Nella nuova puntata di oggi di Report, una delle inchiesta in programma avrà a che fare sulla situazione a Rosignano Solvay in riferimento al pesante inquinamento da Pfas provocato dalla celebre ditta belga di produzione del bicarbonato. Il servizio, non a caso, si intitola “Alla faccia del bicarbonato di sodio” e partirà dai dati inquietanti relativi ai danni provocati in Italia dall’industria chimica nel solo 2017. I numeri sono davvero da brivido: in mare sarebbero stati scaricate oltre 4 tonnellate di arsenico, quasi 6 tonnellate di cromo, 13 tonnellate di benzene e molti altri inquinanti, spesso autorizzati in deroga dal governo. A chi spettava in questi anni il compito di controllare che le sostanze immesse nell’ambiente non fossero nocive per l’uomo? Report ha tentato di fornire una risposta partendo da uno dei luoghi d’Italia dove si registra una vera e propria emergenza sanitaria legata ai Pfas. Se, infatti, finora si era parlato solo del Veneto come la Regione italiana nella quale si sono manifestati i principali effetti nocivi causati dalle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), è emerso piuttosto che l’emergenza è ben estesa anche altrove. Sotto questo punto di vista, Solvay sarebbe una delle aziende coinvolte.



SOLVAY, INQUINAMENTO DA PFAS: LA SITUAZIONE IN PIEMONTE

Cosa si nasconde davvero dietro le bianchissime spiagge di Rosignano Solvay, il centro in provincia di Livorno noto per la produzione di bicarbonato di sodio? Report ripercorrerà le tappe salienti della storia della multinazionale belga con diversi stabilimenti in Italia. Uno di questi si trova anche in Piemonte, precisamente a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria. Di recente, come riferisce Il Gazzettino, il prof Carlo Foresta, docente all’Università di Padova ed esperto di Pfas, ha ricordato che “la ormai tristemente nota Miteni di Trissino, nel vicentino, rappresenta il principale produttore di Pfas”, ma ha anche asserito che Solvay “ne è paradossalmente il principale acquirente e utilizzatore”. Non è un caso se proprio in Piemonte è stata condannata in Appello per disastro ambientale a causa dell’inquinamento da Pfas, immessi nell’ambiente da Solvay. “Per lo stabilimento piemontese sono infatti già noti al Ministero della Salute gli elevati livelli di inquinanti a valle dello scarico nella Bormida di Spigno, dove la concentrazione di Pfas si attesta tra i 300 e i 6.500 nanogrammi per litro di acqua”, ha spiegato il prof Foresta. Stando ad alcune rivelazioni dell’Ue, già nel 2006 era stata segnata una importante presenza di Pfas rilevata tramite prelievi delle acque del Po vicino alla foce in Adriatico. L’esperto ha aggiunto: “Risalendo la traccia contaminata lungo il fiume, i tecnici hanno rilevato una presenza di Pfas allo scarico dello stabilimento Solvay proprio in provincia di Alessandria”.



LA MISTERIOSA SOSTANZA: CHI SI OCCUPA DEI CONTROLLI?

Lo Stato italiano da anni discute sui limiti relativi allo scarico di questi pericolosi inquinanti non più in produzione. A tal proposito, Solvay ha già provveduto a sostituirli con un’altra sostanza che da 7 anni è immessa nell’ambiente. Si tratta di una sostanza misteriosa sulla cui pericolosità non ci sarebbero dati certi. Chi si occupa del suo controllo? Potrebbe trattarsi dei cosiddetti “Pfas di nuova generazione” per i quali non sono ancora disponibili standard analitici commerciali e le analisi a oggi sono esclusivamente sperimentali. Una cosa è certa, come ribadito anche di recente da Luca Zaia, presidente della Regione Veneto che, commentando le parole del professor Foresta ha indicato quella dei Pfas come “una tragedia di portata nazionale”, aggiungendo che “chi inquina deve pagare”. Zaia ha azzardato ad un paragone forse duro ma necessario a rendere il grado dell’emergenza stessa: “Quella dei Pfas è una vera emergenza ecologica nazionale, pari a quella legata alla diossina che colpì Seveso nel 1976, e da tempo ormai ci pone di fronte al fatto di non riguardare solo la nostra regione”.

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