Paese, epidemia dipenderebbe “dal periodo della pandemia, delle restrizioni e del lockdown” che hanno causato “una frattura nelle relazioni“. A patire di più di solitudine, però, sarebbero attualmente gli anziani, che non sono rimasti al passo con i social, sui quali i giovani hanno investito tempo e risorse. La pandemia, spiega, “ha distrutto le relazioni [e] stando soli ci fissiamo sulle nostre paure, rafforziamo i pensieri personali e diventiamo meno capaci di confrontarci”.
Il rimedio alla solitudine: “Famiglia e scuola”
Insomma, la pandemia ha accentuato la solitudine anche in Italia, perché secondo lo psichiatra “chi già prima aveva difficoltà o paura nelle relazioni, è rimasto imprigionato in una vita più reclusa”. Non a caso, infatti, aumentano anche gli Hikikomori, che secondo l’istituto di fisiologia clinica di Pisa sono arrivati a quota 54mila solamente sul nostro territorio. “Credono di comunicare con l’esterno tramite i social”, spiega, e “non pensano di avere un problema”.
Complessivamente, secondo lo psichiatra ci sono pochi antidoti alla solitudine galoppante, ma cruciale rimane il ruolo della famiglia. “Devono essere i genitori ad accorgersene“, sostiene, “e a rivolgersi a servizi di salute mentale”. Similmente, però, anche la scuola, che “deve avere la capacità di coinvolgere i ragazzi per spingerli a chiedere aiuto, per accompagnare davvero la loro crescita”. I rischi di una vita in solitudine, conclude, è che i ragazzi diventano fragili, “rischiano di rifugiarsi nelle sostanze stupefacenti, e rischiano la depressione, così come gli anziani”.