Dopo le parole chiare (“In Italia non si entra illegalmente, la selezione non la faranno i trafficanti di esseri umani. Vogliamo governare i flussi anziché subirli”) pronunciate mercoledì in Parlamento dal nostro ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e in vista di un’azione, che si presume in tempi rapidi, dell’Ue sul dossier migranti, da Bruxelles si viene a sapere che “si lavorerà intensamente a un accordo politico sui principali punti” sul tavolo e “in particolare sull’intesa sui ricollocamenti e su una gestione trasparente e regolamentata dei salvataggi in mare”. Non solo: su spinta proprio dell’Italia, il 25 novembre si terrà il vertice straordinario dei ministri dell’Interno europei sul dossier immigrazione.
Dossier che in Italia è ancora molto sentito, come conferma un recente sondaggio Ipsos, in base al quale “il 62% degli italiani non vuole che siano accolti tutti i migranti che arrivano”, una percentuale omogenea su tutto il territorio nazionale. “Sta crescendo – spiega Enzo Risso, docente di teoria e analisi delle audience nell’Università La Sapienza di Roma e direttore scientifico di Ipsos – la consapevolezza che il fenomeno immigrazione va affrontato a livello europeo, perché non può essere lasciato solo in mano a paesi, come Italia e Grecia, che sono la frontiera meridionale della Ue”.
Che cosa pensano gli italiani?
Oggi il 70-80% vive uno stato di tensione verso gli immigrati, più del 40% è favorevole all’arresto dei clandestini, il 40% circa è d’accordo con i respingimenti e un italiano su due chiede politiche di assoluta chiusura delle frontiere.
Che opinione hanno invece dell’accoglienza?
Alla domanda se e quanto sono d’accordo con l’affermazione che l’Italia non può accogliere tutti i migranti che arrivano nel nostro Paese, quasi due terzi degli italiani, esattamente il 62%, condividono questa opinione. Coloro che invece non sono d’accordo arrivano al 29%, il resto non sa/non risponde.
Si notano differenze fra le diverse aree del Paese?
No, è un dato abbastanza omogeneo a livello nazionale. Se al Nord-Ovest, per esempio, arriviamo al 66%, al Sud e nelle Isole siamo al 65% circa. Solo al Centro la percentuale è di poco sotto il 60%. Ma è sicuramente un dato che divide molto politicamente l’Italia.
Come la pensano su questo gli elettori di centrodestra e quelli di centrosinistra?
A essere d’accordo con l’affermazione che l’Italia non può accogliere tutti i migranti che arrivano da noi è l’88% degli elettori di Fratelli d’Italia e il 79% di quelli della Lega, ma è anche l’87% di quelli di Forza Italia.
E nel centrosinistra si nota una compattezza contraria?
No, nel Pd e nel M5s ci sono due situazioni differenti, perché fra gli elettori Cinquestelle a essere d’accordo è il 55%, mentre nel Pd scende addirittura al 30%. In compenso tra questi ultimi solo il 20,7% pensa che si debba accogliere tutti. Negli altri partiti, Azione-Italia Viva compresi, il dato oscilla sempre intorno al 60%.
Ci sono classi sociali in cui questo rifiuto ad accogliere tutti è più acuto?
Nei ceti popolari l’accordo con l’affermazione raccoglie il 60% e nel ceto medio è ancora più alto, al 65%. È vero che c’è una polarizzazione alla chiusura nei ceti medio-bassi, ma è anche vero che è cresciuta nel tempo l’avversione all’immigrazione nello stesso ceto medio. Ma a colpirmi è soprattutto un altro aspetto.
Quale?
L’avversione è molto più radicata fra i lavoratori autonomi e i professionisti, che è al 63%, rispetto agli operai, dove si ferma al 55%. E ancora: è molto alta fra i cattolici, intorno al 75%, rispetto ai non credenti, che è al 51%.
Questo dato è sorprendente. Potrebbe dipendere dal fatto che i cattolici sono attenti non solo all’accoglienza, ma anche all’integrazione, cioè che debbano essere garantite condizioni di vita adeguate e dignitose a tutti, sia a chi viene accolto, sia a chi accoglie?
A mio avviso, c’è una quota dell’opinione pubblica cattolica, soprattutto in chi ha un rapporto con la fede più freddo, da feste comandate per intenderci, che non vede di buon occhio l’arrivo degli immigrati per vari motivi, specie per motivi legati alla sicurezza, alla paura di perdere la propria identità, a questioni religiose. Fermo restando, però, che lo stesso mondo cattolico, specie quello di base, è fortemente impegnato in prima linea nell’accoglienza.
Si può dire che gli italiani sono xenofobi?
Xenofobi no, direi piuttosto che soffrono di mixofobia.
Mixofobia? Di che paura si tratta?
Il concetto, espresso dal filosofo Zygmunt Baumann, indica la difficoltà nel sentirsi nella diversità. Un atteggiamento che è frutto della complessità della società attuale. Sono aumentate le persone che affermano di aver perso capitale sociale, che hanno visto ridursi negli ultimi anni la propria rete relazionale, di amicizie e di conoscenze.
Ma c’entrano anche fenomeni come lo sgretolamento del ceto medio e la precarizzazione del lavoro?
Senza dubbio.
Che opinione hanno gli italiani delle Ong?
Su questo gli italiani evidenziano una certa distonia. Vedono con favore il volontariato e di certo non criminalizzano le Ong, ci mancherebbe. A spaventare non è tanto il diritto-dovere di salvare le vite umane, quanto poi la gestione: non nutrono una grande fiducia nell’Ue su come verranno gestiti e redistribuiti i migranti accolti.
Il tema migranti è tornato a essere uno dei nervi scoperti del Paese?
Non se ne era mai andato, permane da tempo. Noi abbiamo l’idea, sbagliata, che se un tema esce dall’agenda massmediatica, e quindi non se ne parla o se ne parla pochissimo, è come se non ci fosse più. Ma non è che il sopraggiungere del Covid o della guerra in Ucraina abbiano cancellato questo fastidio…
Quindi il tema dell’immigrazione non è mai uscito dall’agenda dell’opinione pubblica?
Tenga conto, per esempio, che i temi sicurezza e immigrazione sono ai primi due posti fra gli elettori salviniani, fra gli elettori meloniani e comunque tra i primi cinque temi fra gli elettori berlusconiani.
Com’è cambiata l’opinione della maggioranza degli italiani sull’immigrazione negli ultimi 10 anni?
C’è una continuità nei cambiamenti. Da un lato, rispetto ai primi anni duemila, il tema immigrazione è schizzato al primo posto in strettissima connessione con quello della sicurezza e della microcriminalità. Dall’altro, negli ultimi anni c’è stato un rallentamento di questa avversione e una presa di coscienza maggiore sul fatto che l’immigrazione è un processo inevitabile, complesso, legato non solo a fattori di instabilità politico-militari, come le guerre e i conflitti etnici, ma anche a fattori di cambiamento climatico, come desertificazioni o carestie.
Un fenomeno che va quindi gestito. Secondo gli italiani come?
Con visione umanitaria e con risposte a livello europeo, perché non può essere lasciato solo in mano a paesi, come Italia e Grecia, che sono la frontiera meridionale della Ue.
(Marco Biscella)
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