SONDAGGI – O Conte ter o le urne? “Gli italiani si dividono a metà”. La fiducia nel governo? “Da ottobre a oggi è calata di 10 punti: oggi l’apprezzamento per Conte è vicino al 40%”. Un esecutivo di unità nazionale guidato da Draghi? “Draghi raccoglie un alto gradimento”. Un partito di Conte? “Potrebbe valere il 10%: 5 punti percentuali li ruberebbe al M5s e 3 punti percentuali al Partito democratico”. La fiducia in Mattarella? “E’ alta, vicino al 70%”. Per Fabrizio Masia, direttore generale e partner di EMG Different (Marketing & Opinion Research), “il ritorno alle elezioni è uno scenario poco probabile”, perché siamo davanti a diverse possibilità che rendono il giudizio gli italiani “frastagliato”.
Che cosa pensano gli italiani di questa crisi? E’ davvero incomprensibile?
Gli italiani si sentono in buona parte disorientati, anche se il 50% circa ha compreso le ragioni della crisi, non ha però capito l’opportunità del momento, perché siamo nel pieno di una pandemia e c’è l’urgenza di finalizzare il Recovery plan. E va poi ricordato che pochi italiani seguono assiduamente tutte le vicende politiche.
Il Conte 2 ha affrontato l’emergenza sanitaria ed economica. Come hanno influito sul trend dei consensi? Che giudizio danno gli italiani del suo operato?
Non hanno certo influito positivamente. Nella prima fase della pandemia il giudizio verso il governo era più lusinghiero; in questa seconda ondata, da ottobre in poi, è molto meno positivo. Comunque Conte gode ancora di un apprezzamento poco sotto il 40%, inferiore solo a quello che raccoglie la Meloni, ma di fronte alla recrudescenza della situazione sanitaria ed economica il consenso è sceso di quasi 10 punti percentuali.
Che apprezzamenti raccoglie un eventuale Conte ter?
Siamo davanti a diverse possibilità: il Conte ter, un nuovo governo con la vecchia maggioranza, un esecutivo di salvezza nazionale, un ipotetico governo di centro-destra allargato e le urne. L’apprezzamento verso un Conte ter dipende fondamentalmente da quali scenari vengono sottoposti agli italiani. Se l’alternativa è andare alle urne o il Conte ter, il paese si spacca a metà; se l’alternativa invece è un governo senza Conte o un governo di salvezza nazionale o un governo di centro-destra o le urne il panorama diventa più frastagliato. L’impressione è che si possa evitare di andare alle urne, un’opzione che in questo frangente non è la più gradita. Se c’è l’esigenza di andare avanti con il governo, si può fare a meno di Conte pur di salvaguardare l’interesse collettivo del paese.
Quanto vale un ipotetico partito di Conte?
Secondo le nostre stime, assumendo il dato come percezione a caldo, un partito di Conte si posiziona intorno al 10% di consenso elettorale, ma è un consenso virtuale, perché poi un partito deve avere una sua struttura e un suo sviluppo.
Si andasse al voto, il partito di Conte quanti consensi prenderebbe a Pd e M5s?
E’ ipotizzabile che 5 punti percentuali arriverebbero dal M5s, che in caso di discesa in campo di Conte scenderebbe dal 13,8% all’8,7%, e tre punti percentuali dal Pd, che otterrebbe il 16,5% in caso di presenza del partito di Conte anziché il 19,8%.
Rosicchierebbe qualcosa anche al centro-destra?
Non ci sarebbe alcuno sfondamento a destra, al massimo potrebbe rosicchiare tra l’1% e il 2%. La Lega infatti resterebbe comunque il partito preferito dagli italiani con il 24% dei voti senza il partito di Conte e con il 23% se invece ci fosse. Fratelli d’Italia subirebbe una variazione dello 0,3% se Conte scendesse in campo – 16% contro 16,3% -, mentre Forza Italia raccoglierebbe il 7,7% senza Conte e il 6,8% con la presenza di Conte.
E sulle formazioni minori?
Italia Viva è data al 4% (3,9% con Conte), Azione al 3,4% (3,2% con Conte) e Liberi e Uguali al 2,7%.
La presenza del partito di Conte sarebbe un valore aggiunto per la maggioranza di centro-sinistra o il gioco è a somma zero?
