SONDAGGI – Secondo l’ultimo sondaggio di Ixè, il Pd al 21,6% registra una crescita costante da una settimana, il M5s risale al 15,4% invertendo il trend negativo, mentre FdI, al 13,7%, compie un nuovo salto in avanti. Anche la Lega al 27,7% guadagna un po’ di terreno, però il vantaggio sui Dem si riduce a soli 6,1 punti percentuali, mentre dopo le elezioni europee il gap era quasi doppio (11,6 punti). Quanto agli altri partiti, Forza Italia scende al 5,9% e Italia Viva resta stabile al 3%. Tra i leader politici il premier Conte con il 40% (in leggerissima ripresa) conserva l’indice di gradimento più alto, seguito da Giorgia Meloni (33%), Matteo Salvini (31%) e Nicola Zingaretti (27%), Più staccati gli altri: Luigi Di Maio è al 20%, Silvio Berlusconi al 18% e Matteo Renzi al 12%. La fiducia nel governo Conte, invece, rimane bassa: il 63% degli intervistati dichiara di avere poca e nessuna fiducia, mentre solo il 37% dichiara di averne abbastanza o molta. In questo scenario, ha influito la gestione dell’emergenza coronavirus? “Non c’è dubbio – risponde Roberto Weber, responsabile dell’area sondaggi di Ixè -, c’è un’influenza indiretta: aumenta il Pd, risale leggermente il M5s, così come la fiducia nel governo. Direi che finora il primo round legato alla vicenda coronavirus è stato ampiamente dominato dal fattore politico, non c’è stata una gestione neutra, perché questa è una guerra combattuta senza armi, e a uscirne rinsaldati sono proprio i partiti della maggioranza giallo-rossa. Per adesso”.
Perché dice per adesso?
Bisogna capire cosa accadrà nei round successivi, perché adesso il governo deve gestire il problema dell’isolamento del paese.
Il leggero rialzo del gradimento per il governo è maturato al Sud oppure anche al Nord, più colpito direttamente dai focolai e dall’emergenza Covid 2019?
Credo che il Nord abbia contribuito a questa buonissima tenuta dell’apprezzamento verso il governo. Però, ripeto, ora questa tenuta andrà verificata nelle prossime settimane.
Visto che le opposizioni accusano il governo di incertezza e di inettitudine, secondo lei che cosa hanno apprezzato gli italiani nella risposta del governo all’insorgere delle infezioni?
Il fatto che Conte non abbia mai assunto posizioni urlate, abbia adottato tecniche d’intervento pacate e la fiducia in un servizio sanitario che dimostra di funzionare. Insomma, è arrivato all’opinione pubblica un messaggio di rassicurazione.
Però sulla comunicazione il governo non ha brillato particolarmente: fino a una settimana fa continuava a ripetere che tutto era sotto controllo, poi all’improvviso si è passati a misure emergenziali molto stringenti…
Ma alcune misure sono state adottate su impulso delle stesse Regioni, tutte a guida leghista. Pensi al Friuli Venezia Giulia, dove il governatore Fedriga, pur in assenza di contagiati, ha dichiarato lo stato d’emergenza. Quello che, da qui in avanti, andrà approfondito è se con il passare del tempo si paleserà un certo disorientamento. E c’è una cosa grave.
Grave per chi?
Per il sistema Paese, non per Conte o Zingaretti o Salvini. E’ un problema generale di inadeguatezza. Tutto quello che si è fatto non ha minimamente tenuto conto dei riflessi internazionali, di ciò che avrebbero pensato di noi all’estero. Il pensiero profondo di questa classe dirigente è che tutto il gioco consiste nella conquista del consenso interno, mentre la credibilità esterna, che pure va considerata, sfugge. Adesso bisogna correre ai ripari.
La fiducia in Giuseppe Conte risale intorno al 40%, ma quella del governo resta molto bassa: più di 6 italiani su 10 non sono soddisfatti del Conte 2. La divergenza ha un motivo?
Nella quota di chi risponde sulla fiducia al governo c’è un’ampia fetta che non vota, oggi pari a circa il 35-36%, persone che possono esprimere un giudizio negativo, ma in teoria non rientrano nel gioco elettorale. Agli esordi e ai tempi del governo giallo-verde la fiducia nel governo sfiorava il 45-50%, mentre oggi riscuote minori gradimenti anche perché la situazione politica si è fortemente bipolarizzata. E comunque i governi, finché stanno su percentuali di gradimento sopra il 30%, mostrano una moderata legittimazione, che diventa forte sopra il 40%. Tenga presente, per esempio, che quando sono caduti i governi Prodi e Renzi, la loro fiducia era sotto il 25%. Detto questo, il Conte 2, dal punto di vista dei sondaggi, non è agli sgoccioli.
