Instabilità lavorativa e inflazione: è l’incrocio pericoloso fra questi due problemi la maggior preoccupazione degli italiani, secondo gli ultimi sondaggi, con 4 famiglie su dieci che temono una contrazione del proprio reddito. Sotto la cenere, poi, covano tre forme di tensione che potrebbero trovare un collante pericoloso proprio nel mix lavoro-caro vita. E il Covid? Per il 38% è ancora all’apice dell’emergenza, anche se il 27% sente un bisogno di leggerezza, perché non ne può più di restrizioni e ansie.



E’ la fotografia che emerge dai sondaggi di Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos, che così sintetizza il tema di fondo: “Scollinato il nodo presidente della Repubblica, il tema prioritario adesso diventa come far ripartire il paese. Non è più solo questione di come si affronta la pandemia, ma di come si gestiscono i danni collaterali prodotti dal Covid. Questa è la sfida dei prossimi mesi. Al centro dell’attenzione c’è come gli italiani stanno vivendo il problema del lavoro, dell’aumento dei prezzi e della perdita di reddito. Lì sta il vulnus che deve affrontare in questo 2022 il governo. Ma è un vulnus che riguarda anche tutte le parti sociali, perché oggi c’è bisogno di un nuovo patto sociale post-Covid”.



Siamo appena usciti dalla partita del Quirinale, nel corso della quale i partiti non hanno dato un gran bello spettacolo, tanto che si è detto “E’ uscita sconfitta la politica”. Ha lasciato qualche strascico? Contribuisce a far crescere la disaffezione degli elettori?

Non lo si può ancora dire, è troppo presto. Rispetto alla velocità dei cambiamenti e dei giudizi espressi dal mondo mediatico, nell’opinione pubblica le cose si sedimentano più lentamente. Al di là del fatto che gli astenuti sono ancora in crescita, oggi siamo al 42% degli italiani, ci sono alcuni dati che vale comunque la pena guardare.



Quali?

Già prima della partita del Quirinale eravamo in una situazione in cui permaneva un crescente disagio verso la democrazia parlamentare, con un’Italia spaccata in due.

Perché?

Il 51% degli italiani riteneva che il Parlamento fosse un organismo superato e il 49% continuava a difenderne il ruolo. Non solo: il 42% considerava il Parlamento un freno e auspicava che si desse più forza al presidente del Consiglio, mentre il 58% era contrario. Ultimo dato, era molto alta la disaffezione verso la classe politica e la classe dirigente in generale: da un lato, l’83% si diceva convinto che i partiti politici non si preoccupano delle persone comuni e dei loro bisogni e solo il 17% pensava il contrario; dall’altro, per il 72% anche gli esperti del paese non capiscono la vita delle persone comuni contro il 28%.

Questi numeri la inducono a quale riflessione?

Chiaro che in una fase in cui non c’è una maggioranza parlamentare netta, la difficoltà a trovare un accordo valido per tutti o per una buona parte è molto alta, ma possiamo dire che siamo in un paese in deficit di élite e di politica. L’Italia non solo è attraversata da un sentimento pernicioso di disagio verso la democrazia parlamentare, con un distacco abissale tra i ceti popolari e le classi dirigenti, ma va anche registrata la difficoltà delle forze politiche di trovare elementi di coesione, di dialogo in grado di individuare punti d’incontro sui grandi temi, come può essere quello della scelta del nuovo Capo dello Stato o delle misure da adottare per stimolare la ripresa. In entrambi gli schieramenti, attraverso modalità differenti, emergono ali che puntano soprattutto a cercare di cavare quanti più vantaggi possibili per se stessi, anziché pensare a costruire un’idea di bene comune per il paese.

Intanto Mattarella e Draghi sono stati confermati ai loro posti. Un ticket che piace agli italiani?

Senza dubbio. La soddisfazione degli italiani per Mattarella riconfermato al Colle è al 62% e per il 60% Draghi è uscito vincente da questa partita. Dell’elezione di Mattarella sono contenti sia gli elettori del Pd che quelli della Lega. Gli unici insoddisfatti sono quelli di Fratelli d’Italia.

Il ministro Giorgetti è convinto che il governo ha davanti un anno difficile. Sono cambiate le aspettative?

La partita di fondo è quella della fine dell’emergenza. E non c’è solo il Covid, perché tutti gli altri temi sono sempre lì, sul tappeto.

