SONDAGGI – Gli italiani appoggiano le misure assunte dal Governo Draghi per fronteggiare l’emergenza Covid. Secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli, infatti, l’87% (+4% rispetto alla settimana precedente) degli attuali vaccinati si dichiara favorevole alla terza dose del vaccino anti-Covid, una percentuale che fra gli over 55 tocca il 91%, mentre tra i giovani si ferma all’82%. Promosse anche le nuove regole del super green pass, che sono condivise dall’80%.



In questo caso i più convinti sono gli elettori di centrosinistra (90%), un po’ meno chi vota M5s (76%) o centrodestra (77%). Solo il 71% però crede che il super green pass aiuti a ridurre i contagi, anche qui con percentuali più alte tra gli elettori di centrosinistra (86%), una ventina di punti in più rispetto a M5s e centrodestra. E la vaccinazione pediatrica degli under 12? La quota di favorevoli è attualmente al 59%, ma è in aumento di 5 punti rispetto all’ultimo sondaggio.



Crescita ancor più robusta (+8% nell’ultima settimana) tra i genitori: i favorevoli a vaccinare i bambini tra i 5 e gli 11 anni sono oggi al 56%. Come sta cambiando l’atteggiamento degli italiani verso la pandemia, i vaccini e le misure di contrasto ai contagi? Ne abbiamo parlato con Livio Gigliuto, sociologo, vicepresidente di Istituto Piepoli e tra gli autori del sondaggio.

Gli italiani sono molto propensi a fare la terza dose. Si può dire che ha vinto la linea del premier Draghi: vaccinare, vaccinare, vaccinare?

Ha vinto la linea Draghi, ma hanno vinto anche i contagi.

In che senso?

Ha vinto la linea Draghi, che ha avuto il grande merito di essere unidirezionale su questo tema, perché ha investito sulla vaccinazione fin dall’inizio, abbattendo anche la barriera dell’organizzazione e della velocità con cui condurre la campagna vaccinale.



Questa decisione si è riflessa anche sull’apprezzamento per lo stesso Draghi e per il suo governo?

Quella degli italiani con Draghi è una “luna di miele” molto lunga. Draghi, all’inizio del suo mandato, aveva un consenso pari al 70%, livello mai raggiunto da un presidente del Consiglio negli ultimi 20 anni, e ancora oggi, dopo quasi un anno, si attesta intorno al 60%. L’apprezzamento per il governo è invece leggermente più basso, di 2-3 punti percentuali, rispetto a quello di Draghi. E tra i ministri, fin dall’inizio della pandemia, Roberto Speranza resta tra i più apprezzati dall’opinione pubblica, con un livello sempre compreso fra il 40% e il 50%.

E i contagi che ruolo stanno giocando?

A spingere le persone a fare la terza dose è sicuramente la crescita dei contagi nelle ultime settimane, soprattutto dopo l’arrivo della variante Omicron. A supporto, poi, ci sono anche i dati degli altri paesi, in base ai quali con la terza dose i rischi diminuiscono, anche in misura rilevante. Il trend dei favorevoli alla terza puntura sta infatti salendo.

Fra i 18-34enni però la percentuale di favorevoli è minore, visto che si ferma all’82%. Perché?

All’inizio i più giovani non erano molto propensi alla terza dose, per due motivi: da un lato, i ragazzi hanno la percezione di correre meno rischi in caso di contagio rispetto ad altre fasce d’età, e quindi si sentivano sicuri già con le due dosi. Dall’altro, i più giovani sono anche gli ultimi che si sono vaccinati: molti tra i 18 e i 34 anni hanno fatto il vaccino 4-5 mesi fa. Abbastanza normale che la loro propensione sia un po’ più bassa.

Dopo l’arrivo di Omicron, quanto l’emergenza Covid fa ancora paura?

Il timore non è mai diminuito: la paura del contagio è sempre direttamente proporzionale alla forza dell’epidemia. Il punto più basso di paura d’infettarsi l’abbiamo toccato nell’agosto 2020, quando un italiano su due aveva abbastanza paura.

Poi come si è mossa questa curva?

È rimasta sempre molto alta. Quest’anno è scesa un po’ d’estate, intorno al 65%, mentre adesso siamo di nuovo tra il 75% e l’80%.

E il picco quando è stato raggiunto?

Sarebbe naturale pensare che il picco di paura sia stato toccato a marzo-aprile 2020, in realtà questo stato di ansia è continuo, è come se fosse un tassello della nuova normalità. Adesso è sugli stessi livelli di un anno e mezzo fa.

Nonostante i vaccini?

Come il virus rialza la testa, allo stesso modo sale la paura. E lo vediamo da alcuni comportamenti: si va un po’ meno a cena insieme, si indossa un po’ di più la mascherina anche all’aperto… Sono comportamenti che gli italiani hanno introiettato da quando hanno visto crescere i contagi.

Quattro italiani su cinque condividono le nuove regole del super green pass. Come se lo spiega?

