A giugno-luglio c’era più ottimismo – dicono i sondaggi di Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos – poi la variante Delta, anche grazie all’informazione, ha impresso una svolta e aumentato la paura di 13 punti percentuali. Quando Macron ha introdotto il passaporto sanitario, per il 23% degli italiani era uno strumento illiberale; ora i contrari sono il 12% e non ci sono argomenti o pressioni che possano possa scalfirli. Il pass vaccinale non sposta voti e intacca di appena 2 punti il consenso del governo. È destinato invece a riemergere il problema migratorio: l’Italia è il quarto paese al mondo dove l’arrivo di immigrati è denunciato come motivo di tensione.
Com’è percepita oggi la pandemia da Covid-19?
Siamo di fronte a una sorta di presbiopia. Per il 27% degli italiani il Covid è una minaccia elevata o molto elevata per se stessi. Se si chiede se sia una minaccia per la famiglia, si sale al 30%. Se tale minaccia è riferita alla propria comunità o alla città, saliamo al 41%, se è riferita all’Italia saliamo al 57% e se è riferita al mondo, al 72%.
C’è apprensione per il futuro nel breve termine?
L’82% degli italiani pensa che nel prossimo periodo ci sarà un aumento dei contagi. Da questo punto di vista si registra una curva interessante, relativa a coloro che pensano che il peggio sia passato.
Può quantificare?
Nel marzo 2021 a pensarlo era l’11%. A giugno-luglio lo pensava il 48-49%: una consistente diminuzione degli sfiduciati. A inizio agosto, invece, coloro che ritengono che il peggio sia passato sono scesi al 35%.
È una variazione consistente?
Sì, 13 punti sono tanti. Vuol dire che la variante Delta è percepita come un pericolo.
Non crede che la diminuzione della fiducia e l’aggravarsi delle prospettive abbia un’esatta corrispondenza con quanto accaduto a livello mediatico dalla fine degli Europei in poi?
Assolutamente sì. Noi sondaggisti registriamo l’opinione publica, che ovviamente è influenzata anche dai media.
A metà luglio Macron ha introdotto il green pass. Due giorni dopo il nostro governo ha cominciato a ventilare l’ipotesi. Cosa può dirci in merito?
Quando Macron ha posto l’obbligo del pass sanitario per accedere ai luoghi pubblici, abbiamo chiesto l’opinione degli italiani. Il 66% ci ha detto che era una misura necessaria per far fronte all’aumento dei casi, mentre per il 23% violava la libertà di chi non vuole farsi vaccinare. L’11% non si è pronunciato.
Il green pass non certifica l’impossibilità né di contrarre la malattia né di trasmetterla. Convince chi non si è vaccinato a vaccinarsi?
Come strumento di induzione non ha un effetto così dirompente. C’è un 12% di italiani che non si vaccinerebbe anche a rischio di non entrare nei luoghi pubblici.
Lunedì il ministro Speranza ha detto che in 3 giorni sono stati scaricati 20 milioni di green pass.
Prendiamone atto. Tra chi non è ancora vaccinato o non ha ancora deciso di vaccinarsi, l’effetto di induzione è più alto tra i giovani, mentre è molto più ridotto sugli adulti. Si potrebbe dire che il green pass ha generato un’accelerazione verso la vaccinazione in quelle persone che avevano già deciso di vaccinarsi e stavano solo tergiversando. Mentre non fa cambiare idea a chi è contrario.
Chi sono i giovani che hanno scelto di vaccinarsi?
La generazione Z (nati tra il 1997 e il 2010) e i millennials (pendo1980-1996).
Qual è la sua opinione di ricercatore verso chi non si vaccina?
Un ricercatore deve sapere che i no vax e i free vax ci sono e quantificarli. E poi rispettarli.
L’entrata in vigore il 6 agosto delle misure previste nel primo decreto sul green pass ha prodotto un fatto nuovo: le regole sono di difficile applicazione, perché la verifica è quasi impossibile.
Siamo in una situazione che ricorda la tassa di scopo, il cui gettito era destinato alle città d’arte. Gli albergatori sostenevano di non poter diventare l’ente di riscossione. Qui è la stessa cosa. Ma è difficile obbligare una persona a farsi identificare da chi non è la forza pubblica. Infatti il ministro dell’Interno ha fatto retromarcia.
Questo potrebbe avere conseguenze in termini di consenso per lo strumento?
Non ho dati in proposito. Si può però dire che il green pass ha dei limiti e quello più evidente risulta da quanto è accaduto.
C’è nei lavoratori, soprattutto dipendenti, il timore di dover fare il green pass per lavorare?
Assolutamente sì. Anche perché la cronaca ci segnala costantemente episodi di abusi di vario genere.
Il passaporto sanitario può portare a una contrazione dell’economia?
È possibile, nella misura in cui può ridurre gli spostamenti e le frequentazioni di alcuni locali. Ma chi ha il green pass va tranquillamente nei ristoranti e prende i treni. La contrazione potrebbe essere dovuta a quelli che non vogliono avere il green pass: saranno costretti a ridurre le loro uscite. Ma parliamo di una quota minoritaria del paese, pari a quel 12% circa che abbiamo detto.
L’obbligo del green pass sta spostando voti?
No, perché i contrari al green pass erano già schierati. Chi può perdere un po’ di consenso sono i 5 Stelle, che avevano e hanno all’interno della loro base elettorale una quota di no vax.
Non la Lega, che sul green pass annovera contrari e favorevoli?
No. A destra c’è un 30% di elettorato essenzialmente instabile che potrebbe votare per la Lega come per FdI. Ma non è l’obbligo vaccinale a orientarlo.
Per inciso, di che tipo di elettorato si tratta?
È empatico, instabile, tipicamente di protesta. È transitato dal Pdl verso Lega e M5s nel 2018, poi ha premiato la Lega alle europee. Fatica a stare dentro un’operazione di governo. Non è perso da Salvini, né definitivamente acquisito dalla Meloni.
Chi c’è davanti?
La Lega (20,1-21,1%) è il primo partito davanti al Pd (19,7-20,9%). FdI è in lieve flessione, 19,4-19%.
E per quanto riguarda il governo?
Con il green pass ha subìto un leggero rallentamento, parliamo di 1-2 punti. Come nel caso dei partiti, sono le cosiddette oscillazioni campionarie.
La cronaca degli ultimi giorni ha riproposto due temi: ius soli e migranti. Il primo fa registrare differenze nell’opinione degli italiani?
No, manca un’idea chiara, siamo ancora in alto mare. C’è però tensione sui flussi migratori.
Che cosa intende?
Come Ipsos abbiamo fatto una ricerca sui principali motivi di tensione in 24 paesi del mondo. In Italia la tensione tra italiani e immigrati è percepita dal 79% dell’opinione publica, un dato che ci colloca 13 punti sopra la media globale (66%). Peggio di noi sul tema migratorio sono solo Belgio, Perù e Sudafrica. Quello migratorio è un tema rimasto sottotraccia in questo periodo perché ci sono altre priorità, ma è sempre presente.
Può spiegare meglio il senso della “percezione” del problema che ha citato?
Se chiediamo se sta aumentando diminuendo la tolleranza verso gli immigrati in Italia, il 79% ci dice che sta diminuendo.
(Federico Ferraù)
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