Perché il Pd è in risalita, tanto che il gap con la Lega è ridotto a poco più di 6 punti percentuali?
Noi utilizziamo due tipologie di stime con diverse ponderazioni. In alcuni casi le stime tendono a convergere, come per il Pd che raccoglie il 19% e il 21%; in altri, come per Italia Viva, convergono fino a coincidere, entrambe al 3%, nel caso della Lega invece divergono in maniera robusta: si va da un massimo di 29,5% a un minimo di 25,5%.
Questo cosa significa?
Che bisogna considerare o l’affluenza, cioè quanti andranno a votare o meno, oppure che il gradimento della Lega sconta una indubbia fragilità relativa rispetto a prima, visto che comunque il Carroccio resta il primo partito in Italia. Forse Salvini non riesce più a tenere insieme l’ala moderata e quella più estrema. E poi al Sud i conti non tornano, come si è visto nelle regionali in Calabria o alle ultime supplettive a Napoli, dove è andato a votare solo il 10% degli elettori. Vuol dire che si sta facendo largo un nuovo attendismo, che non trova risposta politica.
Il calo della Lega coincide ancora con la crescita di Fratelli d’Italia?
Sicuro. Una parte dei voti leghisti è finita nell’astensione e una parte cospicua a FdI. Lo stesso vale per Forza Italia, che ha perso qualcosa finito alla Lega, qualcosa al partito della Meloni e molto nell’astensione. Sono però in gran parte travasi tutti interni al centrodestra, perché tra le due coalizioni non ci sono passaggi, se non limitatissimi come nel caso molto particolare dell’Emilia.
Il M5s ha frenato la sua caduta, anzi ha registrato una ripresa dal 14,9% al 15,4%. Che cosa ha determinato questa inversione?
Anche per il M5s vale lo stesso discorso fatto per la Lega: le due stime non convergono, visto che oscillano tra un massimo del 17% e un minimo del 12%. Segno che ci sono sommovimenti interni ancora in corso. A mio avviso, hanno beneficiato del silenzio, hanno parlato poco. E poi c’è il fattore Conte, che per il M5s è un fattore di coesione.
Renzi sulla prescrizione ci ha messo la faccia, per guadagnare visibilità, ma la strategia non ha dato frutti, visto che Italia Viva resta inchiodata al 3%. Che cosa non funziona?
La sua fiducia complessiva è al 13%, molto bassa. Se dovessimo misurare la fiducia in Prodi o in D’Alema, che ormai sono fuori dai giochi, otterremmo gli stessi livelli di Renzi. Gode di un consenso robustissimo per fedeltà, costruito e nutrito negli anni di governo, ma non per estensione, è molto ristretto, perché non ha credibilità fuori dall’area degli ex Pd. Quindi gli diventa difficile il gioco al centro, che in realtà, ci fosse un’offerta adeguata, coagulerebbe almeno un 10% di consensi, che in un sistema di voto proporzionale conta eccome. Ma non lo potrà fare lui, né gli ex di Forza Italia, né il Pd.
Perché?
Perché sono tutti figli e vittime della precedente fase bipolare, che ha visto contrapposti, da un lato, i democratici del Pds-Ds-Margherita e Berlusconi dall’altro. Perciò trovare una credibilità unificante nell’area moderata, che pure potrebbe essere decisiva, è molto difficile.
La vicenda coronavirus potrebbe spingere di nuovo l’Italia in recessione. Visto che i temi economici sono sempre molto sentiti dagli italiani, sulle ricette per far ripartire l’economia, a partire dai luoghi colpiti dall’infezione, il governo si gioca una buona fetta di credibilità e di gradimento?
Questo governo non regge se non vara misure economiche radicali, strutturali, pesanti. Rischia una caduta verticale e se il gradimento cala al 20-25%, un governo inevitabilmente cade o c’è qualcuno che lo fa cadere. E’ sempre accaduto.
Un’ultima domanda: in queste ore si parla di un possibile governissimo, un esecutivo di larghe intese per traghettare il paese fuori dall’emergenza coronavirus e verso le elezioni. Sarebbe una soluzione gradita agli italiani?
Non credo.
Neanche se a benedire questo governissimo fosse lo stesso Capo dello Stato, che ancora gode di grande fiducia?
Non basterebbe. Primo, perché ci sarebbe bisogno di una figura come Mario Draghi, ma non credo che l’ex governatore della Bce accetti di infilarsi in una situazione del genere. Secondo, non ci sono più partiti forti e strutturati come la Dc e il Pci nè leader del calibro di Aldo Moro ed Enrico Berlinguer.
(Marco Biscella)