SONDAGGI – Un italiano su due non è d’accordo con l’invio di armi all’Ucraina e il 24% teme che il peggio debba ancora arrivare. In cima alle preoccupazioni, per 8 famiglie su 10, ci sono inflazione e caro bollette e la crisi economica, più che la guerra, pesa sulla fiducia nel governo, che oggi si attesta al 49%, un punto in meno rispetto al 24 febbraio, giorno d’inizio dell’invasione russa.



Anche i consensi per Draghi sono cristallizzati al 55%, ma se non ci fosse il conflitto in Ucraina, come spiega Carlo Buttaroni, fondatore e presidente di Tecnè, “l’andamento dell’economia non premierebbe certo l’azione di Draghi né quella del governo. C’è un po’ di delusione su come viene contrastata la crisi, soprattutto da parte degli italiani che hanno redditi bassi e di tutti coloro che hanno un’attività in proprio, dai liberi professionisti ai piccoli imprenditori e ai commercianti”.



Dopo 50 giorni di combattimenti, qual è l’atteggiamento degli italiani verso la guerra?

Prevale la cautela: per gli italiani vanno bene le sanzioni, ma no a qualsiasi coinvolgimento diretto dell’Italia in un conflitto armato, oltre che economico. Più che essersi abituati, gli italiani si sono adattati.

In che senso?

Non c’è più quell’attenzione spasmodica che faceva seguire le notizie del conflitto fra Russia e Ucraina momento per momento. La preoccupazione comunque rimane molto alta: la percezione prevalente è che siamo in presenza di un evento che può scivolare verso scenari catastrofici.



Quanto è sentito il timore di un allargamento del conflitto e di una sua escalation?

Circa un quarto della popolazione, il 23-24%, teme che il peggio debba ancora arrivare.

Gli aiuti militari all’Ucraina da parte della Nato sono in aumento. Scelta condivisa?

La metà degli italiani non è d’accordo sull’invio di armi, il 40% è invece favorevole e il restante 10% non si esprime, è incerto su cosa sia meglio fare.

Gli italiani sono ancora in larga maggioranza per una soluzione diplomatica del conflitto?

Assolutamente sì, la stragrande maggioranza, anche all’interno di quella quota della popolazione che è favorevole all’invio di armi a Kiev, vorrebbe che si avviasse una soluzione diplomatica. Sono convinti che sia il momento di passare alla politica, più che a nuove sanzioni o a maggiori aiuti militari.

Il protrarsi della guerra in Ucraina alimenta sempre più i timori sulle sorti dell’economia italiana?

Senza dubbio. Sale la preoccupazione, ma finora le conseguenze della guerra non hanno dispiegato tutti i loro effetti negativi. Le conseguenze peggiori e più drammatiche arriveranno il prossimo autunno, anche se si dovesse trovare nel frattempo un accordo fra le parti. La crisi economica in questo frangente è identificata soprattutto con il caro bollette e con l’inflazione, che sono le due paure che colpiscono quasi 8 italiani su 10. Molto di più, dunque, della paura della disoccupazione: fino all’anno scorso era il principale timore per il 45% dei cittadini, oggi lo è per il 36%.

Che visione hanno gli italiani della propria condizione economica?

Da quando è scoppiata la guerra il clima di fiducia, già in calo, è tornato ai livelli registrati durante le fasi più acute della pandemia. Il clima economico è profondamente peggiorato.

Hanno già cominciato a ridurre consumi e risparmi?

La curva della propensione al risparmio era scesa molto verso la fine del 2021 e adesso sta ricominciando a salire. La maggioranza delle famiglie sta ancora vivendo il rimbalzo della fine dell’emergenza Covid. In pratica, registriamo una maggiore propensione alla spesa rispetto al tonfo registrato nel 2020 e nei primi mesi dello scorso anno. Rispetto però a fine 2021 si va profilando una risalita della curva della propensione al risparmio. E’ il tipico indicatore del fatto che la gente ha di nuovo paura.

Tradotto in numeri?

La propensione al risparmio, che era scesa al 13%, negli ultimi due mesi è risalita al 16%.

La guerra in Ucraina che riflessi ha prodotto sulla fiducia nei confronti del governo?

Lo scoppio della guerra ha fatto sì che la fiducia nel governo abbia attenuato il suo trend negativo: dopo molte settimane di calo, determinato soprattutto dal fatto che le attese economiche non avessero trovato un’adeguata corrispondenza nella messa a terra dei provvedimenti, il consenso si è attestato al 49%, rispetto al 58% al momento del suo insediamento e al 50% all’inizio di questa guerra. Il conflitto in Ucraina ha di fatto stabilizzato i giudizi sull’operato del governo, senza troppi scossoni.

E il consenso verso Draghi?

Secondo l’ultima rilevazione, i giudizi positivi stanno al 55%, in pratica sugli stessi livelli registrati il 24 febbraio, giorno d’inizio dell’invasione russa. Vale anche per lui il discorso fatto sul governo: la fiducia si è come cristallizzata. La guerra non sta incidendo granché. Anche perché nelle situazioni di crisi o di stress l’atteggiamento prevalente è quello di ricompattarsi attorno al governo in carica. Un po’ quello che è successo a inizio pandemia con il governo Conte.

Ma non ci fosse la guerra?

L’andamento dell’economia non premierebbe certo l’azione di Draghi né quella del governo. C’è un po’ di delusione su come viene contrastata la crisi economica, soprattutto da parte degli italiani che hanno redditi bassi, i quali vedono ridursi il proprio potere d’acquisto a causa degli aumenti del costo della vita, e di tutti coloro che hanno un’attività in proprio, dai liberi professionisti ai piccoli imprenditori e ai commercianti, che hanno subìto colpi durissimi, scoprendosi così sempre più fragili.

Ue, Usa e Nato: come la pensano gli italiani?

Solo una sparuta minoranza degli italiani ritiene che Putin abbia delle valide ragioni per aver invaso l’Ucraina. In questi 50 giorni, però, è cresciuta di 10 punti percentuali la quota di italiani che, fermo restando che la responsabilità della guerra sia da addossare alla Russia, pensa che Usa e Nato abbiano accentuato un clima di forte contrapposizione e di conflittualità. Oggi un italiano su 4 è convinto che prima del conflitto sarebbe stato utile un atteggiamento meno bellicista e più responsabile. Attenzione, però: sono sì un po’ critici con Usa e Nato, ma non sono certo dalla parte di Putin.

Gli italiani quanto si fidano della narrativa prevalente sulla guerra?

Gli italiani seguono la guerra soprattutto attraverso la tv, considerata la fonte d’informazione più autorevole. Subito a ruota c’è l’informazione online dei siti ufficiali. Ai social si rivolge una quota importante, ma li utilizza soprattutto di rimbalzo, cioè per citare o condividere articoli. In questo mare magnum di fatti, commenti e analisi, un italiano su 5 ha iniziato, com’è normale che sia, a fare la tara, a riponderare i pesi delle responsabilità sullo scoppio della guerra. Ma la percentuale di quelli che si dimostrano più propensi ai distinguo e meno a fidarsi dell’informazione ufficiale non è comunque alta.

(Marco Biscella)

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