SONDAGGI. “La battaglia elettorale in Emilia-Romagna è decisamente aperta, non è più come dieci o vent’anni fa quando la vittoria era già scontata per la sinistra” spiega il sondaggista Renato Mannheimer, commentando i risultati di alcuni recenti sondaggi. Sondaggi che esprimono opinioni diverse: secondo Winpool, Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra, sarebbe in vantaggio di 8 punti, 50% contro 42%, sulla rivale Lucia Bergonzoni. Secondo MG Research, invece, la candidata della Lega sarebbe in testa con una forbice del 44-48% contro il 42-46% sull’attuale governatore.
“E’ ancora presto per avere un quadro preciso, a livello di coalizioni comunque siamo quasi alla pari. Questo ci dice che conterà moltissimo la campagna sul territorio, il porta a porta in cui la sinistra in Emilia-Romagna è sempre stata forte”.
A livello nazionale, invece, spicca la crescita di Fratelli d’Italia, che sfiora il 10%: Giorgia Meloni, secondo Mannheimer, “si sta imponendo in quanto leader di una destra classica, che in Italia manca da tempo e di cui Salvini è troppo populista per esserne leader. La Meloni è giovane, convincente e attrae voti anche da Forza Italia, partito in declino e senza leadership”.
Ieri, in contemporanea, sono usciti due sondaggi contrastanti sulle prossime elezioni regionali in Emilia Romagna. Secondo Winpool, il candidato del Pd, Bonaccini, sarebbe in vantaggio di 8 punti (50% contro 42%) sulla rivale Bergonzoni, mentre per MG Research è l’opposto: la candidata di Salvini è in testa (44-48% di consensi) sull’attuale governatore (42-46%). Come stanno le cose?
Winpool dà alla pari le due coalizioni, quella di centrosinistra e quella di centrodestra. Credo che la battaglia sia apertissima, nelle elezioni regionali conta molto il partito, e Bonaccini ha una base forte, ma conta anche il lavoro porta a porta, quello di tutti i candidati delle liste locali che battono il territorio, un lavoro che ancora non è cominciato. Un pronostico adesso non si può fare, come fino a 10 o 20 anni fa quando si sapeva già in anticipo che la vittoria sarebbe stata della sinistra. Teniamo poi conto che c’è ancora da sciogliere l’incognita se Cinquestelle e Pd correranno insieme.
Anche qui ci sono opinioni contrastanti. Lei come la vede?
Se il M5s corresse con un suo candidato, prenderebbe intorno al 6%. Bonaccini con il centrosinistra il 50% e rotti. Se invece il M5s facesse parte della coalizione di centrosinistra che sostiene Bonaccini, il governatore uscente salirebbe al 56% o qualcosina in più.
Dopo la cosiddetta manifestazione delle “sardine” è cambiato qualcosa in vista del voto del 26 gennaio?
Cambia qualcosa nel clima, perché la manifestazione ha mobilitato il centrosinistra. In vista del voto no, non cambia nulla. Erano in tanti, ma va detto che generalmente gli elettori di destra non scendono in piazza. E’ piuttosto il segnale, come già si sapeva, di una parte di centrosinistra stanca del Pd. Bonaccini giustamente cerca di ritagliarsi una immagine locale: sarebbe un disastro se gli elettori pensassero a un voto “nazionale”.
Da esperto d’opinione, lei come giudica il richiamo di Conte ai partiti della maggioranza perché dimostrino un maggior spirito di squadra? E’ segno di mancanza di coesione? Un boomerang?
La mancanza di coesione la vediamo tutti i giorni, M5s e Pd sono due partiti diversi, che sono al potere solo per evitare che vinca Salvini. Mandano un chiaro segnale di disomogeneità e per Conte è difficile governare. Entrambi sono in campagna elettorale, vogliono attirare l’attenzione su se stessi, sono uno contro l’altro: non a caso il Pd ha tirato fuori la questione dello ius soli.
Mattarella ha ricevuto i sindacati sulla crisi Ilva. Il consenso verso il capo dello Stato è sempre alto? Che ruolo oggi gli italiani si aspettano da lui?
Il consenso è tradizionalmente alto per tutti i Capi di stato, perché è una figura considerata più equidistante, distaccata, pochi lo associano a questa o quella forza politica. Anche quando in passato erano in carica presidenti legati a una forza politica, gli italiani li hanno sempre visti super partes, ed è quello che gli italiani si aspettano anche da Mattarella.
A livello nazionale, gli ultimi sondaggi confermano l’arretramento di Pd e M5s. Chi sta perdendo di più?
Partito democratico e Movimento 5 Stelle scendono rispettivamente al 18,7% e al 16,9%.
Renzi ha presentato il suo programma shock per rilanciare l’Italia. L’accoglienza non è stata granché favorevole. Come sta Italia Viva dal punto di vista del gradimento degli elettori?
L’accoglienza non è stata favorevole né sfavorevole. Il programma di Renzi non l’ha visto nessuno, la gente è più attenta agli avvenimenti maggiori. Quei pochi che leggono saltano la pagina politica e vanno alla cronaca. Renzi oscilla tra il 4 e il 5%. Non è più il Renzi di un tempo, una figura nuova che attirava interesse, adesso è solo uno dei tanti esponenti della scena politica.
Come va nel complesso il centrodestra? Cresce di più la Lega o FdI? Perché?
Siamo davanti a fluttuazioni di scarso valore: la Lega rispetto a fine ottobre ha perso l’1,2%, Fratelli d’Italia un irrisorio 0,2%
Come si spiega il successo della Meloni? Si prefigura forse un nuovo fronte sovranista?
La Meloni rappresenta la destra classica, che da tempo non aveva più un autentico rappresentante. Salvini è più un populista che un politico di destra e allora Giorgia Meloni attira i voti di coloro che non vogliono votare Salvini, perché vuole troppi poteri. C’è poi un flusso di consensi in uscita da Forza Italia, partito in grave crisi per mancanza di leadership. Berlusconi ormai è un leader troppo anziano, non attira più gli elettori. Lei invece è una leader, ha una sua capacità di attrarre, è giovane e convincente, raccoglie consensi da tutto l’arco del centrodestra. Se non commetterà errori clamorosi, ma non credo perché è molto accorta, è prevedibile che FdI possa registrare una crescita ulteriore.