I sondaggi accreditano Mario Draghi, all’inizio della sua nuova avventura da presidente del Consiglio, con un ricco bagaglio di consensi, visto che raccoglie la fiducia del 61% degli italiani (superato solo dal presidente Mattarella con il suo 70% abbondante), mentre Giuseppe Conte è uscito di scena con un apprezzamento, in costante calo per l’alleanza giallo-rossa nell’ultimo anno, precipitato al 30,6%. La discesa in campo dell’ex presidente della Bce ha giovato soprattutto ai partiti del centrodestra: salgono sia chi appoggia il suo governo – rispetto a un mese fa la Lega è oggi al 23,9% (+0,7%) e Forza Italia al 10,6% (+0,2%) – sia chi si pone come punto di coagulo dei “non draghiani”, come Giorgia Meloni, visto che Fratelli d’Italia guadagna lo 0,8% e sale al 17,4%. Discorso inverso per l’asse portante del Conte-2: il Pd ha perso lo 0,9% (ora vale il 19,3%), mentre M5s ha lasciato sul campo l’1,2% (13,1%). E’ l’ultimo barometro con cui Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè e direttore di T-Mag, ha misurato la temperatura di leader e partiti politici. E cosa si aspettano gli italiani da Draghi? Tre priorità: per il 62,6% che affronti con una linea chiara l’emergenza Covid (che è tornata al primo posto fra le maggiori preoccupazioni), per il 62,1% che risolva il problema del lavoro e per il 48% che rilanci l’economia.



Il nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, sembra essere partito in quarta, raccogliendo il 61% di italiani che gli danno fiducia: che cosa li convince?

Convincono due cose: l’indiscutibile competenza, riconosciuta da tutti e che lui ha saputo mettere in campo, come ha dimostrato salvando l’Italia; e poi la sobrietà. Draghi rompe gli schemi rispetto al recente passato, basti pensare a Conte, che faceva dei social e delle presenze in tv uno stile comunicativo. Draghi è l’esatto opposto: non solo non è presente sui social, ma si caratterizza per le poche parole, quelle giuste e pronunciate nel momento più opportuno. Alla potenza dei decibel si sostituisce la qualità e la purezza delle informazioni, senza fronzoli, senza arzigogoli, senza alzare i toni.



Il trend della fiducia è in crescita?

Prima dell’incarico l’apprezzamento nei suoi confronti era già alto, ma nel momento in cui gli è stato conferito l’incarico è balzato all’insù, come se gli italiani lo avessero scoperto sotto un’altra veste: non tanto l’abile economista che guidava la Bce, quanto un italiano capace di farsi valere nel mondo e che metteva a disposizione il suo prestigio e le sue competenze al servizio del paese. E’ stato percepito, più di Monti, come una figura che ha messo in stand by un sistema politico in crisi per rimettere l’Italia in moto. Una trasposizione da tecnico a politico che lo ha caricato di aspettative positive.



Forse anche eccessive, non crede?

Questo può essere il pericolo maggiore che corre Draghi: le aspettative, le attese spasmodiche che ha suscitato come uomo che deve salvare le sorti del paese. Possono diventare un boomerang micidiale, come lo sono state per Renzi e per Monti. Anche perché Draghi, per quanto bravo e competente, si muove su un sentiero stretto e minato, visto che i problemi e i ritardi dell’Italia rimangono tutti sul terreno: le riforme inattuate, il debito pubblico elevato…

Rischia di avere una luna di miele corta?

Sì. Gli italiani si aspettano risposte, risultati. Il credito di cui gode potrebbe essere bruciato in fretta e i prossimi mesi saranno decisivi.

Il governo Draghi, con il suo mix tra tecnici e politici, fra novità e conferme, quanto piace?

Questa coabitazione variegata tra partiti che fino a qualche giorno prima se ne erano dette di tutti i colori piace un po’ meno, perché suscita nell’opinione pubblica sentimenti contrastanti: il gradimento, che gode comunque di un effetto traino da parte di Draghi come capo macchina, si ferma al 58,4%, mentre a livello di soddisfazione per la composizione del nuovo esecutivo la quota scende al 52%, quasi dieci punti in meno rispetto alla fiducia in Draghi.

