GLI ITALIANI E LE PASSIONI, COME CAMBIANO IN 8 ANNI: I SONDAGGI DEMOS E LA CRISI DELLA FEDE

Secondo uno degli ultimi sondaggi Demos & Pi raccolti da Ilvo Diamanti per “La Repubblica” ci sarebbe un 15% di italiani in meno che identifica la propria passione e interesse nei confronti della Chiesa e in generale della vita religiosa in Italia. Lo spiega lo stesso Diamanti sul quotidiano “Rep” citando i dati emersi nella rilevazione condotta il 5-8 febbraio 2024 da Demetra con metodo mixed mode: la comparazione viene fatta con gli stessi sondaggi compiuti nel 2016, mostrando appunto la differenza in peggio dell’attuale “sentiment” generale degli italiani per la religione.



A domanda secca su quali passioni vengono provate dagli intervistati per alcune realtà citate dal sondaggio Demos, il 60% dà 8-10 punti (nella scala di valori richiesta al singolo elettore) alla città, la regione o il proprio Paese: insomma, un interesse importante resta per il territorio, per la propria comunità sociale e cittadina. Cala invece molto l’interesse per la “religione o la comunità religiosa”, scesa di ben 15 punti rispetto al 2016: ad oggi infatti solo il 39% degli intervistati ritiene importante la propria pratica religiosa. Diamanti mette in relazione i risultati di questo sondaggio con quelli ancor più approfonditi di recente dal sociologo Luca Diotallevi, il quale nella ricerca “La messa è sbiadita” riflette sul calo di interesse per giovani e donne nei confronti della religione. Secondo tale analisi – che prende in considerazione i dati Istat dal 1993 al 2019 – si smentirebbe la presenza di una “eccezionalità italiana” nella partecipazione alla vita religiosa rispetto al resto dell’Occidente: «La messa in Italia è “sbiadita”, se non finita. La partecipazione al rito domenicale è passata dal 37,3% della popolazione adulta nel 1993 al 23,7% del 2019 con un “declino” che promette di allargarsi con l’avanzare delle nuove generazioni, smentisce una presunta “eccezionalità italiana” e, soprattutto, tende ormai a coinvolgere le donne non meno degli uomini», scriveva Diotallevi nel suo intervento su “La Repubblica”.



LA FEDE, I GIOVANI E LE PASSIONI “TRISTI”: COSA DICONO I SONDAGGI DI ILVO DIAMANTI

Meno della Chiesa e della religione – che valevano il 54% di interesse nel 2016 – troviamo oggi “la squadra o lo sportivo per cui si tifa” al 31% delle passioni dimostra, ultimo al 20% “il partito, movimento o leader politico” anche se il dato è in netta ripresa del 5% dopo gli anni difficili della pandemia Covid-19. È una sorta di instabilità generale che viene analizzata dalla ricerca, con i dati che mostrano una crisi sostanziale soprattutto tra i giovani davanti i vari settori della vita sociale.



La passione verso la religione cresce solo quando si superano i 50 anni, sottolinea ancora Diamanti citando l’ultimo sondaggio Demos: fra i più giovani non si osservano “passioni particolari”, tuttavia resta indubbio che viviamo in «un’epoca di passioni tristi», definizione data da Miguel Benasa- yag e Gerard Schmit e ispirata al filosofo Baruch Spinoza. Tristi in quanto non si spingono e non aiutano a guardare avanti, riflette in ultima analisi Diamanti su “Repubblica”: «accentuano il nostro legame con il presente. Con il territorio. Qui e ora. E, quindi, generano senso di impotenza. Mentre la fiducia negli altri e, in generale, la “fede”, che è all’origine della “fiducia”, diventa più instabile. Fluida». Il problema di tale fluidità instabile, conclude il sondaggista, è che si rischia sempre più di perdere il futuro proprio e della società, di perderci in fondo «in un presente senza fine».