In questo momento qualunque soluzione sia percepita come strumento di maggior prudenza è approvata per principio. Ed è una costante che abbiamo rilevato fin dall’inizio della pandemia.

Però tre italiani su dieci non credono che sia davvero efficace nel contrastare l’epidemia…

Più si tenta una via che con il tempo dimostra di non risolvere il problema, più cala la fiducia sulla possibilità che quella misura specifica possa essere risolutiva.

Dal sondaggio emerge che i più convinti sostenitori del super green pass sono gli elettori di centrosinistra. C’è un motivo?

Al super green pass sono favorevoli tutti, da Fratelli d’Italia al Pd, sempre a larghissima maggioranza. Però abbiamo sempre riscontrato una più marcata propensione all’adozione di strumenti più rigidi per il contenimento del Covid, fin dall’inizio, fra gli elettori di centrosinistra. E ciò dipende anche dalla comunicazione dei leader di questo schieramento, che hanno sempre sposato posizioni più prudenti rispetto al centrodestra, che più volte ha richiesto con maggior forza aperture e spazi di libertà.

Si può dire che oggi c’è minore insofferenza verso le misure restrittive?

Sì, perché nessuno ha la percezione che questa pandemia sia all’epilogo. Il livello più basso verso le restrizioni si è registrato ad agosto 2020, quando gli italiani pensavano che l’emergenza fosse finita.

E ora?

A maggio 2020 avevo chiesto agli italiani: “Ne usciremo e quando?”.

Le loro risposte?

La stragrande maggioranza diceva “ne usciremo”, l’unico dubbio era sul quando: entro la fine dell’estate o nell’inverno successivo. Quest’anno, ripetendo lo stesso sondaggio, emergono molti più dubbi e si temono tempi più lunghi.

Tradotto in numeri?

In questo momento il 51% dei giovani italiani e il 61% dei meno giovani pensa che non torneremo più alla vita di tutti i giorni pre-pandemia, immaginandosi quella attuale come la nuova normalità. E se il 50% degli italiani dà alla pandemia un orizzonte di 3 anni, un terzo pensa che durerà anche di più, mentre gli ottimisti sono la parte restante, diciamo una “minoranza qualificata”.

Anche sulla vaccinazione pediatrica gli italiani sono più o meno divisi a metà.

Storicamente gli italiani sono molto più guardinghi e attenti quando si parla di bambini. E poi i genitori, che sono la componente più scettica sulla vaccinazione agli under 12, oggi pensano che è meno probabile che il Covid abbia un impatto così duro sui più piccoli.

Però sta crescendo la quota di genitori convinti che sia utile vaccinare i bambini.

A metà novembre, quando abbiamo fatto la prima rilevazione, Ema e Aifa non si erano ancora pronunciate sulla vaccinazione pediatrica e lì avevamo a favore il 53% degli italiani e il 48% dei genitori. Dopo il via libera delle agenzie del farmaco, in queste due settimane abbiamo assistito a una crescita dei consensi, anche se siamo ben distanti da quell’80% di favorevoli alla vaccinazione degli adulti.

C’è chi parla di introdurre l’obbligo vaccinale. Come reagirebbero gli italiani?

L’80% dei vaccinati è favorevole, è una misura che ottiene un elevato gradimento trasversale: l’85% tra gli elettori di centrosinistra, l’81% tra chi vota centrodestra e il 79% fra i sostenitori dei Cinquestelle.

Che cosa li convince?

Questa è una pandemia che stiamo affrontando per tentativi e correzioni, non sappiamo prima se qualcosa funzionerà o meno. E per gli italiani l’obbligo vaccinale è un po’ come tagliare la testa al toro: mettiamolo e vediamo come va.

Il 20% di italiani non vaccinati come giudicano l’obbligo vaccinale?

È ovviamente molto più difficile far loro accettare questa ipotesi.

Come è cambiato in questi due anni l’atteggiamento verso la pandemia?

Abbiamo iniziato con il panico, che rende immobili, ma è durato molto poco, fino alla fine del lockdown. Poi è subentrata un po’ di speranza, fortemente alimentata dall’arrivo dei vaccini. Adesso siamo alla voglia di ripartire, che è presente fra gli italiani molto più che l’anno scorso. Siamo alla fase adattiva. Merito anche dei vaccini, che fungono da formidabile protezione psicologica.

Il governo ha prorogato lo stato di emergenza fino a marzo 2022. Draghi trova oggi un paese più disponibile e meno refrattario a questa decisione rispetto a qualche mese fa?

Un anno fa il paese aveva davanti a sé un’immagine, un’ambizione: quando togliere la mascherina. Oggi sappiamo che continueremo a indossarle. La priorità è tornare a vivere bene, per quanto possibile.

E l’emergenza economica?

Gli italiani legano tantissimo l’emergenza sanitaria e quella economica, perché sono ben consapevoli che, finché non sarà risolta la prima, neppure la seconda verrà superata.

(Marco Biscella)

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