Un gradimento uniforme o ci sono differenze a livello territoriale?

Il gradimento è molto trasversale.

Borsino dei leader politici: Draghi fa da lepre, alle sue spalle chi sta guadagnando e chi perdendo terreno?

Trainati da Draghi, nell’ultima settimana hanno guadagnato tutti i leader che hanno appoggiato il suo governo, soprattutto quelli del centrodestra: Salvini è cresciuto dello 0,7% al 32,8% e Berlusconi dell’1,6% fino al 26%.

E la Meloni, che invece ha deciso di andare all’opposizione?

La Meloni, al 38,8%, resta al secondo posto alle spalle di Draghi, e ha guadagnato l’1%, proprio perché rappresenta la linea dei “non draghiani”.

Nel centrosinistra?

Zingaretti, oggi al 23% e Crimi, al 9,1%, hanno guadagnato meno, perché è come se nell’opinione pubblica emergesse la voglia di una netta discontinuità con il governo giallo-rosso, che era già in fase calante prima che arrivasse Draghi.

Anche Conte quindi ha pagato dazio?

Conte ha pagato il prezzo più caro, al di là di meriti e demeriti: ha chiuso la sua esperienza di presidente del Consiglio con una fiducia al 30,6%, quasi la metà rispetto a quella raccolta da Draghi inaugurando il suo nuovo esecutivo. Effetto del tutto comprensibile, perché dopo un anno in cui il Conte-2 ha continuato a perdere molti consensi a causa delle troppe confusioni, incertezze e incoerenze, la fiducia è come caricata a molla.

La fiducia in Mattarella?

E’ sempre alta, anzi ne ha recuperata ancor di più per il modo in cui ha tirato fuori la carta giusta al momento giusto. Oggi è sopra il 70%.

E’ nato un governo di unità nazionale: che riverbero ha avuto sulle intenzioni di voto dei vari partiti?

Hanno guadagnato tutti, tranne Pd-M5s-LeU, l’asse portante del governo Conte, che invece hanno perso qualcosa. Rispetto a un mese fa, quando è sostanzialmente iniziata la crisi, la Lega, che resta sempre primo partito, guadagna lo 0,7% e sale al 23,9%; il Partito democratico cede lo 0,9% e ora vale il 19,3%; Fratelli d’Italia cresce ancora dello 0,8%, arrivando a quota 17,4%; il M5s scivola al 13,1%, perdendo l’1,2%; Forza Italia (+0,2%) si attesta al 10,6%. Molto più indietro troviamo LeU, che lascia sul terreno lo 0,4% scendendo al 3%. Il dato interessante è Italia Viva, che guadagna mezzo punto percentuale, risalendo al 2,7%.

Perché?

Aveva perso molto nel momento in cui Renzi aveva aperto la crisi, ma questo +0,5% è come il riconoscimento del merito di aver contribuito a portare Draghi a Palazzo Chigi.

Che cosa si aspettano da Draghi gli italiani? Ci sono delle priorità da “programma dei primi 100 giorni”?

Sono tre. Al primo posto con il 62,6% c’è l’emergenza Covid: gli italiani chiedono a Draghi una linea chiara, precisa, sulle politiche necessarie per abbassare la curva dei contagi e soprattutto sulle vaccinazioni. Allo stesso livello, 62,1%, c’è poi il problema del lavoro, a partire dalla scadenza del 31 marzo quando finirà il blocco dei licenziamenti. Terza priorità, con il 48%, da inserire nel cruscotto dei primi 100 giorni è la ripresa economica per tentare un rimbalzo nel 2021, dai ristori attesi alle misure più concrete di contrasto alla crisi.

L’emergenza Covid è tornata a essere la prima preoccupazione?

