SONDAGGI – Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, fra gli italiani la preoccupazione per la guerra non sta salendo e rallentano alcune paure, come quella per il blocco delle forniture di gas russo (dal 56% al 38%). Aumentano invece i timori per le ricadute negative sul costo della vita (dal 66% al 70%), tanto che quasi 6 italiani su 10 stanno rivedendo o riducendo le loro spese. Sul fronte geopolitico, invece, il 68% teme ancora lo scoppio della terza guerra mondiale, i maggiori leader dell’Occidente perdono dai 5 (Draghi) ai 9 (Biden, Scholz, von der Leyen) punti percentuali di fiducia. E l’81% ritiene che questo conflitto riporterà indietro le lancette della storia, riproponendo la bipolarizzazione dei blocchi e una pericolosa (per il 52%) militarizzazione nei rapporti fra gli Stati. “Dalla fase iniziale di panico e stupore per l’invasione russa dell’Ucraina – osserva Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos – siamo passati a una fase in cui, da un lato, permane la paura per gli effetti economici della guerra, ma, dall’altro, si comincia a riflettere: dopo 40 giorni di combattimenti è questo il nuovo stato d’animo che domina fra gli italiani”, secondo cui “il conflitto ha mietuto alcune “vittime”: l’economia, l’ambiente, l’ordine mondiale, la globalizzazione.



Sta salendo la preoccupazione degli italiani per la guerra in Ucraina? E quali sono le maggiori paure che provoca il conflitto?

No, non sta salendo la preoccupazione, anzi rallentano anche alcune paure.

Per esempio?

La paura per un possibile blocco delle forniture di gas russo scende dal 56% al 38%, perché gli italiani pensano che alla fin fine una soluzione si troverà. Calano i timori di perdere i risparmi, dal 28% al 24%, e si fa più flebile la spinta a ridurre i consumi, dal 37% al 32%.



Oggi che cosa preoccupa di più gli italiani?

Soprattutto le ricadute negative sul costo della vita, perché la paura per l’aumento generalizzato dei prezzi sale dal 66% al 70%, cresce dal 18% al 25% la percezione del rischio chiusure di imprese o di sospensione di attività e sale un po’ anche il numero delle persone che stanno facendo scorte di beni alimentari, dal 15% al 18%.

Il carovita fa più paura della paura di perdere il lavoro, un timore che tradizionalmente vede l’Italia ai primi posti nella classifica mondiale?

L’inflazione è una paura in aumento, ormai a livello globale: il 70% dell’opinione pubblica di 30 Paesi registra con preoccupazione l’aumento del prezzo dei carburanti o dei generi alimentari. L’aumento inflattivo, però, non incide in egual misura su tutti gli italiani: se il ceto medio può riequilibrare tagliando qua e là, per le persone che già hanno un reddito limitato e tengono tutto in equilibrio con il bilancino l’arrivo di una bolletta raddoppiata costringe a tagli pesanti del budget famigliare. E questo è un tema molto pernicioso, perché accelera la crescita delle nuove diseguaglianze.



Quali comportamenti stanno adottando gli italiani? Sono disposti a fare sacrifici?

Il 55-60% ha dovuto ridurre alcune spese, come ad esempio quelle per la carne o il pesce, e ha iniziato ad avere dei comportamenti di spesa controllati, misurati. Già prima del conflitto russo-ucraino era in corso una rilettura di questi atteggiamenti, legati all’aumento del costo della vita. Ora il 30% circa opera tagli sui consumi di gas e luce elettrica, il 32% sull’abbigliamento, il 27% su consumi di benzina e gasolio, il 29% sulle calzature e il 30% sui cosmetici. Ai farmaci, così come a latte, yogurt, pane, pasta, frutta o verdura, è invece più difficile rinunciare, lo fa il 15% degli italiani. Ma è comunque significativo che un sesto del paese stia pensando di tagliare anche su quelle voci. Non siamo comunque in una situazione drammatica, si tratta di una selezione della lista della spesa, che colpisce in modo differente ceto medio e ceti popolari. Nel primo caso, sono riequilibri, nel secondo sono veri e propri tagli.

E il lavoro?

In Italia il 46% teme di perdere il lavoro: siamo al quarto posto nella graduatoria globale, dopo Sudafrica, Corea del Sud e Spagna. Pensi che in Germania questa paura è appena al 9%, in Gran Bretagna al 12%, in Francia al 17%.

