L’Istituto Piepoli, una delle società demoscopiche storicamente più note in Italia, conduce da alcune settimane, per conto dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, una indagine periodica chiamata “Stressometro”, che ha come scopo proprio misurare il livello di stress della popolazione italiana. Sappiamo infatti, come la pandemia abbia portato a una crescita esponenziale di disagi come la depressione e l’ansia. Secondo l’ultima indagine, il 65% degli italiani si considera stressato, con un aumento del 13% rispetto a una settimana fa, mentre il 75% considera causa primaria di questo stress la pandemia.
In questo caso l’incremento è addirittura del 25% in soli sette giorni. Secondo Alessandro Amadori, vicedirettore dell’Istituto Piepoli, “la causa di questa crescita è duplice: da una parte, l’accumulo di una situazione ormai cronicizzata, a un anno dall’inizio della pandemia; dall’altra, le ultime misure di restringimento delle libertà personali dovute alla recrudescenza di un virus che pensavamo, sbagliando, fosse ormai sotto controllo”. Sempre secondo lo Stressometro, gli italiani sono ormai del tutto disinteressati alla politica: solo l’1%, infatti, la ritiene motivo di stress. “Questo è un dato che dura da mesi, non è il cambiamento di Conte con Draghi che lo ha determinato. Ciò che preoccupa e crea stress e ansia è per prima cosa la situazione sanitaria insieme a quella economica e lavorativa”.
Questo forte aumento di persone stressate che avete registrato è dovuto, secondo lei, alle ultime restrizioni a cui non si pensava più o a un accumulo dovuto alla ormai lunga durata della pandemia?
Tutte e due le ipotesi. Da un lato, l’anno solare, i dodici mesi, è un periodo psicologicamente importante, una vera soglia psicologica. Avendo superato proprio in questi giorni un anno di privazioni e restrizioni delle libertà, delle speranze, delle relazioni umane, questo ha contribuito alla crescita percentuale. Gli antichi nativi indiani misuravano il tempo con le lune, e un anno erano dodici lune. Avendo adesso superato queste dodici lune, cominciamo ad avere un effetto non più da malattia acuta, ma cronica.
Ci può spiegare la differenza?
Questo passaggio dalla fase acuta a quella cronica lo abbiamo interiorizzato, lo abbiamo subìto proprio in questi giorni. A questo si abbina l’effetto contingente di ulteriori misure restrittive. Si sommano, dunque, due cose: la consapevolezza che la malattia è cronica e la recrudescenza del virus, che non fa altro che confermare la teoria della cronicità.
Secondo il vostro Stressometro, la politica è causa di stress solo per l’1% degli italiani dopo la formazione del governo Draghi: perché Draghi non procura ansia?
In realtà, neanche Conte procurava ansia, non è un effetto diverso, perché adesso c’è Draghi. In questo momento, per la teoria della gerarchia delle preoccupazioni, dominano l’aspetto sanitario ed economico (al 14% dello Stressometro, ndr). Da mesi la politica non è più fonte di stress. In più, effettivamente, con un governo come quello di Draghi che tiene insieme praticamente tutto lo schieramento politico, il clima si è ulteriormente solidarizzato.
In conclusione?
Da un lato, la principale fonte di preoccupazione è la cronicizzazione di questa pandemia, che pensavamo di avere, in un modo o nell’altro, messo finalmente sotto controllo; dall’altro lato, il governo Draghi, con questa maggioranza ampia, rende ancor meno fonte di stress la politica.
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