I sondaggi politici sulle intenzioni di voto oggi dicono che il centrodestra è vicino al 50%, mentre il centrosinistra, includendo anche il M5s, arriverebbe al 46%. Secondo le ultime rilevazioni di Fabrizio Masia, direttore generale e partner Emg Acqua (Marketing & Opinion Research), la Lega con il 32% resta il primo partito, anche se la sua forza propulsiva si sta arrestando, il Pd viaggia sempre intorno al 19%, mentre il M5s (15,3%) rischia un ulteriore smottamento nelle regionali dell’Emilia-Romagna, dove Bonaccini, grazie anche al movimento delle Sardine che ha regalato orgoglio e convinzione alla coalizione di centrosinistra, è in vantaggio (46,5% contro 44%) su Lucia Borgonzoni, candidata del centrodestra. E il gradimento verso il governo? In attesa di capire i numeri e le misure della manovra 2020, si attesta intorno al 30%.



Gli ultimi sondaggi ci dicono che la Lega è ancora al primo posto, ma la sua forza propulsiva sembra essersi arrestata. Come mai? Pesa il fatto che il partito è all’opposizione e che Salvini non abbia ancora trovato un tema trainante come l’immigrazione?

Potrebbe essere così, ma credo che, essendoci flussi elettorali soprattutto intra-coalizioni, è chiaro che la crescita di Fratelli d’Italia in parte è dovuta proprio alla non eccessiva decrescita della Lega, che ha perso un paio di punti nell’ultimo mese-mese e mezzo, mentre oggi FdI ha superato di qualche decimale il 10%.



Osservando i flussi elettorali che spostamenti si notano?

Non si vedono grandi spostamenti da destra a sinistra e da sinistra a destra. Anzi, sono veramente marginali. Ci sono però dei deflussi dal M5s.

In che direzione?

Il tesoretto di voti che aveva il M5s alle Politiche e che poi è calato alle Europee oggi è sceso ulteriormente. Quei voti, a livello nazionale, stanno andando per il 60% circa verso il centrodestra e per un 40% circa verso il centrosinistra. In Emilia-Romagna invece le percentuali sono rovesciate. La vera sfida è andare a intercettare i voti in uscita dal M5s o dall’area del non voto. Altri giochi non se ne vedono.



Il bacino del non voto si sta svuotando?

Tra indecisi e non voto oggi siamo intorno al 30%. Tendenzialmente i non votanti sono i più disgustati, i più delusi e i più lontani dalla politica. In occasione però delle elezioni politiche tendono a valutare l’ipotesi di andare a votare. Tra le Europee e le Politiche ci sono grosso modo un 10-15% di scarto, persone che alle Politiche si orientano verso il voto di brand o il voto di flusso.

Che cosa intende dire?

Essendo persone che seguono poco la politica, è abbastanza normale che tendano a spostarsi sui partiti più conosciuti, più ricordati oppure più evocativi, per esempio +Europa, che interessa molto i non votanti perché trasmette un concetto di europeismo molto semplice e chiaro. Oppure tendono a votare quello che appare essere il partito più in voga al momento.

E in questo momento?

L’area del non voto si sta muovendo verso i grandi movimenti, come la Lega e il Pd. Molto meno su Forza Italia e liste minori.

A proposito di Pd, Zingaretti è riuscito a interrompere quella fase per cui il partito ha pagato in termini di consensi la sua decisione di sostenere il governo senza se e senza ma in nome della responsabilità, della governabilità, dell’Europa-che-ce-lo-chiede?

Il Pd resta intorno al 19%, nonostante Italia Viva di Renzi al 5% e Azione di Calenda al 2%, ma dai nostri sondaggi risulta, in media, che nei partiti c’è sempre uno zoccolo duro del 70% e una parte più fluttuante del 30%, che laddove dovesse spostarsi lo fa sempre all’interno della coalizione. Se il Pd è al 19%, vuol dire che in realtà lo zoccolo duro è al 13-14%, c’è dunque un 4-5% che si può sempre spostare. Difficile dire se il processo di erosione del Pd sia o no finito, così come non si può dire che questo 19% sia la soglia più alta. In caso di ulteriore deterioramento dei Cinquestelle il Pd potrebbe passare al 22%. E non è un’operazione incredibile.

Il M5s è sempre più diviso. In Emilia Romagna e in Calabria rischia di uscire ancor più ridimensionato?

Anche dai nostri carotaggi appare abbastanza inevitabile. Per due ragioni: primo, perché a queste elezioni regionali è stato attribuito un carattere più nazionale e quindi la sfida si sposta soprattutto tra i due grandi blocchi; secondo, il M5s storicamente è più forte a livello nazionale che locale, perché i valori e gli elementi programmatici più identitari, come reddito di cittadinanza o taglio dei vitalizi, sono battaglie più generali che territoriali. Mi aspetto dunque delle performance del M5s sicuramente assai meno rilevanti rispetto alle Europee. Ma è fisiologico.

Il M5s in Emilia ha scelto il candidato. In assenza di un nome i vostri sondaggi quotano i pentastellati al 5,5%. E ora?

Possiamo ipotizzare che i Cinquestelle possano arrivare al 9-10% al massimo, non certo al 14-15%. Anche perché, con le feste natalizie di mezzo, la campagna elettorale si giocherà nei prossimi sette-otto giorni e poi per meno di tre settimane a gennaio.

A proposito di Emilia Romagna, la candidata del centrodestra Borgonzoni è a soli 2,5 punti percentuali in meno da Bonaccini, che pure è considerato un presidente di Regione forte. Dobbiamo aspettarci un testa a testa fino al 26 gennaio?

Rispetto al primo sondaggio di un paio di mesi fa il divario, che allora era di mezzo punto percentuale, si sta un po’ allargando a favore di Bonaccini.

C’entrano in qualche modo anche le Sardine?

Il movimento delle Sardine ha fatto vedere al centrosinistra che c’è ancora tanta gente che in questo momento pensa che il vento leghista possa essere fermato. Credo che siano state in grado di inorgoglire il centrosinistra, rendendolo meno timoroso nell’affrontare la sfida elettorale. Prima i partiti di centrosinistra sembravano più rassegnati, oggi sono più convinti. Comunque la mia sensazione è che chi vincerà difficilmente lo farà con un divario superiore al 5-6%.

La vicenda del Mes ha ammaccato l’immagine di Conte?

No, perché gli italiani capiscono poco del Mes, a partire dall’acronimo stesso.

Ma il gradimento di Conte come si sta muovendo?

Non è certo in risalita, stando agli ultimi sondaggi si sta grosso modo stabilizzando appena sopra il 30%, la stessa bassa percentuale di consenso di cui gode il governo. Ora gli italiani sono in attesa di vedere i contenuti della manovra.

(Marco Biscella)