Ultimi sondaggi: Lega in calo al 25,6% (-0,2%), Pd in crescita dello 0,3% al 20,2%, FdI in calo (-0,1%) al 15,8%, Movimento 5 Stelle in crescita dello 0,1% al 14,8%, Forza Italia stabile all’8,2% e Italia Viva al 3,1%. Sono le ultime intenzioni di voto raccolte da Tecnè. Ma più che le percentuali, sotto l’attacco sferzante della crisi economica, a cui lo stesso governo fatica a dare risposte apprezzate dai cittadini (la fiducia nell’esecutivo è poco sopra il 30%, venti punti in meno rispetto a marzo), sono i trend che meritano di essere monitorati con attenzione. A partire da un dato: il 53,1% degli italiani chiede un cambio di esecutivo: il 33,3% attraverso un governo di unità nazionale e il 19,8% andando al voto anticipato. E in vista delle prossime elezioni regionali di settembre? “I sondaggi svolti finora – osserva Carlo Buttaroni, presidente dell’istituto di sondaggi Tecnè e direttore di T-Mag – raccontano una partita falsata dal doping: l’emergenza sanitaria ha condizionato fortemente l’attenzione verso i governatori in carica, come Zaia, De Luca, Emiliano. Ma cosa succederà fra un mese? Saremo ancora nelle stesse condizioni? E a settembre quanto morderà la crisi? Potrebbero uscire delle sorprese: a parte Zaia, che mi pare l’unico blindato, per tutti gli altri è una partita aperta, carica di incognite”. Anche perché “c’è una volatilità impressionante: in epoca di partiti leggeri basta una piccola brezza per farli volare in alto o farli cadere rovinosamente a terra”.



Da Banca d’Italia, Commissione Ue e Istat sono arrivati dati molto cupi sull’economia. Quanto preoccupa oggi gli italiani la situazione economica?

I dati sul calo del Pil non sorprendono, perché noi già a fine febbraio avevamo una forbice tra -10,5% e -14,4%. Ma il Pil racconta solo una parte di quel che sta accadendo: è come l’iceberg, si è vista finora solo la parte emersa della crisi. Ma da qui in avanti l’emergenza economica inciderà con un impatto sempre più duro sulla quotidianità delle persone.



E come impatta questa crisi sul gradimento del governo?

Se la gestione dell’emergenza sanitaria, che ha avuto apprezzamenti intorno al 70%, continua ad avere effetti positivi sull’opinione pubblica, la fiducia sulla gestione economica, che all’apice stava al 50% circa, adesso è poco sopra il 30%. Anche il giudizio complessivo sul governo, che attualmente è al 29%, è sotto di 7 punti rispetto a marzo, a metà lockdown, quando era al massimo del gradimento, al 36%. Insomma è un governo che non gode di grande apprezzamento. E man mano che la crisi economica toccherà la carne viva delle persone, il governo ne risentirà ancora di più.



Da chi arrivano i pochi giudizi positivi sul governo?

Da pensionati e dipendenti pubblici, categorie che sentono meno la crisi, anche perché attraverso cassa integrazione e blocco dei licenziamenti sono stati più protetti. I più critici sono i lavoratori autonomi, dove i giudizi positivi non arrivano al 20%, e i precari, cioè i più colpiti.

Il premier Conte gode ancora di molta fiducia da parte degli italiani?

La fiducia in Conte, in calo, è al 34%. Il premier gode di una sorta di attenzione, di immunità proprio dalle categorie più tutelate, mentre presso gli altri italiani il suo apprezzamento sta scendendo rapidamente. Ma anche lui rischia di finire travolto dallo tsunami che si sta preparando: il blocco dei licenziamenti non può durare all’infinito, altrimenti le imprese saranno costrette a fallire.

Anche il Dl semplificazioni è stato approvato “salvo intese” e il governo continua a non trovare il cambio di passo. Come si dividono gli italiani tra chi è ancora favorevole a che questo governo prosegua fino al termine della legislatura e chi invece auspica un cambio di scenario, magari attraverso un voto anticipato?

Alla domanda “Qual è la soluzione migliore per affrontare la crisi economica?”, il 33,3% ha risposto “un governo di unità nazionale”, il 30,6% “andare avanti con il governo Conte”, il 19,8% “tornare a votare”. Quindi c’è più di un italiano su due, il 53,1%, che vuole cambiare. È un dato coerente con la fiducia nel governo.

E il fatto che prevalga la risposta “un governo di unità nazionale”?

Non è chiaro oggi con quale legge elettorale si andrebbe a votare, se ci sarebbe una maggioranza e se si troverebbe la chiave politica per uscire dalla situazione di crisi. Perché, se il governo non gode di buona fiducia, l’opposizione deve dare ancora prova di avere le ricette giuste.

Come stanno andando i due partiti dell’alleanza giallo-rossa, Pd e M5s?

Il Pd e il M5s viaggiano rispettivamente sempre intorno al 20% e al 15%, che possiamo considerare come i loro zoccoli duri. Attenzione però: queste percentuali valgono in questo momento in cui la crisi non morde ancora appieno. A quel punto Pd e M5s, più di Italia Viva e LeU, potrebbero risentirne. Verrebbe meno lo schermo del governo, che adesso va meglio dei due partiti.

