Gli italiani non si fidano delle banche, il tasso di fiducia nei confronti degli istituti di credito è sceso sotto i livelli di guardia. E non è per colpa del fallimento della Silicon Valley Bank o della crisi di Credit Suisse. Anzi, si tratta di una linea di tendenza che non viene smentita ormai da più di dieci anni, dal crack Lehman Brothers in poi.



Una disillusione che coinvolge anche imprese e manager, fino a diventare sfiducia nei confronti del sistema economico, pronto a scaricare sui consumatori problemi e criticità, senza tenere conto della vita reale e delle sue difficoltà. La percentuale di chi non si fida più di nessuno è passata dal 65% del 2020 al 69% di oggi. “C’è sotto accusa tutto un modello che è quello del neoliberismo imperante” osserva Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos e docente di teoria e analisi delle audience nell’Università La Sapienza di Roma, spiegando il sondaggio Ipsos che rivela l’orientamento degli italiani su questi temi.



Da dove nasce la sfiducia nelle banche?

La crisi di fiducia nelle banche va avanti ormai da più di un decennio, alimentata da tutti i crack che ci sono stati, a partire dalla Lehman Brothers fino alle crisi che si sono susseguite in Italia: le banche venete, le difficoltà di Mps, la Carige. C’è un lungo elenco di crisi bancarie.

Numericamente qual è il grado di fiducia degli italiani nelle banche?

Siamo sotto il 30%, al minimo storico. E siamo in una situazione in cui nel nostro Paese la sfiducia colpisce non solo gli istituti di credito, ma un po’ tutta la classe dirigente. C’è anche sfiducia nella Borsa, con percentuali simili alle banche, negli imprenditori, che sono ritenuti, da oltre il 70% degli italiani, persone rapaci, che pensano solo al profitto e non al benessere della società. C’è sfiducia nei manager, ritenuti soggetti molto lontani dalle persone comuni e che cercano di accumulare il più possibile profitti senza preoccuparsi delle aziende sul lungo periodo.



secondo i suoi dati la sfiducia riguarda anche la Banca centrale europea. Quella attuale della Lagarde o anche di Draghi?

Nel periodo in cui c’era Draghi la fiducia nella Bce era un po’ più alta. Non è mai stata sfavillante, però ci si avvicinava al 40%. Adesso, nel post Draghi, siamo tornati intorno al 30%.

Una bocciatura della politica di rialzo degli interessi?

È l’ennesima mazzata, diciamola con il termine che merita: aumenta l’inflazione, aumentano anche i mutui, le famiglie si trovano accerchiate: da un lato l’aumento dello scatto inflattivo e dall’altra parte l’aumento del peso della rata del mutuo.

Banche, imprese, operatori economici non considerano le esigenze delle persone comuni?

Banche e imprenditori vengono accusati di scaricare sulle persone, sui consumatori, sulle famiglie, le inefficienze di questo sistema.

Una sfiducia che investe tutti i cosiddetti esperti, cioè chi ha maggiori risorse economiche e ricopre ruoli importanti. Perché?

Per il 75% delle persone (in particolare per donne e ceti popolari) non comprendono le difficoltà della vita reale. L’esempio tipico è quello che facevamo prima: in questo momento chi conosce la vita reale sa che di fronte all’inflazione aumentare il tasso dei mutui significa maggiori difficoltà per le famiglie. Ci si trova a combattere su due fronti.

Il suo sondaggio spiega anche che gli italiani vorrebbero banche più vicine alle persone e alle loro esigenze e pronte a sostenere le comunità in cui sono radicate.

L’idea di avere una banca vicina alla comunità, che si occupa si sviluppare gli interessi di tutti e non solo gli interessi dei soliti noti, emerge nel 40% delle persone. È un tipo di banca molto attesa ma anche molto disattesa. Vorrebbero che fosse così, ma nei fatti non lo è.

L’81% delle persone sondate dice che questo neoliberismo avvantaggia i ricchi, sostanzialmente che le banche danno i soldi a chi li ha già. Una convinzione molto presente nel ceto medio e nei ceti medio-bassi. C’è il pericolo di uno scontro sociale?

Lo scontro sociale tra le persone che hanno possibilità, che sono benestanti, e quelle che sono in difficoltà è possibile che si acuisca, così la pensa il 76% degli italiani, perché se si continua con strette che vanno a colpire la vita quotidiana delle persone è ovvio che le tensioni possono crescere. In Italia c’è la sensazione che sotto la cenere ci siano delle tensioni sociali che stanno ribollendo, proprio per l’incremento delle diseguaglianze.

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