Uno sguardo allo scenario politico e ai sondaggi. Alle regionali in Umbria Pd e M5s si presentano divisi sui candidati. Nel centrodestra Silvio Berlusconi ribadisce che “con la Lega dobbiamo restare alleati, perché il centrodestra unito vince”, ma – secondo un’indiscrezione raccolta da Repubblica – avrebbe confidato ai suoi che Francesca Pascale “non sopporta Salvini. Dice che è il male. E che io non posso abbracciarlo, politicamente s’intende”. In questo clima di ammiccamenti e dissapori, ad aggiungere ulteriore sale sulle divisioni tra i partiti ci si è messo Matteo Renzi, con la sua decisione di uscire dal Pd per fondare Italia Viva, una nuova formazione che guarda con interesse a indecisi, astenuti e scontenti del centro-destra.



Insomma, un panorama politico frastagliato, in cui galleggia il governo Conte-2, che – forse primo caso nella storia repubblicana – è partito senza la classica luna di miele che si è disposti a concedere a un esecutivo nascente. L’intreccio rischia di rendere ancora più liquido un elettorato già molto ondivago di suo. Con impatti, ovviamente, su consensi e intenzioni di voto. E cosa legge oggi Renato Mannheimer su questo sismografo della politica? “Il centrodestra può strappare l’Umbria al Pd; le divisioni sulle Regionali tra Pd e M5s non sono ancora un casus belli, ma potrebbero accendersi in sede di preparazione della Legge di bilancio; Renzi ha un potenziale di crescita fino al 15%, Salvini è ancora molto forte sopra il 30%, Conte ha un tasso di popolarità intorno al 50%, anche se il suo governo si mantiene sotto il 40%, un consenso molto basso”.



Partiamo dalle regionali in Umbria. I Cinquestelle decidono di sostenere il sindaco di Assisi, Stefania Proietti, mentre il Pd, che si dichiara “sorpreso”, continua a puntare su Andrea Fora, giovane leader della Confcooperative locale. Come potrebbe finire la sfida nelle urne?

Se Cinquestelle e Dem si presentano divisi, il centrodestra ha buone chance di portare via la Regione al Pd.

Il caso Umbria è una fessura tra M5s e Democratici che può diventare una crepa più profonda?

Sicuramente questo dissidio si vedrà nella stesura della Legge di bilancio, anche se è ragionevole prevedere che l’interesse di restare al governo è tale che in qualche modo M5s e Pd si metteranno d’accordo. E se l’Umbria non può essere un casus belli, perché è un’elezione locale che non impatta sui destini del governo, è vero che in nuce ci sono delle contraddizioni: il governo, di fatto, non ha ancora iniziato a funzionare, dobbiamo quindi aspettare di vedere cosa succederà quando sorgeranno le questioni vere, a partire proprio dall’agenda economica.



I Cinquestelle invocano un’apertura ai candidati civici. È un segno di debolezza o una strategia per cercare di risalire la china?

Sono vere entrambe. Da una parte, tenendo presente che anni fa erano contrari alle candidature civiche, oggi vi sono stati costretti dal progressivo indebolimento dei loro consensi. E, dall’altra, questa scelta può essere una strategia vincente per non perdere ulteriori voti. Adesso sono divisi tra di loro e sono in calo di comunicazione politica.

Un calo di comunicazione politica che si traduce anche in un calo di consenso?

Premesso che la comunicazione, in tempi in cui gli elettorati si spostano continuamente e che metà degli elettori è disattenta, è un fattore importante e premesso che in periodi relativamente lontani da appuntamenti elettorali è difficile calcolare il consenso dei partiti, oggi il M5s è stimato sotto il 20%: deve, quindi, cercare qualcosa per evitare un forse inevitabile declino.

Renzi è sceso in campo. Quanto può valere Italia Viva e quanto può rosicchiare al Pd?

Secondo alcune rilevazioni, Italia Viva, che avrebbe sottratto un 2,5% al Partito democratico, è stimato intorno al 3,5%. Sono cifre teoriche, perché tanti elettori non sanno neanche che esiste Italia Viva. Ma Renzi ha enormi potenzialità.

Perché?

