I SONDAGGI, IL PUNTO. Governo che dopo la Nadef non riesce ancora a scaldare gli italiani, registrando un consenso al 31,5%, in calo di 1,1 punti percentuali. In lievissima discesa anche la Lega, al 31,2%, mentre il Pd, dopo il saccheggio iniziale di Italia Viva, ora in leggerissima flessione, torna a superare con il 20,7% un M5s (al 20% tondo tondo) alle prese con problemi interni. Tra i leader, Di Maio è sempre più schiacciato da Conte, mentre Salvini, che pure continua a far da traino al Carroccio, deve al più presto aggiornare il suo tratto, adeguandosi al nuovo scenario di leader di un partito non più al governo, bensì all’opposizione. E’ il quadro del termometro del gradimento politico che traccia Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, mentre il Paese è nel pieno della preparazione della manovra 2020 e presto potrebbe subire le fibrillazioni di un doppio Russiagate interno.



Dopo la Nadef, come si sta muovendo la fiducia nel governo Conte-2?

Non ha fatto recuperare punti: la fiducia è calata di 1,1 punti percentuali e scende al 31,5%. Non c’è luna di miele, la Nadef sembra tutta assorbita dal blocco dell’aumento dell’Iva, che fa senz’altro piacere agli italiani, ma per il resto non c’è nulla, tanto che una manovra da 30 miliardi complessivi – come scrive lo stesso governo – dà una spinta alla crescita appena dello 0,2%.



Svolta green e lotta all’evasione, due bandiere del Conte-2, possono scaldare il cuore degli italiani?

Sicuramente molto meno rispetto a temi bandiera come immigrazione e sicurezza, perché sono più difficili da capire. La svolta green, in realtà, è solo forse l’intenzione di una svolta, perché nella Nadef di risorse in questo campo non ce ne sono granché. Per quanto riguarda l’evasione, gli italiani sono senz’altro contenti, visto che la maggior parte paga regolarmente tasse elevate, il problema però è che sembra un obiettivo non facilmente raggiungibile. Le stime ufficiali dell’evasione complessiva parlano di 109 miliardi, quelle ufficiose di 190 circa, ma non sono gettito che fa parte delle entrate dello Stato. Sette miliardi dalla lotta all’evasione mi sembrano un obiettivo ambizioso. Basti pensare che la fatturazione elettronica, che pure ha un’architettura molto complessa, ha portato benefici per meno di 3 miliardi.



L’alleanza di governo M5s-Pd può estendersi anche a livello regionale, partendo dal voto in Umbria. Quanto “piace” questa formula?

La nuova geometria politica del governo nazionale al momento raccoglie una fiducia tiepida, ma gli elettori sono abbastanza propensi a questa formula. Lo scoglio è proprio l’Umbria, perché in questa regione è stato proprio il M5s a denunciare la malasanità gestita dal Pd, dopo la strada sarà più in discesa. Questa alleanza col tempo non può che rafforzarsi, come “digeribilità” nell’opinione pubblica, in funzione dell’azione di governo. Ora siamo in un campo sconosciuto e a livello regionale la quadratura di questa nuova alleanza si giocherà molto sull’equilibrio che verrà trovato sui nomi dei candidati presidenti. In Umbria è stato facile convergere su un candidato terzo, in Emilia-Romagna sarà sicuramente più difficile.

Osservatori e sondaggi sono concordi: il Pd pagherà il prezzo più alto da questa alleanza di governo. Come sta andando il Pd?

Il Pd, dal punto di vista del consenso netto, ha pagato la scissione di Italia Viva, che gli ha sottratto quattro punti, quattro punti e mezzo. Oggi il Partito democratico ha superato il M5s e si attesta al 20,7%, recuperando un punto rispetto alla settimana scorsa. E credo anche che non stia pagando un prezzo, anzi: nelle ultime settimane, dopo l’uscita di Renzi, sul Pd è tornato un po’ di consenso, probabilmente per il fatto che gli elettori dem sono favorevoli a questa formula di governo, mentre Renzi sta alzando il livello di conflittualità.

Proprio Italia Viva e Renzi sono a caccia di visibilità e i sondaggi sembrano premiarli. Sono davvero in ascesa? E a danno di chi possono pescare nuovi consensi?

La forza e il limite di Renzi è che gli italiani lo conoscono molto bene. Sta stare sulla scena politica, ma l’opinione pubblica lo percepisce molto divisivo, non ha zone grigie, e questo limita i suoi spazi di manovra. Adesso Italia Viva è in leggerissima flessione, per il fatto che sta riproponendo un film già visto: l’innalzamento della conflittualità all’interno del proprio perimetro politico. Renzi ha comunque un bacino di elettori tra il 3% e il 6% disposti a seguirlo. Quanto poi questo si trasformi in consenso nelle urne, è ancora difficile da capire.

Il M5s ha portato a casa il grande successo del taglio dei parlamentari. E’ un tema che si riverbera anche sul loro gradimento?

