“In questo momento agli italiani forse interesserebbe di più i sondaggi su quale virologo o epidemiologo piace di più” dice scherzando Alessandro Amadori, esperto sondaggista, fondatore di Excalibur Sas e dell’Istituto Coesis Research, di cui è direttore. In realtà, la situazione è più seria. “Non lasciamoci abbagliare dalla fiducia al 60% di cui gode il governo, non significa che si traduca in intenzioni di voto. Siamo alle prese con un conflitto sociale in chiave quasi marxiana, tra cittadini protetti, come pensionati, statali, lavoratori dipendenti, e cittadini non protetti” spiega Amadori. “C’è una forza sotterranea, in progressivo accumulo, di protesta e ribellione. E impatterà sulle intenzioni di voto”.
Gli italiani, stando ai sondaggi, apprezzano i provvedimenti del governo, in particolare quelli relativi alla Fase 2?
L’argomento è più complesso di quanto sembra. Come sempre nei periodi di grandi crisi e di grave pericolo, scatta un processo di adesione e riavvicinamento reciproco tra governo e opinione pubblica. Poi però sotto la superficie si notano segni abbastanza evidenti di disagio sociale.
Quali?
Intendiamoci: sull’emergenza sanitaria c’è stato consenso, è su quella economica, molto a macchia di leopardo, che si avverte profondo disagio. Dopo 40 giorni abbondanti di lockdown alcuni milioni di persone iniziano a non disporre più di mezzi di sostentamento, a cominciare dalle partite Iva, che in Italia sono 4 milioni circa e rappresentano 12 milioni di elettori. Resta un consenso generale di superficie sulla gestione della fase sanitaria, ma cova del fuoco sotto le ceneri per quanto riguarda la questione economica, che nelle prossime settimane potrebbe metterci davanti a grosse sorprese.
Cosa intende?
È molto importante distinguere tra cittadini protetti, come pensionati, statali, lavoratori dipendenti, e cittadini non protetti. Siamo alle prese con un conflitto sociale in chiave quasi marxiana. Non lasciamoci abbagliare dalla fiducia al 60% di cui gode il governo, non significa che si traduca in intenzioni di voto, né vuol dire che sulle singole decisioni settoriali economiche ci sia altrettanto consenso. Si sta sottovalutando il rischio rappresentato da tutti quelli che erano già poveri e i possibili nuovi poveri, i lavoratori non tutelati.
Secondo i suoi sondaggi che fiducia gode oggi Giuseppe Conte?
Stazionaria, sul 60%. Teniamo conto che ha toccato picchi del 70%, mai visti prima nella storia repubblicana. L’indicatore della fiducia rimane alto, però dietro a questa fiducia c’è una forza sotterranea, in progressivo accumulo, di protesta e ribellione. Ci sono milioni di italiani che hanno la sensazione di essere condannati dallo Stato a essere o diventare poveri, è un processo ancora latente ma destinato a esplodere. E impatterà sulle intenzioni di voto: in questo senso non penso che la Lega si sia indebolita, come dicono molti.
Perché? A quanto è oggi la Lega?
La Lega resta tra il 27-28% rispetto al 31% che aveva toccato due mesi fa. Non conta molto questa leggera perdita, perché stanno tornando alla ribalta tutti temi di competenza della Lega: i piccoli imprenditori, il territorio, il rapporto con la globalizzazione.
Come cambia il consenso nel centrodestra? Le risulta che Berlusconi, in posizione più moderata di Salvini e Meloni stia riguadagnando consenso?
Non mi risulta che Forza Italia stia guadagnando punti, sta sempre poco sopra al 6%. C’è invece un ribilanciamento nel centrodestra: i punti persi dalla Lega sono andati a Fratelli d’Italia, che si avvicina al 13%. Siamo davanti a un travaso a vantaggio di Giorgia Meloni.
Le forze di governo?
Sono nel complesso ferme al 45%, con il M5s leggermente in recupero al 15,1% e il Pd ancorato al 20,7%.
Come i sondaggi giudicano l’operato del presidente Mattarella?
Non è giudicato, si è tenuto da parte, rimane nel suo ruolo che non esprime praticamente nulla. Stazionario, come sempre accade con i capi di Stato.