Da oltre un mese l’attenzione è concentrata su questa guerra, con analisi, dati, dichiarazioni. Come hanno influito sui giudizi dal punto di vista geopolitico?

Restano sempre alte le paure che possa scoppiare un terzo conflitto mondiale, siamo al 68% rispetto al 75%, e che qualcuno possa perdere il controllo e arrivi a usare le armi nucleari, oggi al 71%, prima era all’80%. Parlare in questi casi di calo è difficile, visto che più di due terzi del paese vivono questi timori. C’è invece una significativa riduzione, pur rimanendo la maggioranza, del numero di persone favorevoli all’ingresso dell’Ucraina nella Ue: è il 66%, mentre prima era il 75%.

Che cosa consigliano gli italiani per uscire da questo conflitto?

Stop alla guerra con la diplomazia (89%), ritiro delle truppe russe dall’Ucraina (86%), fine della presenza delle armi nucleari in Europa e nella Russia occidentale (88%), sì a trattative per un sistema di reciproca sicurezza fra Ue e Russia (87%). Tutti trend ormai stabilizzati.

La diplomazia però sembra fare pochi passi avanti. Come è cambiata l’opinione e la fiducia verso i maggiori leader dell’Occidente?

Qui si registrano le novità maggiori, perché si assiste a un calo generalizzato dei giudizi positivi. Biden scende dal 49% al 40%, penalizzato dai toni verbali eccessivi cui spesso ricorre, e pure la von der Leyen perde 9 punti, dal 73% al 64%. Ma anche Macron cala di 7 punti, Johnson di 6, Scholz di 9 punti. I leader europei pagano la difficoltà a essere uniti, a far parlare la Ue con una sola voce, anzi danno l’impressione che ciascuno si muova per proprio conto.

E Draghi?

È il leader che scende meno: perde solo 5 punti, dal 67% al 62%.

Sta cambiando la posizione nei confronti della Nato?

La maggioranza, il 66%, ritiene che la Nato resti un ombrello essenziale a tutela dei paesi liberi, ma allo stesso tempo il 64% giudica sbagliata, in quanto altera gli equilibri con la Russia, la strategia di allargamento a Est.

Dopo 40 giorni di conflitto, che idee si sono fatti gli italiani sulla situazione e sulle prospettive degli equilibri internazionali?

L’81% degli italiani pensa che dopo il conflitto russo-ucraino la lancetta della storia tornerà indietro di 50 anni, riproponendo una polarizzazione e contrapposizione fra Occidente, Usa e Ue, da una parte, e Oriente, Cina, Russia e India, dall’altra. Otto italiani su 10, e il trend è in crescita, hanno la sensazione che rispetto a 30 anni fa, al momento cioè della caduta del Muro di Berlino, l’Occidente sia diventato molto più debole, visto che il 46% lo ritiene meno centrale, se non in crisi, sulla scena mondiale e un altro 34% lo avverte più debole anche se ancora centrale. Non solo: per il 74% c’è anche il rischio che l’Europa torni a essere un satellite degli Usa e l’81% ritiene che sia un atto un arretramento sulle politiche ambientali.

Il governo italiano ha deciso di mandare armi a sostegno dell’Ucraina. Abbiamo fatto bene o male?

Se all’inizio del conflitto gli italiani, in maggioranza, non volevano alcun invio di armamenti, la consideravano una delle ultime opzioni a disposizione, prima c’erano la diplomazia o gli aiuti umanitari, oggi con il protrarsi della guerra questa decisione spacca praticamente in due il Paese: il 49% è favorevole al sostegno militare all’Ucraina e il 51% è contrario. Allo stesso tempo spacca in due il Paese, con un perfetto fifty-fifty, anche l’idea di un aumento delle truppe Nato in Europa dell’Est.

Siamo in un’economia di guerra?

Gli italiani sono convinti che questo conflitto segnerà un punto di svolta per il futuro. Porterà effetti negativi di medio-lungo periodo sull’economia e altererà gli equilibri che sono stati creati a metà degli anni Novanta. La bipolarizzazione è un stop brusco alla globalizzazione: il 52% ritiene sbagliato e pericoloso il ritorno alla militarizzazione dei rapporti fra gli Stati.

Guerra e carovita in cima ai pensieri. E il Covid oggi che posto ha fra le ansie degli italiani?

Permane, ma non assilla, è nettamente al terzo posto fra le preoccupazioni.

(Marco Biscella)

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