Dipende da tanti fattori, il primo dei quali è: quale sarà la legge elettorale? Se sarà un sistema maggioritario, nel conteggio delle coalizioni, presupponendo la compattezza della compagine attuale, l’apporto del partito di Conte potrebbe favorire un allargamento verso il centro. Ma nel contempo potrebbe anche non succedere, perché lo stesso centro potrebbe riorganizzarsi per avere una sua coalizione e tendere a resistere a questo sfondamento.
E con un sistema proporzionale?
In quel caso, siccome ciascuno gioca per sé, tutto può succedere. Sicuramente Conte potrebbe erodere consensi ai Cinquestelle e al Pd, ma poi bisognerà vedere che cosa uscirà dalle urne, magari una maggioranza che esclude gli alleati attuali, perché il centro trova altre modalità per allearsi in Parlamento. Insomma, ci sono ancora troppe incognite per poter dire quanto potrebbe essere utile o dannoso alla coalizione di centro-sinistra.
Sono iniziate le consultazioni. Gli italiani quanta fiducia hanno nel Presidente della Repubblica?
Molto alta, non lontano dal 70%. Mattarella viene considerato un uomo saggio che senza dubbio saprà cogliere tutti i segnali utili che arriveranno dalle varie forze politiche durante queste veloci consultazioni. E sarà molto attento ai numeri che si potranno prefigurare in Parlamento per un eventuale nuovo governo. E’ difficile che il Presidente della Repubblica possa dare l’incarico senza avere la ragionevole probabilità che esistano, soprattutto al Senato, numeri confortanti. Altrimenti rischia di dare l’incarico a un premier che dopo poco tempo si ritrova in difficoltà o ad affrontare una navigazione incerta e molto disturbata. Mattarella è così oculato, esperto e intelligente che sarà molto cauto ed eviterà di dar vita a un nuovo esecutivo instabile già in partenza.
Quanto gli italiani vogliono andare alle urne?
Il ritorno alle elezioni è uno scenario poco probabile. Ripeto, se l’alternativa fosse o Conte o le urne, gli italiani si dividerebbero a metà. Se l’alternativa fosse un governo istituzionale, molti elettori, soprattutto di centro-destra, sarebbero favorevoli a questa soluzione. Le risposte dipendono dalle opzioni che vengono presentate agli elettori. La realtà è che più del 70% dei cittadini vorrebbero avere un governo, alla luce delle sfide che il paese deve affrontare.
A proposito di governo istituzionale, è quotabile un governo Draghi? E che consenso potrebbe calamitare?
Non abbiamo fatto rilevazioni ad hoc, ma la percezione è che Draghi raccoglie un alto gradimento, sia perché ne parlano tutti bene, sia perché è stato in grado di gestire con lungimiranza, con forza e con un ampio riconoscimento internazionale un’istituzione come la Bce, facendo ricorso a tutta una serie di operazioni – per esempio il Quantitative easing – che hanno garantito ai paesi europei una navigazione e un approdo più sicuri. Draghi viene percepito come uomo politico, nella sua accezione più nobile, di grande fiducia.
Quanto valgono oggi, a bocce ferme, le due coalizioni?
Il centrodestra viaggia attorno al 49,5%, mentre il centro-sinistra con Pd-M5s-LeU vale il 37% circa e con Italia Viva sale attorno al 41%.
Una crisi che da più parti è stata giudicata come incomprensibile dagli italiani può aver favorito l’area dell’astensionismo? Quanto pesano gli indecisi?
La cosiddetta area grigia, che raccoglie gli indecisi e gli astensionisti, s’aggira poco sopra il 40%. Poi sappiamo che quando si va alle urne per le elezioni politiche una quota viene recuperata al voto. Covid permettendo, in caso di elezioni è lecito attendersi un’affluenza del 70%, perché questa crisi ha sensibilizzato molti sull’importanza di dover fare scelte decisive in un momento come questo.
Qualora si andasse alle elezioni, a favore di chi potrebbero andare questi voti dell’ultimo minuto?
Indecisi e astensionisti di solito sciolgono le loro riserve negli ultimi 15 giorni e c’è un 10% che decide addirittura nel momento in cui entra nella cabina elettorale, perché si informa fino all’ultimo su forze in campo, programmi e candidati. E’ difficile quindi capire oggi dove si indirizzeranno, ma è molto poco probabile che si spostino in un’unica direzione. Incideranno, dunque, ma non in modo tale da poter stravolgere l’esito del voto così come oggi prefigurato dai sondaggi. A meno che, ovviamente, non cambino nel frattempo le cose.
(Marco Biscella)