Ha assicurato che “non c’è alcuno stallo al Governo”; ha bacchettato la maggioranza sui rapporti con Bruxelles; ha delineato gli obiettivi della fase 2 del suo esecutivo; ma soprattutto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha lanciato un ultimatum ai due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio: “Se non avrò risposte chiare e rapide – ha dichiarato nella conferenza stampa a Palazzo Chigi – rimetterò al Colle il mandato. Personalmente resto disponibile a lavorare nella massima determinazione di un percorso di cambiamento. Ma non posso compiere questa scelta da solo. Le due forze politiche devono essere consapevoli del loro compito. Se ciò non dovesse esserci, non mi presterò a vivacchiare per prolungare la mia presenza a Palazzo Chigi”. Come va interpretato questo intervento del premier? Su quale dei due leader della maggioranza avrà più effetto? E quali scenari politici potrebbe aprire? Come cambiano i sondaggi politici alla luce degli ultimi avvenimenti? Lo abbiamo chiesto a Carlo Buttaroni, politologo e sondaggista, presidente di Tecnè.



Il discorso televisivo di Conte è un segnale di forza o di debolezza?

E’ un segnale di forza nel momento in cui ha scelto di recuperare il centro della scena politica, volendo esercitare fino in fondo il suo ruolo di presidente del Consiglio. E lo ha fatto senza timori, in modo molto netto. E’ anche un segnale di debolezza, ma di debolezza intrinseca, che dipende dal fatto che Conte non ha una propria forza politica in grado di sostenerlo.

Conte ha invitato Di Maio e Salvini a uscire da questa lunga campagna elettorale che ha accompagnato gli ultimi mesi, dalle elezioni regionali fino al voto del 26 maggio. Ha parlato a una Lega ancora in crescita e a un M5s che resta in affanno?

Credo che il voto sulla piattaforma Rousseau per la riconferma di Di Maio a leader dei Cinquestelle confermi semplicemente il sentiment degli attuali elettori e molto meno quello di chi non ha votato più il Movimento, scelta indotta proprio dalla linea politica e dall’azione di governo assunte nell’ultimo anno e giudicate inefficaci.

Negli ultimissimi sondaggi in fatto di consensi si confermano i risultati del voto europeo?

Per i vincitori della Lega registriamo l’effetto “salire sul carro del vincitore”: oggi i consensi a Salvini si aggirano intorno al 35-36%, cioè uno-due punti in più rispetto al voto, mentre il M5s è ancora in leggera flessione, al 16% circa. Siamo però ancora lontani dal capire bene quale può essere l’impatto dell’opinione pubblica nel momento in cui potrebbe riprendere l’azione di governo o nel caso estremo che si debba tornare alle urne.

Conte finora ha dovuto sempre mediare: tra Lega e M5s, tra Palazzo Chigi e Quirinale, tra Italia e Ue. Secondo lei, l’intervento di ieri rafforza agli occhi degli italiani il suo ruolo?

Sì, Conte si rafforza, perché è sembrato voler rivendicare un ruolo meno di mediazione e più di guida. Ha voluto perimetrare in modo netto un campo, quando ha detto: ci sono state delle invasioni di campo proprio nel momento in cui io e Tria stavamo trattando con la Ue sul tema della possibile procedura d’infrazione. Che poi si riferisse a Salvini, a Di maio, a nessuno dei due, alla manina che ha fatto uscire il testo della lettera, non lo sappiamo, ma questo è un campo delicato e ha ribadito che su questi temi la leva è in mano a lui, seppure di concerto con le forze che costituiscono la maggioranza, con i rispettivi leader, con il ministro dell’Economia e soprattutto con il presidente della Repubblica. Insomma, si è ritagliato un ruolo più istituzionale.

Conte ha chiamato a una maggiore responsabilità i due vicepremier. Il cerino acceso rimarrà nelle mani di Salvini o di Di Maio? Chi rischia di più?

Di Maio e i Cinquestelle devono adeguare la comunicazione e le posizioni assunte nei confronti della Lega, tornando a toni di maggiore sobrietà. La Lega deve invece mitigare in tutti i modi il nuovo peso politico uscito dalle urne. Entrambi hanno da limare molto. Ma c’è un ulteriore elemento di cui tenere conto.

Quale?

La Lega ha incassato consensi ampi anche per aver prospettato un’azione di governo più incisiva sui temi economici. Con indicazioni molto chiare: subito la flat tax, possibilità di sforare il deficit. Ma sui temi economici, oltre ovviamente al ministro Tria, le leve dei ministeri competenti sono in mano ai Cinquestelle, che guidano Sviluppo economico, Lavoro e Infrastrutture. A Salvini, dunque, viene chiesto un sacrificio maggiore: o concerta di più la sua azione o lima le sue posizioni.

Grandi opere e rapporti con la Ue saranno due nodi delicatissimi. Ma Salvini accetterà di fare un passo indietro dopo che gli italiani alle urne lo hanno premiato proprio per le sue posizioni favorevoli alle grandi opere e al mandato che sente di aver ricevuto dagli italiani per cambiare le regole europee?

Sono ben di più le tessere del puzzle che dovranno andare al loro posto e non è detto che ci andranno: come usare il tesoretto derivante dalla minore spesa per il reddito di cittadinanza, la flat tax, il no all’aumento dell’Iva, una Quota 100 indipendente dall’età, ampliandone così il raggio, la Tav, lo sblocca-cantieri, la revisione delle regole di Maastricht, l’abuso d’ufficio… Tutte questioni su cui sia Salvini che Di Maio dovranno limare le loro posizioni per far combaciare questi tasselli tra loro.

E sull’Europa? Salvini dovrà portare pazienza nelle trattative con la Ue, ma nello stesso tempo non potrà rinunciare alla battaglia per cambiare le regole?

Sarà un passaggio delicato non solo per Salvini, ma anche per Conte. Perché dopo le elezioni mi pare difficile che la Lega non porti avanti le istanze su cui ha ricevuto molti consensi. E nei rapporti con la Ue conterà molto quella che dovrà essere la quadratura dei saldi nella prossima Legge di bilancio. Se per introdurre i punti fermi cari alla Lega, come la flat tax, bisognerà sforare di molto il deficit senza far scattare le clausole di salvaguardia, ma su questo la Ue esprimerà un parere negativo o addirittura avvierà una procedura, vedo degli elementi di frizione molto evidenti tra Salvini e Conte.

Secondo lei, il Contratto di governo a questo punto andrà rivisto?

Di fatto è ancora valido. Il problema sarà far quadrare gli obiettivi della fase 2 con i conti. E sulle grandi opere bisognerà fare una scelta: molti cantieri sono ancora sospesi, in attesa di una soluzione da un lato politica e dall’altro economica.

Il rischio che Conte possa rimettere il mandato è più alto o più basso? Si avvicinano o si allontano le elezioni anticipate?

Credo che si sia allontanata la possibilità di un rimpasto di governo per riequilibrare le quote tra Lega e M5s. In questo momento la battuta l’ha fatta Conte, ora la risposta spetta a Salvini e a Di Maio, sia come leader dei due partiti di maggioranza che come vicepremier.

Secondo i suoi sondaggi, con quali possibili effetti sul gradimento del Governo?

Il gradimento era già ampiamente sotto il 50% da un po’ di tempo ed era in calo. Ora tutto dipenderà da come si rimetterà in marcia il Governo: seguirà la strada indicata da Conte oppure continueranno i conflitti che hanno caratterizzato il periodo elettorale? La risposta a questo dilemma cambierà molto l’esito dei sondaggi e le sorti sul gradimento degli italiani.

(Marco Biscella)