Oggi quali sono le priorità degli italiani?

L’attesa più forte è capire come usciamo dall’emergenza e quanto profondi sono i danni lasciati dal Covid. Quanto alle priorità, la prima esigenza per il 53% degli italiani è la tranquillità, la calma, non vogliono scontri. La seconda è un lavoro stabile, come chiede il 43%, mentre la terza è la sicurezza, invocata dal 42%.

Quanto preoccupa l’economia?

Oggi preoccupa più del coronavirus. Il problema del lavoro è grosso come un macigno: il 46% teme di perdere il lavoro, siamo al terzo posto nel mondo dopo Sudafrica (63%) e Spagna (51%). E poi, con la fine dell’emergenza, si aprirà una partita complessa, dove si tratterà di vedere se il mondo delle imprese farà i conti o meno con un processo di ristrutturazione interno consistente. La maggioranza delle persone che cercano lavoro trova solo occupazioni con bassi salari e con proposte di contratti precari, che evidentemente non garantiscono quella certezza e stabilità che vanno cercando. Questo è un problema.

Non a caso l’Istat ha registrato un calo dell’indice di fiducia delle famiglie. Che cosa si aspettano?

Il 20% delle famiglie avverte che subirà una contrazione tra il 30 e il 50% del proprio reddito e un altro 23% afferma che la riduzione sarà fra il 10 e il 30%. Questo impatta, riducendola, sulla voglia di leggerezza e di tranquillità, perché se tutto costa di più, le famiglie si potranno permettere di meno e quindi ci saranno più occasioni di risentimento.

Oltre al lavoro, gli italiani devono fare i conti anche con le spinte inflattive?

Sta crescendo la preoccupazione. L’inflazione incide all’interno di una situazione complessa e in cui si sta vivendo come ripiegati, con molte persone che sentono il rischio di perdere il posto di lavoro e di veder salire i prezzi: il mix può ingenerare uno stato di tensione costante.

E’ una tensione che scorre come fiume carsico ma che, prima o poi, può trovare uno sfogo?

Noi registriamo tre tipologie diverse di tensione. Innanzitutto, c’è la classica tensione sociale: il 68% degli italiani segnala che nel proprio territorio questa pulsione sta crescendo. In secondo luogo, c’è una tensione che è effetto della crescente diseguaglianza sociale: il 65% ritiene che siano possibili nel prossimo periodo forme di protesta contro i ricchi e i privilegiati. Infine, c’è una tensione che possiamo chiamare insubordinativa: il 33% dell’opinione pubblica pensa che per cambiare le cose sia necessario fare ricorso alle barricate.

Sono tensioni in ebollizione e che potrebbero confluire in un’unica forma?

No. In sé queste tre tensioni si manifestano in forme alternate di ribellismo o come astensione, frutto di delusione o rabbia, dalla politica, ma mancano di un collante. Il vero rischio che abbiamo davanti è che i nodi del lavoro e del caro vita, se non affrontati e gestiti, possono fare da miccia.

Sta cambiando la percezione degli italiani verso il Covid?

Sta aumentando la sensazione che il Covid sia pericoloso per le persone: a settembre la pericolosità del Covid era percepita dal 49%, adesso siamo al 52%. Per il 38% degli italiani siamo ancora all’apice dell’emergenza. Se a settembre un italiano su due pensava che il peggio fosse passato, oggi questa quota è scesa al 27%. E resta sempre alta la sensazione che l’emergenza non finirà presto, sarà ancora lunga e dura, visto che per la maggior parte delle persone la pandemia continuerà ancora per 17 mesi. Nello stesso tempo, però, si registra un incremento del fastidio verso tutte le misure, le restrizioni adottate. La gente non ne può più.

Alcuni paesi stanno allentando o cancellando alcune misure restrittive anti-Covid. Sono d’accordo anche gli italiani?

Più di un quarto dell’opinione pubblica sente un bisogno di leggerezza, di riprendere a fare esperienze e vorrebbe sentirsi un po’ più sereno e disteso.

E’ sempre alto il giudizio sulle misure di contenimento della pandemia adottate dal governo?

Abbiamo registrato una piccola flessione: nell’ultimo periodo per il 45% dell’opinione pubblica la gestione della pandemia è peggiorata rispetto alle fasi precedenti. Ma il consenso sull’operato del governo è sempre al 59% e quello per il premier Draghi è al 62%.

(Marco Biscella)

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