Abbiamo registrato un leggerissimo incremento dello 0,2%, che ha riportato i Cinquestelle al 20%, ma il dividendo del taglio dei parlamentari, battaglia di lungo corso del Movimento, è in parte già stato incassato.

Intanto i dissidenti sono usciti allo scoperto. M5s rischia la scissione? E in tal caso, quanto potrebbero perdere il Movimento e Di Maio?

Di Maio, che arriva dopo una sconfitta pesante alle Europee, sta pagando il prezzo di essere un leader di due stagioni completamente diverse tra loro: leader del M5s quando era alleato con la Lega, leader del M5s alleato del Pd. Vive molte contraddizioni in un M5s che sta passando da una fase adolescenziale, dove andava benissimo il capo indiscusso, a una più matura, con la necessità di avere delle regole interne e una governance più condivisa. Il M5s ha una sorta di crisi di identità: non c’è più quella narrazione facile, quando era all’opposizione, di essere diverso dagli altri; oggi deve fare i conti, essendo al governo, con il dover fare, che è una narrazione quotidiana, in cui rimane sempre scoperto qualcosa. I Cinquestelle dovranno attrezzarsi e ripensarsi e le tensioni saranno all’ordine del giorno. Infine, su Di Maio pesa la figura di Conte, molto apprezzata e che è riuscito a essere il trattino di due alleanze diverse, assumendo così una maggiore statura politica.

Chi è invece all’opposizione da due mesi è la Lega. Per Salvini è una condizione penalizzante in termini di consenso e di intenzioni di voto?

Subito dopo il picco delle Europee, un po’ come successe a Renzi nel 2014, la Lega è rimbalzata oltre il 40%, ma dopo lo choc della crisi di governo è calata e si è attestata tra il 30% e il 33%. Oggi la stimiamo al 31,2%, in lievissimo e lentissimo calo. Ancora gode però del traino di Salvini, anche se questa narrazione non potrà durare a lungo.

Perché?

Salvini racconta ancora una Lega molto simile a quella prima della caduta del Conte-1, è come se dovesse superare quella fase per entrare in uno spazio nuovo, che è appunto quello dell’opposizione. Sembra non avere ancora trovato la faccia giusta, il tratto giusto, ma sta cambiando. Se completerà questo passaggio, può tornare a crescere, anche abbondantemente sopra il 30%. Altrimenti c’è il rischio che nel tempo, soprattutto se il governo dovesse ingranare, che il suo consenso continui a scendere.

Ma Salvini può fare la stessa fine di Renzi?

Salvini, come Renzi, ha sì avuto il picco dei consensi dopo le Europee, ma non si è comportato allo stesso modo. Renzi era al governo, la Lega è finita all’opposizione: condizioni molto diverse. Non c’è un parallelo tra il Pd del 2014 e la Lega del 2019, perché oggi giocano in ruoli diversi.

Restando nel centrodestra, si conferma l’ascesa di Fratelli d’Italia che ha superato Forza Italia?

No, adesso Forza Italia è riuscita nel contro-sorpasso, ma parliamo di incollature, sempre intorno al 7-8% per entrambi.

Conte e Salvini sono i due politici che ispirano maggiore fiducia agli italiani. Ma entrambi sono alle prese con un loro Russiagate. Chi dei due rischia di uscirne più ammaccato?

Dipende molto da quello che le inchieste fanno e faranno emergere. Con Conte siamo all’inizio, con Salvini le vicende sono andate avanti e presto o archiviano o devono formulare qualcosa. Dal punto di vista dell’immaginario collettivo, il Russiagate della Lega colpisce di più, perché è più facilmente comprensibile. La vicenda di Conte è più complessa, non si capisce se sia più una responsabilità politica o una responsabilità personale. Oltre tutto siamo nel delicato campo dei rapporti tra Stati.

Si notano già i primi riflessi sul gradimento di Conte?

Conte ha subìto sì un calo di consensi, ma non è attribuibile al Russiagate. Più di prima, Conte viene pesato sull’azione di governo, di cui è premier e leader.

Gualtieri ha dichiarato di aver sostanzialmente ottenuto l’ok della Ue sul deficit al 2,2%. Ma quanto ci si può fidare della nuova Commissione von der Leyen, a parole più morbida verso l’Italia?

In effetti, sembra che ci sia maggiore benevolenza verso l’Italia, ma che sia davvero così, bisogna aspettare la prova dei fatti. Intanto dobbiamo capire cosa Bruxelles risponderà sulla Nadef, visto che il dato che conta, l’indebitamento strutturale, quello al netto dei cicli economici e su cui la Ue era pronta a infliggerci una procedura, è all’1,5%, superiore all’1,2% dell’anno scorso. Questo sarà un test per capire se è cambiata la posizione della Commissione Ue oppure no. E già sulla vicenda della redistribuzione dei migranti si registra una certa distanza tra gli annunci e i fatti, visto che si parla di uno stop dopo l’accordo di Malta.

(Marco Biscella)