SONDAGGI COMUNALI. A Milano il centrodestra non ha ancora trovato il suo candidato sindaco, ma un sondaggio di Tecné vede questa coalizione con il 45% di potenziali consensi davanti al ricandidato Giuseppe Sala, che si ferma un punto sotto (44%). Identica situazione a Roma: sempre secondo il sondaggio Tecné, Enrico Michetti (Cdx) raccoglie il 35%, cinque punti in pi di Roberto Gualtieri, candidato del centrosinistra, che si ferma al 30%. A Napoli invece Gaetando Manfredi, sostenuto da Pd, M5s e Leu, è in testa con il 42% rispetto al 31% ottenuto da Catello Maresca, appoggiato dalla coalizione di centrodestra.



In tutti i casi, M5s fuorigioco dai ballottaggi, visto che anche Virginia Raggi è accreditata di appena un 16%, poco sopra al 15% coagulato da Carlo Calenda. A livello nazionale, poi, è molto probabile una nuova avanzata del centrodestra, che già oggi vale più del 50%. Ma, avverte Carlo Buttaroni, siccome mancano ancora molti mesi al voto, tutto può ancora essere messo in discussione. A decidere sarà la capacità dei partiti e dei candidati sindaci di saper interpretare la grande voglia di cambiamento dei cittadini: “L’attuale euforia, dettata da un’emergenza sanitaria non più drammatica e pressante e dalla speranza che si avvicina l’uscita dall’incubo Covid, è paragonabile a quella che caratterizzò il secondo dopoguerra: la narrazione non è più concentrata su come si amministra bene l’esistente, ma su quale nuova società vogliamo costruire”.



A Milano secondo gli ultimi sondaggi il centrodestra è in vantaggio su Sala, pur non avendo ancora un candidato. Perché?

I sondaggi che misurano candidati reali contro candidati ipotetici sono destinati a cambiare inevitabilmente. Sul candidato ipotetico viene proiettato il proprio ideale, poi non è detto che chi ottiene l’investitura sappia mantenere l’aspettativa. Nel caso specifico di Milano, possiamo dire che il centrodestra misura un’area di consenso potenziale, mentre Sala rappresenta un’area reale. E’ come se partisse con un gap.

E se il candidato avesse un nome quanto ne beneficerebbe o meno la coalizione di centrodestra?



Dipende ovviamente dall’interprete. Il potenziale del centrodestra per crescere oltre il 45% deve rubare consensi a Sala, ma non è facile, perché parliamo di bacini e di idee spesso in contrapposizione tra loro. Può però perderli, se non sarà in grado di dare risposte alla voglia di cambiamento.

Proviamo per un momento a dare un volto a questo Mister X del centrodestra: Di Martigny si è defilato, restano in pista un candidato della società civile ancora da individuare e un politico come Maurizio Lupi. Oggi agli occhi degli elettori fa più presa un nome civico o un politico?

E’ un bel segnale che la politica non guardi all’interno del proprio circuito ristretto e si rivolga alla società cercando di trovare le migliori competenze, però è un momento in cui serve non tanto il “da dove vieni”, ma “dove vuoi andare”. L’importante è che la musica sia buona e l’interprete bravo: devono andare a braccetto. Non c’è più lo spazio per accontentarsi. Bisogna saper cambiare le lenti, non più per vedere da vicino, ma per guardare lontano.

Ma si può dire che dal punto di vista politico Milano è oggi contendibile?

Al momento è certamente così, anche se mancano ancora molti mesi al voto.

Come si spiega questa contendibilità? Sala paga per qualche errore?

Milano è contendibile non tanto perché Sala abbia governato male, anzi ha fatto anche cose molto buone. Il fatto è che con la lente del Covid è come se il passato si fosse azzerato.

In che senso?

Se dovessimo oggi coniare uno slogan è: guardiamo avanti. E’ come se i milanesi dicessero: ok, va bene quanto è stato fatto, tanto che i giudizi sull’amministrazione Sala sono nel complesso positivi, ma ora bisogna saper immaginare il come ripartiamo.

Quali sono i punti cardinali di questo guardare avanti: migliorare la sanità, contrastare la disoccupazione, rilanciare l’economia…

L’attuale euforia, dettata da un’emergenza sanitaria non più drammatica e pressante e dalla speranza che si avvicina l’uscita dall’incubo Covid, è paragonabile a quella che caratterizzò il secondo dopoguerra: la narrazione non è più concentrata su come amministro bene l’esistente, ma su quale nuova Milano, quale nuova società, quale nuovo mondo vogliamo costruire.

Ma la politica, le amministrazioni comunali sono in grado di raccogliere e di esprimere questa spinta?