Ha tutta l’area di centro e del centro-destra delusa che lo guarda. È un mercato potenziale molto ampio, tra il 12% e il 15%, però va conquistato. E per ora non lo ha fatto. Dipenderà se saprà dire cose trascinanti. Mi sembra difficile. L’elettorato vuole continuamente facce nuove, idee nuove, e Renzi non è certo nuovo come immagine.

E se scendesse in campo, sempre al centro, Urbano Cairo?

Avrebbe certo l’elemento della novità, si presenta un po’ come Berlusconi nel 1994, ma bisogna vedere cosa dice, cosa propone.

Renzi potrebbe anche decidere di andare a pescare consensi nel grande bacino degli indecisi?

Certo, perché molti di questi indecisi sono persone del centro-destra che si sentono elettori moderati scontenti dell’offerta: vedono Forza Italia ormai in declino e Salvini come troppo estremista. Il grande potenziale è lì. Anche perché c’è una differenza da rimarcare.

Quale?

Tra gli astenuti di un tempo, che erano persone che si disinteressavano di politica, con basso titolo di studio, prevalentemente anziani, e gli astenuti alle ultime Europee: si tratta in gran parte di giovani, laureati o diplomati, persone attive che si sono tenute volontariamente alla larga dal voto, in quella che i sociologi definiscono “disattenzione volontaria”, non disinteresse. Tutta gente che può tornare a votare. Vedremo se Renzi saprà conquistare questo grande mercato, ma Cairo penso abbia più chance.

Un grande mercato, giusto. Ma quali possono essere le corde giuste per conquistarlo?

I temi economici, non c’è dubbio. Salvini ha vinto con l’immigrazione, che ancora adesso è un tema sentitissimo dagli strati sociali più deboli e arrabbiati. Ma gli strati più centrali guardano soprattutto all’economia e ai conti pubblici. Che sono poi i grandi assenti nel dibattito politico attuale.

E l’ambiente? In tutto il mondo abbiamo assistito a più di 150 cortei affollatissimi contro il cambiamento climatico. In Italia i Verdi contano lo zerovirgola, ma la sostenibilità muove i giovani…

Questo è un mistero. Perché l’Italia è uno dei Paesi più sensibili alla sostenibilità, e il trend cresce di anno in anno. Secondo le nostre ultime rilevazioni semestrali dell’Osservatorio Eumetra, quasi il 70% degli italiani ritiene che questo sia un tema molto importante. All’estero i partiti sono riusciti a usare politicamente questa sensibilità. Da noi nessuno, i Verdi meno che mai ci sono riusciti. Forse non trovano la chiave giusta, non ci si può limitare solo alle grandi intenzioni.

Il premier Conte, non a caso, insiste molto sul Green New Deal e negli ultimi tempi si sta muovendo perché, consapevole di essere un capo senza truppe, vuole mettere in piedi un suo “esercito”. Scendesse in campo, quanta forza avrebbe come leader politico?

Conte è il possibile grande leader del centro, ha molte chance, perché è una faccia – paradossalmente – nuova, ha un tasso di popolarità molto alto, intorno al 50%. Bisogna però vedere come si comporterà con questo governo giallo-rosso.

Infatti il Conte-2 è partito senza godere di troppo favore. E oggi?

Di solito i governi partono con una luna di miele. Il Conte-2 invece è partito con un consenso piuttosto basso, sotto il 40%, ma potrebbe aumentare.

Salvini è in risalita, dopo la botta della crisi di governo e la perdita di visibilità che il ruolo di ministro dell’Interno gli garantiva?

Sì sta risalendo, ma la Lega non è mai scesa tanto, ha perso al massimo uno-due punti, e resta ben sopra il 30%. Salvini continua a essere un attore importante nello scenario politico, perché sa parlare in modo coinvolgente.

Renzi è propenso a seguire la rotta indicata da M5s e Pd per una riforma elettorale proporzionale, ipotesi su cui sta convergendo anche Berlusconi. Addio al maggioritario?

Cosa succederà non lo so. I sistemi elettorali vanno trattati con estrema delicatezza e può anche darsi che i due alleati di governo arrivino a non combinare nulla. Per di più abbiamo a che fare con alcuni politici che non sono esperti della materia. Certo, la voglia di proporzionale potrebbe essere un punto di saldatura tra Renzi e Berlusconi perché entrambi ne hanno bisogno, altrimenti le loro forze politiche spariscono.

(Marco Biscella)