In che senso?

Il 20% del Pd e il 15% dei Cinquestelle vanno calcolati sul 57% di italiani che dichiarano di andare a votare, quindi in termini reali valgono meno. Il consenso “politico” del governo, cioè tra coloro che vanno a votare uno dei partiti della maggioranza, è infatti molto basso, al 23,3%, rispetto al 29% di gradimento che raccoglie tra tutti gli italiani. E nella fase più acuta dell’emergenza questa differenza ha superato anche i 10 punti percentuali. Insomma, è un governo tenuto su dall’emergenza.

Guardando al centrodestra, come si sta muovendo la fiducia in Salvini e nella Lega?

La Lega ha trovato una sua stabilizzazione intorno al 26%. È un po’ finito quel riequilibrio delle geometrie politiche, iniziato a gennaio, interne al centrodestra con la crescita di Fratelli d’Italia.

FdI infatti è in frenata. Che cosa ha bloccato la corsa della Meloni?

Non c’è una ragione evidente e comunque resta ancora sopra al M5s, al 16%, con margini potenziali ampi, fino a insidiare il Pd, oggi molto debole. Forse pesa una minore attenzione nei confronti delle dinamiche politiche rispetto alla preoccupazione per le sorti dell’economia, dopo che nella fase dell’emergenza la Meloni aveva dato l’impressione di una maggiore coerenza, fermezza e chiarezza. Poi si tratterà di capire chi tra i partiti di centrodestra, una volta che si entrerà nella fase più drammatica della crisi economica, sarà più capace di catalizzare il voto in uscita dal centrosinistra. Non avremo un’emorragia importante, ma ci saranno certo dei movimenti.

Le dichiarazioni del giudice Franco sul “plotone di esecuzione” che condannò Berlusconi sul caso Mediaset e le aperture del Cavaliere verso il governo e verso l’Europa che deve darci i soldi per uscire dalla crisi quanto hanno influito sul gradimento verso Forza Italia?

Forza Italia sta sfruttando questo ruolo di cerniera tra soluzioni più dialoganti con la Ue e alternative più radicali con Bruxelles. Assieme a FdI, Forza Italia è il partito che è cresciuto di più rispetto al periodo pre-Covid: sono settimane che staziona sopra l’8%, con un potenziale ancora di qualche punto, fino oltre il 10%.

Un recente sondaggio pubblicato dal Sole 24 Ore sul gradimento di sindaci e governatori ha premiato soprattutto gli amministratori della Lega. A settembre si voterà in sei regioni, che risultato ne potrebbe uscire: 4-2 o 5-1 per il centrodestra?

I sondaggi svolti finora raccontano una partita falsata dal doping: l’emergenza sanitaria ha condizionato fortemente l’attenzione verso i governatori in carica, come Zaia, De Luca, Emiliano. Ma cosa succederà fra un mese? Saremo ancora nelle stesse condizioni? E a settembre quanto morderà la crisi? Potrebbero uscire delle sorprese: a parte Zaia, che mi pare l’unico blindato, per tutti gli altri è una partita aperta, carica di incognite.

Zaia potrebbe insidiare la leadership di Salvini nella Lega?

Zaia è una storia a sé, sta governando bene il Veneto, senza incertezze né fronzoli, interpretando alla meglio lo spirito del suo territorio. Però mi sembra una questione accademica mettere in discussione la leadership di Salvini, che ha preso la Lega al 4% e l’ha portata, male che vada, al 26%. Non basta aver perso 8 punti nei sondaggi. Credo che Salvini possa essere messo in discussione solo nel caso si verifichino due circostanze: la prima, la Lega torna sotto il 17%, cioè il risultato delle ultime politiche; la seconda: Salvini va al governo e governa male.

All’opposto si colloca Zingaretti, in caduta verticale nei consensi…

Zingaretti non sembra avere in mano il governo del partito né il governo del governo. Sembra sempre giocare di rimessa, incapace di dare una linea, tanto che all’interno del Pd emergono sempre più spesso posizioni contrastanti. L’opinione pubblica avverte questa sua mancanza di presa. Anche come governatore del Lazio, di fronte all’emergenza Covid-19, è come se non ci fosse stato, tant’è che l’ha gestita, e con buoni risultati, di più l’assessore alla Sanità, D’Amato.

Bonaccini può diventare il futuro leader del Pd?

Può diventarlo, grazie alla sua impronta di amministratore riformista che oggi al Partito democratico manca e che può convincere gli elettori di centrosinistra.

In questo frangente così delicato, complesso e incerto, sono ancora tanti gli indecisi e i disillusi verso la politica e i partiti?

Sono cresciuti al 42%, un po’ di più rispetto a gennaio, ma non è una percentuale particolarmente elevata. Piuttosto c’è un altro elemento da considerare. Alla domanda “Quanto è sicuro di votare il partito che ha indicato?”, i sicuri sono sempre di meno.

Tradotto in numeri?

Sul 53% di coloro che dicono oggi di voler votare un partito, meno della metà è sicuro che lo voterà anche il prossimo mese. C’è una volatilità impressionante: in epoca di partiti leggeri basta una piccola brezza per farli volare in alto o farli cadere rovinosamente a terra.

(Marco Biscella)