“Tutti rischiano, non solo i 5 Stelle, dipende dalla campagna elettorale e da queste ultime ore” dice Renato Mannheimer, stando ai suoi sondaggi. Le elezioni regionali in Umbria, che si terranno domenica 27 ottobre, sono le prime elezioni dopo la crisi politica di agosto. La Regione torna al voto dopo lo scandalo della sanità che ha coinvolto la giunta della governatrice Pd Catiuscia Marini.
Da una parte c’è il “Patto civico” voluto da Di Maio: un accordo per sostenere una candidatura a presidente col Partito democratico, cosa che sta creando non pochi malumori interni a M5s. Di civico è rimasto solo il candidato, Vincenzo Bianconi. Il voto di domenica per le forze al governo è il primo test vero.
Dall’altra parte c’è il centrodestra, che domenica scorsa si è mostrato unito in piazza San Giovanni a Roma e si presenta in Umbria a sostegno della senatrice leghista Donatella Tesei, favorita nei sondaggi. Il margine però è ristretto. Le elezioni non vanno sovrastimate, dice Mannheimer.
Le elezioni umbre sono il primo test per l’alleanza Pd-M5s. Che peso hanno?
A queste elezioni i media danno peso politico, ma non è un test: l’Umbria è importante ma piccola. Il test sarà in Emilia-Romagna, a gennaio 2020.
Chi è favorito in Umbria?
I sondaggi hanno dato vincente il centrodestra, ma il margine è così modesto che tutto può capitare.
Quanto può pesare la quota degli indecisi, soprattutto tra i 5 Stelle?
Gli indecisi contano sempre, anche perché la maggior parte degli italiani, anche gli umbri, sceglie all’ultimo chi votare: sono il 30-40% dell’elettorato. Tutti rischiano, non solo i 5 Stelle, dipende dalla campagna elettorale e da queste ultime ore. In Umbria in particolare ci sono state molte astensioni, e potrebbe ricapitare.
L’Umbria è un feudo della sinistra, che governa dai tempi del Pci. Il Pd si gioca un consenso a lungo dato per certo.
Le cose sono molto cambiate, tanti ex feudi hanno cambiato colore. Non mi sorprenderei se cadesse anche questo.
Per il patto civico tra Pd e 5 Stelle è stata scelta una figura terza, Vincenzo Bianconi. È dovuto alla crisi della politica di professione?
L’orientamento è di prendere i candidati dalla società civile. In questo caso hanno dovuto scegliere una figura di compromesso, Bianconi ha già avuto successo nella vita e conta qualche esperienza politica all’attivo. Prendere persone dalla politica è sempre più difficile, prima nei partiti si accresceva il proprio ruolo lentamente, oggi si entra in politica direttamente dopo. Comunque è vero, anche la credibilità della politica è in crisi.
Dove sta andando il sistema politico italiano, dopo la crisi di agosto? Ci sarà un nuovo bipolarismo con sovranisti da una parte e progressisti dall’altra?
È difficile da dire, potrebbe accadere ma dipende da che fine fanno i 5 Stelle: se si polarizzano a sinistra o si spaccano. Il Movimento non riesce a eleggere i nuovi capigruppo, ma ci sono problemi interni anche nel Pd. E nel centrodestra la situazione non è molto diversa, stanno litigando furiosamente.
Di Maio ha investito la sua credibilità sul patto civico per le regionali. In Calabria, anche per i problemi a trovare una candidatura comune, è polemica tra lui e Barbara Lezzi. Qual è la probabilità che i 5 Stelle esplodano?
Direi al 50%. Ma i rischi maggiori vengono dalla questione nazionale, sono dovuti alle divisioni interne tra l’anima governista e quella movimentista. Ci saranno altre risse nei 5 Stelle, ma Di Maio rischia più per il governo che per le regionali.
Riuscirà a creare un rapporto di fiducia con il leader del Pd, Zingaretti?
Mi sembra un percorso accidentato.
C’entra anche il nuovo ruolo di Conte? Il premier ha assunto un profilo politico sempre più ingombrante.
Anche Conte può destabilizzare la situazione. Ha fatto un salto di qualità, da premier terzo scelto per caso a leader autonomo nella politica italiana.
Ma lui smentisce, dichiara di non sentirsi a suo agio nella figura di capopopolo.
È vero, ma io penso che lo desideri nell’animo.
Passando al centrodestra, Forza Italia sta tenendo, dopo essere caduta addirittura al 6% ora è stabile sul 7%. Ha un futuro?
Sono variazioni piccole e insignificanti. Berlusconi deve trovare una nuova leadership giovane e forte, come la Carfagna o la Gelmini.
Fratelli d’Italia è al 7%. Può salire ancora?
La Meloni crescerà: ha grande successo e un’aria distinta nell’area del centrodestra. Credo che possa attrarre anche il voto dei moderati.
A questo proposito, l’area dei moderati si sta affollando. Al centro sono arrivati i partiti di Renzi e Calenda, quest’ultimo ancora in formazione. Che chance hanno?
Al centro c’è grande spazio perché molto elettorato desidera una forza moderata, ma è un’area difficile da conquistare, molti ne hanno teoricamente la possibilità ma per ora nessuno c’è riuscito. Renzi è a un guado, è sul 4-5% ma non può restarci. E per Calenda mi sembra ancora più difficile.
Italia Viva ha scelto di non presentarsi alle regionali. Perché?
È una scelta sia strategica sia dovuta alla difficoltà di trovare candidati. Non è facile organizzare un partito nuovo.
(Lucio Valentini)