La preoccupazione è altissima. Dall’estate in poi, con la seconda ondata e adesso il timore di una terza, è come se gli italiani si fossero risvegliati ancora più impauriti. Non c’è assuefazione ai ricoveri o ai decessi per Covid, tutt’altro.

Circola l’ipotesi di un nuovo lockdown. Che ne pensano gli italiani, sono più favorevoli a una linea morbida e aperturista o dura?

La prima richiesta è la chiarezza: che ci sia una linea, un indirizzo che porti a dei risultati. Gli stop & go non sono più sopportati. Con la strategia dell’apri-e-chiudi, tra l’altro decisa sempre all’ultimo minuto, a rendere particolarmente insofferenti gli italiani è l’impossibilità a programmare. E’ più facile programmare un lockdown di un mese piuttosto che non sapere in che colore sarà la propria regione e cosa si potrà o non potrà fare la settimana successiva. Un’incertezza che deprime l’economia e le relazioni sociali. Il Conte-2 è stato danneggiato pesantemente proprio dalla strategia ondivaga nel contrasto all’emergenza coronavirus e, a seguire, nel sostegno all’economia.

Draghi dovrà affrontare subito l’emergenza economica. La prima priorità è il lavoro. E il Recovery plan? Quanto conta per gli italiani?

Il punto è un altro: il Recovery plan, propedeutico per avere i 209 miliardi della Ue, sfugge ai più, è un capitolo tecnico, sta sullo sfondo della scena e poi gli italiani sanno che quei fondi arriveranno. Il Recovery viene percepito come un fattore trascendente, mentre l’immanente è fatto di altro: la paura di perdere il posto di lavoro, l’incertezza di sapere se tra un mese la propria attività sarà ancora aperta, lo spettro dei fallimenti. In questo momento l’attenzione è concentrata sulla ripartenza.

Si parla tanto di riforme: fisco, giustizia, Pubblica amministrazione. Temi trascendenti e non immanenti anche questi?

Se oggi non so se avrò i soldi per arrivare a fine mese e se il mio negozio riuscirà a restare aperto, è naturale che mi aspetto una soluzione rapida soprattutto a questi problemi immediati. Sul resto, gli italiani sanno bene che il paese ha bisogno come il pane di queste riforme: abbiamo una Pa che non funziona, un sistema di controlli ossessivo che penalizza imprese e lavoratori, un sistema giudiziario da riformare perché nessuno investe se deve aspettare 10 anni per vedersi pagato un credito o risolto un contenzioso in sede civile. Ma ora vengono in secondo piano.

Tradotto in numeri?

Tra le priorità il 42,8% indica la riduzione delle tasse, il 25,8% l’adeguamento delle pensioni e degli stipendi al costo della vita, il 14% la riforma della burocrazia, il 9,8% la riforma della giustizia e appena il 4,4% la riforma della sanità.

Si è parlato molto del ministero per la Transizione ecologica. A chi interessa? Ha fatto breccia nell’immaginario degli italiani?

Il nome non molto, questi tecnicismi non scaldano i cuori. Di certo, segna un indirizzo politico, su cui tra l’altro convergeranno gran parte dei fondi del Next Generation Eu, ma a contare sarà la messa a terra delle risorse che arriveranno dall’Europa. Poco importa che lo faccia il ministero dell’Economia, quello dello Sviluppo economico o quello, appunto, della Transizione ecologica.

A proposito di Europa, con Draghi l’Italia si ritrova un leader prestigioso a livello Ue. Che percezione c’è oggi dell’Europa? Quanta fiducia nutrono gli italiani nei confronti di Bruxelles?

Il rapporto con l’Europa è indubbiamente migliorato, ma credo che gli italiani abbiano riscoperto soprattutto il valore dell’euro. Lo spread attorno a 100 non dipende solo dal fatto che i mercati si fidano di Draghi, ma anche dall’ombrello di una moneta unica che fa da scudo, potendo contare su una “fanteria” di 500 milioni di europei che la utilizzano.

(Marco Biscella)

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