Siamo da anni in una fase di bassa marea della politica, con una sorta di radicalizzazione all’interno dei perimetri politici, e non sempre la politica riesce ad esprimere questo fortissimo desiderio di cambiamento in progetti compiuti. Oggi la competizione vera è tra mainstream, cioè il governo della società che ci ha guidato fino all’avvento del Covid, e anti-mainstream, il governo della società che verrà. Nel giro di pochi anni cambieranno profondamente il modo di vivere, di lavorare, di relazionarsi. Non ci sarà continuità con il prima.

Questo vale solo per Milano, città all’avanguardia in Italia?

Vale per tutte le città, grandi e piccole. Non c’è più la predisposizione a guardare il futuro attraverso lo specchietto retrovisore. I cittadini vogliono risposte su questo guardare avanti.

Pensando al prossimo voto amministrativo, a interpretare meglio questa necessità dei cittadini sono i partiti, cioè le aree ideali di riferimento, o i candidati sindaci, cioè nomi e volti concreti, conosciuti, competenti?

Servono entrambi: alla politica spetta la scrittura dello spartito, tocca poi al grande interprete eseguirla al meglio. Faccio un esempio: tutti amiamo Morricone, ma la sua musica l’abbiamo apprezzata ascoltando le orchestre che le hanno eseguite.

Veniamo a Roma. Michetti del centrodestra è in vantaggio sui candidati del centrosinistra. Qual è al momento la sua marcia in più?

Michetti interpreta il desiderio di cambiamento che, per esempio, Gualtieri sa suscitare in modo meno vigoroso nell’immaginario collettivo, nonostante le sue esperienze politiche come europarlamentare prima e come ministro dopo.

In fatto di cambiamento Calenda, il padre di Industria 4.0, dovrebbe fare breccia, ma non va oltre il 15%. Come mai?

Vero, ma questo 15% lo raggiunge da solo e in questa fase mi sembra un ottimo risultato. Ma non deve commettere l’errore di giocare una partita tattica, attaccando i suoi avversari, cercando cioè di conquistare i consensi nei perimetri vicini e mettendo invece in secondo piano quanto ha lavorato bene in questi mesi ascoltando la città e proponendo idee.

Raggi fuorigioco con il suo 16% di consensi?

La Raggi, come del resto lo stesso M5s, che sta vivendo una profonda crisi di identità e di leadership, sta molto al di sotto dei livelli raggiunti quando fu eletta sindaco.

Come va letta la situazione di Napoli?

Manfredi è in testa con il 42%, ma nonostante sia appoggiato da tutti i partiti del centrosinistra ottiene meno del potenziale della sua coalizione, visto che Bassolino raccoglie il 13% e la Clemente l’8%.

Perché?

Perché nell’ambito del centrosinistra c’è una sinfonia ancora incompiuta. Pd e M5s si sono ritrovati sul nome, però ancora non sono riusciti a scrivere una partitura senza stonature: la conflittualità e la mancanza di chiarezza sugli obiettivi di questa alleanza limitano lo stesso Manfredi. Potrebbe crescere, ma rischia anche di calare nei consensi.

E Maresca?

Maresca ha un potenziale del 31%, ma il conflitto che si è creato tra accentuazione del civismo o quale spazio dare al centrodestra può nuocergli. Contrapporsi ai partiti non fa crescere i consensi, perché rende i perimetri meno chiari. I partiti, alla fin fine, rappresentano un territorio famigliare, sono come i vicini di casa: magari non ci piacciono, ma sappiamo con chi prendercela…

Gli astenuti e gli incerti a Milano sono il 45%, a Roma il 54% e a Napoli il 48%: l’elettorato è sempre più fluido. Ma come si conquistano questi potenziali elettori che possono sovvertire anche i pronostici che sembrano più scontati?

Bisogna sedurli con un’idea forte che riguardi il futuro: il Covid ha cambiato la vita a tutti, occorre essere capaci di dire parole che permettano di guardare avanti con fiducia. Il fatto che non esista più il voto ideologico non significa che non esistano più ideali.

A livello nazionale il prossimo voto amministrativo sarà ancora caratterizzato da una forte avanzata del centrodestra?

Già oggi il centrodestra è oltre il 50% ed è molto probabile che crescerà, perché nel campo del centrosinistra e dei Cinquestelle non esiste una geometria politica chiara, percepibile dagli elettori. Il centrodestra appare agli occhi dei cittadini, nonostante alcune asperità interne, una coalizione. Stessa cosa non si può dire per il centrosinistra, più litigioso e che non sempre e non ovunque si presenta unito.

Quali consensi raccolgono oggi i singoli partiti?

La Lega è sopra il 20%, avanti di un’incollatura su Fratelli d’Italia: ormai sono quasi alla pari e a breve non è da escludere un sorpasso. Il Pd viaggia poco sotto il 19%, il M5s è attorno al 15% e Forza Italia poco oltre il 9%.

(Marco Biscella)

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